Roma, giovedì 27 Febbraio 2014. Via Baccina, tra i silenzi e la memoria della Roma antica, in una galleria d’arte che affaccia sui Fori Imperiali inizia la nostra intervista a Marco Aquilanti che oggi, oltre a festeggiare il suo ventiseiesimo compleanno, inaugura la Nuvole Rapide Produzioni. Il progetto accoglie video di qualsiasi tipo: dall’animazione alle riprese aeree, videoclip musicali, pubblicità, cortometraggi, film, eventi culturali, spettacoli teatrali. Si prefigge di diventare un megafono impugnabile da artisti di talento per diffondere messaggi propositivi e concretizzare sogni.
Marco perché scegli il video come tua personale espressione d’arte?
Charlie Chaplin diceva che “il cinema è la vita con le parti noiose tagliate“, per questo il video è forse il mezzo migliore per mostrare qualcosa. Puoi metterci dentro tutte le arti e puoi plasmare questo tutto giocandoci e costruendo qualcosa di nuovo. Fino a questo momento lo stile che ho adottato è stato quello di riprendere la realtà così com’ è, filtrato dal mio punto di vista, dalle esperienze che ho vissuto da tutto ciò che è stato il mio mondo fino a questo preciso istante.
E come consideri il cinema indipendente di oggi in Italia ?
Il cinema indipendente è come una bottega di un artigiano in una via stracolma di negozi con insegne più luminose che attirano l’attenzione del passante con i suoi prodotti mercificati dall’industria culturale. Sta al passante decidere di non farsi distrarre dalle lucine e di entrare nella bottega dell’artigiano. Ad esempio ecco l’impressione che ho avuto al Festival del Cinema di Venezia, pochi mesi fa: è stato come trovarmi dentro una “Grande Bellezza” con i trenini che sono belli perché non portano da nessuna parte, persone che festeggiano il nulla.
Quale sarà la prima occasione per dare spazio alla creatività e per lanciare “Nuvole Rapide Produzioni”?
Sarà la festa di “Primavera San Lorenzina”, che dopo il successo di quella trasteverina dello scorso anno, si ripeterà anche nel 2014 in un’altra location: una festa di arte itinerante che permetta di far sbocciare fiori dall’asfalto. Per favorire il ciclo naturale delle cose, attraverso l’arte che è cassa risonante della vita. Se mettiamo una macchina da presa davanti a un fiore che sboccia, riprendendolo per quarantotto ore e condensando poi queste ore in due minuti, attraverso il montaggio, in questo modo si avrà una visione più immediata della vita allo stato puro.
Un capitolo del tuo primo film, che sarà completato prossimamente, affronterà proprio il tema della rinascita. Ci regali un accenno?
Il film, sarà un viaggio attraverso cinque città italiane: Catania, Napoli, Roma, Firenze, Venezia che corrispondono a cinque tappe della vita: nascita, crescita, morte, rinascita e volo. Un affresco su questo affascinante paese in cui mi sono ritrovato a vivere e a sopravvivere.
Fotografo nuvole da quando mi hanno regalato la prima macchina fotografica. Ero attratto dal loro continuo divenire e dal fatto che non potrai mai fermare la stessa sfumatura di colore. Il mio percorso di crescita umano e artistico, mi ha fatto sentire la necessità di adottare un punto di vista aereo, che si astragga dalla realtà senza trascenderla, per cogliere l’unità di questo eterno divenire.
Cos’ è che ruba il tuo sguardo?
Tutto. Dalla logica delle relazioni interpersonali alle luci della periferia nella quale vivo, tra i mille volti che la popolano.
Questo è stato raccontato nel tuo primo cortometraggio “T.T.T.” , arrivato in finale all’isola del Cinema di Roma.
Sì, “T.T.T.”, racconta la giornata in cui un bambino Rom di Tor Tre Teste decide di non tornare “a casa” e provare a costruirsi da solo la propria fortuna, scontrandosi però con i personaggi che popolano il suo quartiere e con la ruvidità della vita. Un altro tipo di sguardo è quello adottato nella video-inchiesta “Nel futuro ognuno sarà famoso per 15 min”. Una riflessione sui giovani e la fama che parte dalla frase, profezia di Andy Warhol.
Questi sguardi parziali sulle negatività della realtà prendono il punto di vista degli attori della realtà stessa, immersi nella sensazione passiva del suo scorrere che uniti permettono all’artista e allo spettatore di prendere in prestito gli occhi delle nuvole che scrutano la terra, ottenendo così una visione d’insieme più ampia e ciclica di un unico puzzle in continua evoluzione.
*di Marco Amoroso e Matteo Carosi
a cura di Silvia Buffo