“Notus” in latino vuol dire noto, e “nobilis” conosciuto (famoso ma anche malfamato), “nobilitas” è la notorietà, l’eccellenza dell’animo e della condizione sociale. Conoscere in greco antico si dice “ghignosco”, e «noto» “ghnostòs” (l’origine comune delle lingue è evidente) , «nobile di nascita» invece “eughenés” (composto da “eu”, – buono – e “gheneà”, quindi: buona nascita). Aristocrazia significa alla lettera «governo dei migliori» (gli ottimati). Ma chi erano i migliori? Secondo alcuni erano dapprima i capitribù, poi coloro che allevavano cavalli, indispensabili per combattere quindi per esercitare il potere, infine coloro che possedevano denaro, e dunque detenevano il potere.
Secondo altri, erano i migliori coloro che eccellevano per virtù. E così l’uso di questa parola finì per dividere nei secoli filosofi e letterati. Già nell’antica Grecia si formò un aristocrazia che, a seconda delle città stato, poteva essere composta di guerrieri, di proprietari, dia llevatori, di mercanti o di armatori; talora comprendeva una esigua minoranza della popolazione, talora invece la maggioranza. Nella Roma repubblicana, società patriarcale per eccellenza, i senatori venivano chiamati “patres” (padri) e i loro discendenti patritii (patrizi); essi vi costituivano forse il ceto più esclusivo di tutti i tempi, tanto che i matrimoni tra patrizi e plebei venivano dichiarati nulli, come più tardi averrà nel mondo cattolico, con quelli tra cattolici e non cattolici. In seguito alle lotte tra patrizi e plebei (la massa, quasi sempre povera dei cittadini romani), le alte cariche dello Stato divennero accessibili anche a questi ultimi, tuttavia ben pochi di essi riuscirono a raggiungerle. I più fortunati vennero così ad appartenere alla classe del patrizi, il ceto dei “nobiles” (noti, famosi) e degli “equites” (cavalieri), il ceto militare e commerciale. L’appartenenza ad essi dava diritto a privilegi nella vita pubblica anche per i discendenti. Nell’impero invece, le cariche pubbliche non furono più elettive e vennero riservate a coloro che grazie alla sola proprietà terriera, potevano garantire un reddito adeguato.
Chi non ci riusciva si trovava espulso dalla “nobilitas”. Nel medioevo, le invasioni barbariche, quindi le immigrazioni, lasciarono una nuova eredità (genetica, onomastica e culturale) che si amalgamo’ con le realtà indigene preesistenti ai romani, e con l’eredità degli stessi romani. E, dunque, tra i vari gruppi etnici presenti in uno stesso territorio (ad esempio la Lombardia, nome che si deve ai Longobardi), ospitava gruppi etnici tra loro autonomi, e tra essi vi era chi professava la legge salica (retaggio dei “salii”, un popolo passato in Francia dalla Germania), chi la legge romana e chi la longobarda. Ciascuno di essi aveva un proprio concetto di nobiltà. La società mutava profondamente.
Marcello Intotero Falcone