«Quando riprendo un libro in mano, sento che molti pericoli sono in agguato, primo fra tutti quello di non trovare le stesse emozioni di quella prima volta». Così Orsini tenta di esprimere tutta la difficoltà della rilettura. Problematicità insita in ogni interpretazione e rivisitazione di sé e degli altri. Dal superamento di questa complessità nasce la performance di ieri sera. Un’evoluzione sul tema pirandelliano. Immaginando un Leone Gala che viva oltre i limiti della commedia, il regista Roberto Valerio, insieme ai suoi fidati attori, crea un nuovo protagonista. Ci troviamo di fronte a un uomo mai rassegnato che rimugina continuamente sul proprio passato. Come si sa, però, la riflessione può facilmente trascendere la realtà e consegnarsi alla fantasia pura. Leggere e rileggere una storia porta con sé la tentazione di cambiarla.
Leone Gala, in questa modalità, è infatti un uomo che non si arrende alla sua fine. E non accettando l’epilogo che l’autore ha deciso per lui prende le sue vicende, le scompone e le scombina. Suggerendo l’idea che la realtà è sempre quella che stabiliamo reale. L’interpretazione del fatto può diventare il fatto stesso, se si assecondano certe naturali inclinazioni del pensiero. Nulla, più dell’abusato ossimoro della lucida follia, potrebbe raccontare questa versione di Leone Gala, perfettamente resa da Umberto Orsini.
Una scenografia essenziale tende a ribaltare gli spazi del salotto borghese. Una scena dove il confortevole cede alla freddezza e lo spazio chiuso lascia intravedere scenari aperti da esplorare, visitare e rivisitare. La maestria degli attori – ieri sera – non è riuscita a coprire totalmente problemi tecnici. Le voci non arrivavano dovunque e qualche spettatore non ha atteso la chiusura del sipario per lasciare la sala.
Elisiana Fratocchi