Roma, 28 aprile. Libreria Feltrinelli Galleria A. Sordi.
Gigliola Cinquetti, cantante, attrice e conduttrice televisiva, ha presentato il suo romanzo d’esordio In viaggio con lei alla Feltrinelli Galleria A. Sordi. Una giovane donna, quasi una bambina, si affaccia piena di curiosità e di entusiasmo alla vita. La sua mente è solida e strutturata come lo era l’Italia degli anni Sessanta, piena di voglia di fare e di entusiasmo per il futuro. Il testo riporta una fotografia di un’Italia e d’italiani che forse non esistono più. Paolo Mieli, giornalista e saggista, Giancarlo Governi, scrittore e giornalista, e Dario Salvatori, giornalista e critico musicale ma non solo, hanno accompagnato le parole dell’autrice.
Un applauso profondo accoglie l’uscita di Gigliola Cinquetti sul palco. Le sue parole: «Sono felice di vedervi. Buongiorno, grazie di essere venuti e dell’accoglienza calorosa. Ma il grazie più grande lo voglio dire a coloro che stanno a questo tavolo: Paolo Mieli, presidente di RCS, Giancarlo Governi, scrittore e autore di molti programmi televisivi con particolare attenzione alle biografie di grandi artisti e Dario Salvatori che ha saputo trasformare una sua passione giovanile in qualcosa di molto più serio, di una straordinaria competenza nel mondo dello spettacolo italiano. Ringrazio moltissimo questi miei amici, mi onora la loro presenza. Ho una certa emozione dato che hanno già letto il libro, sono i miei primi lettori».
Il testo nasce da un piccolo racconto di Gigliola Cinquetti che incuriosisce Paolo Mieli dandole un consiglio: di continuare a scrivere tanti racconti tenendo presente l’ambientazione. Nella prima narrazione si sofferma, soprattutto, su come i piccoli dettagli riferiti a un’epoca, evocano emozioni: il bigliettaio che forava i piccoli cartoncini verdi nella prima classe del treno, il facchino che porta le valigie con il suo carrello, attraversando il marciapiede affollato della stazione. Piccoli tesori inaspettati figli di un’era. Dopo circa un anno, raccogliendo le varie esposizioni, Gigliola ha scritto un libro.
Le parole di Paolo Mieli: «Il testo nasce da un racconto, da considerazioni e da chiacchierate con suo marito. Ha avuto la capacità di rimanere se stessa nonostante fosse diventata un’artista mondiale fin da subito. È stata unica nel costruire una sua vita riservata, personale, senza mai partecipare al “sistema” delle stars, cosa che l’ha tenuta incredibilmente giovane. La conosciamo da quando aveva sedici anni ma appare sempre uguale ogni volta che compare in televisione: la stessa persona, lo stesso modo di parlare e la stessa timidezza. È anche una fantastica scrittrice, una persona colta che ama leggere e si vede nel modo di scrivere, nel modo di procedere, nel modo di incominciare un capitolo e di cominciarne un altro. È un grande libro che resisterà a lungo nel tempo».
È uno dei libri più ricchi che capitano tra le mani. Quello che si legge tra le pagine non è una semplice biografia di una cantante che scrive di sé e degli altri divi, ma racconta: dell’esordio, dei viaggi, dell’inizio, delle cose che vedeva, delle abitudini, del mangiare, dello scompartimento, del vagone ristorante, dell’albergo, ovviamente nel mondo. La cosa che colpisce è la politica del suo tempo, dei posti in cui capitava, dei regimi in cui si batteva e dei temi della prima metà degli anni Sessanta. Ha un sottofondo per fare un film come è stata l’Italia, vista da una cantante, nel passaggio fra la sua arcaicità negli anni cinquanta e la sua modernità nei primi anni Sessanta. Alla fine del libro Gigliola è l’Italia perché si presenta nel suo volto migliore, più completo, più presentabile, più duraturo, più forte, più capace di rinascere, di reggere alle crisi e alle successive stagioni politiche. Era un’Italia migliore, non opportunista e non aveva la morbosità di attaccarsi ai sapori, alle mode e alle tendenze.
Le parole di Dario Salvatori: «Gigliola è la sorpresa che non ti aspetti. Questo volume ha nulla a che vedere con la biografia dei cantanti famosi. Apparentemente la premessa non sarebbe nulla di che, perché Gigliola, prende il pretesto del viaggio come un’introspezione personale però poi, quando meno te lo immagini, c’è l’intreccio di un decennio raccontato per strati, in sostanza è la linea rossa. A mio parere i cantanti che hanno una profonda storia alle spalle possono perseguire solo due strade: quella della nostalgia come fa Guccini nei suoi libri e quello di vedere cosa sia successo nel loro passato e magari di mettervi ordine come fa Gigliola. Al contrario di Mieli, penso che sia un libro che avrà un seguito».
In viaggio con lei ha un sapore di genuinità, di un’altra Italia, diversa da oggi, dove c’è una generazione di giovani un po’ rinunciatari e una generazione di adulti maturi o molto maturi che non sono affatto rinunciatari per motivi opposti. Tutto questo crea un’esasperazione e dei problemi lavorativi e di luogo. Prima i ragazzi erano sostenuti, amati e usati per il “talento”, ora vengono umiliati nei talent show dove vengono sostenuti dai “coach” e dal pubblico in maniera finta e di conseguenza il loro successo è falso.
Le parole di Giancarlo Governi: «Quando uno prende un libro in mano legge l’autore, la bandella e l’incipit. Allora leggo la bandella: “Gigliola Cinquetti a sedici anni con Non ho l’età è divenuta una star internazionale conosciuta in tutto il mondo”. Va ricordato, dunque, l’esordio più clamoroso, più straordinario e più precoce della storia della canzone italiana, non solo, la sua particolarità è di essere resistita nel tempo: di arricchirsi culturalmente, di cambiare, di fare sempre canzoni più mature e di lasciare ben 27 album. La sua vita ha avuto una svolta quando ha deciso di fare la conduttrice e la giornalista. È un’intellettuale».
Gigliola fece un “triplete”, per usare un termine calcistico: nel 1963 vinse al Festival di Castrocaro nelle voci nuove, che allora dava diritto a partecipare al Festival di Sanremo, nel 1964 partecipò con Non ho l’età, con il supporto di Mario Panzeri, al Festival di Sanremo e poi vinse l’Eurofestival. Dopo due anni, rivince in coppia con Modugno, al Festival di Sanremo.
Questa straordinaria cantante nel libro parla in terza persona, non c’è nulla di autobiografico, è una serie di racconti che hanno come sostrato la sua vita come donna con sottile, a volta, ironia in alcune storie. Il fatto che ancora oggi resiste come forza è data da vari motivi: il talento principalmente ma anche la capacità di affidarsi a autori importanti, di andare contro la tendenza della figura femminile sessuale e erotica tipica della metà degli anni Sessanta e di non aver mai avuto modo di apparire a sproposito.
Conclude: « Non ho l’età per amarti, cita la canzone, è in prima persona, quindi, la protagonista è la ragazzina. È abbastanza inusuale in una canzone e poi è anche un modo per prendere tempo, una forma di intelligenza, di consapevolezza e mi sembra tutt’altro che superficiale o da trascurare rispetto a quello che, intorno agli anni Sessanta, era il costume del mondo femminile, ossia che le donne si dovessero sposare molto presto. Non era la mamma o il papà a dire di no, ero Io a dire di no. Ho sempre creduto di essere, molto modestamente, un’artista. Era un mio sogno poter diventare una scrittrice».
di Donatella De Stefano