Simone, matricola dell’università di “Roma tre”, nel settembre scorso è stato vittima di un tentativo di scippo da parte di un ragazzo rom, finito però in un’aggressione che gli è costata «una frattura al setto nasale e sette punti di sutura vicino la bocca. Ho fatto la denuncia contro ignoti al commissariato di Tor Carbone, ma il mio aggressore è ancora a piede libero».
Questo è solo uno degli ultimi episodi che hanno coinvolto in particolare, il dipartimento di ingegneria dell’università romana, in via della vasca navale. Già molti studenti hanno più volte provato a denunciare la situazione di degrado nella loro facoltà, come Eliana, studentessa di ingegneria, che racconta «nella nostra facoltà ci sono dei bambini davanti le macchinette che stanno li a chidere il resto o che stazionano nei nostri edifici, non avendone però, il minimo rispetto; ma la cosa più grave è che sono bambini, e in quanto tali, dovrebbero essere a scuola. Noi tutti pensiamo che siano loro a scassinare le auto, a rubare le bici o a lasciare i divani e i materassi in giro per il dipartimento. Ho sentito di zingari che occupano i bagni per lavarsi i capelli, che fanno i propri bisogni nei corridoi della facoltà o di ragazze che avrebbero subito delle leggerissime molestie, come lievi palpate o parole offensive».
Per Andrea, studente al terzo anno di ingegneria elettronica, «il problema vero è quello della sicurezza negli ambienti universitari perché nessuno controlla chi entra e chi esce. Alcuni studenti hanno associato il problema a quello della regolarizzazione del campo nomadi; loro ritengono che legalizzato questo, già l’affluenza nelle strutture universitarie dovrebbe diminuire».
«Il problema rom -continua Andrea- è in auge fra quelli che stanno affrontando i rappresentanti perché l’affluenza di individui che utilizzano le strutture comunitarie è aumentata non di poco quest’anno. Il problema vero e proprio della nostra facoltà, invece, è la mancanza di rispetto nei confronti degli iscritti, di appelli nelle varie sessioni d’esame, di luoghi di studio adeguati e di attrezzature, come banchi o sedie, in numero adeguato».
Chiara Ferrante