Il Presidente del Consiglio Renzi voleva creare 900.000 posti di lavoro. Più cauto il Ministro del Lavoro Poletti che ha ridimensionato la cifra a 400.000 posti. Questo l’obiettivo principale del piano “Garanzia Giovani” che il Premier ha voluto fortemente a fine dello scorso febbraio e lo ha finanziato con oltre un miliardo e mezzo di euro. Un piano però che sta mostrando i propri limiti. Da un lato appare poco credibile agli stessi giovani. Dall’altro la risposta di enti ed aziende per creare possibilità di lavoro appare praticamente nulla.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nel settimo rapporto del 19 giugno scorso, ha pubblicato i dati relativi al’iniziativa di Renzi. I giovani in cerca di lavoro iscritti al programma sono risultati essere circa 90.000. Un dato che fa riflettere vista la previsione di un numero di partecipanti molto più alto. Di questi il 19% è residente in Campania, il 16% in Sicilia e l’8% nel Lazio. Le prime tre regioni di questa speciale graduatoria. Il 53% sono uomini, il rimanente donne. Altro fatto da notare è che il 20% dei giovani iscritti sono laureati, il 55% diplomati e il restante 25% con la terza media o la quinta elementare. La maggior parte dei diplomati e dei laureati sono campani. Ma forse l’informazione più rilevante è che il 49% degli iscritti ha meno di 24 anni.
Di fronte a questo quadro si prospetta uno scenario poco incoraggiante. Infatti le imprese che hanno risposto alla chiamata del Governo, offrendo posti di lavoro, sono solo 87 e il numero di posti offerti sono 579 in tutta Italia. 579 a fronte di 90.000 richieste. Un dato che crea sconforto e che non illude sulle aspettative. Nel comunicato diffuso dal Ministero del Lavoro si parla di un primo approccio del mondo produttivo al programma e si sottolinea che lo stesso Ministero stia lavorando per concludere accordi regionali con amministrazione pubbliche e con aziende private. Certo è che per il momento il distacco tra domanda di lavoro e offerta è abissale e sembra incolmabile. Non solo. È possibile che i 90.000 richiedenti possano raddoppiare, triplicare o forse di più. A quel punto la risposta alle domande si rivelerebbe ridicola.
Oltre a far riflettere il terzo posto del Lazio (una regione che in passato assorbiva meglio i giovani diplomati e laureati, avendo sul territorio una grande struttura pubblica con Ministeri e amministrazioni varie e una folta area legata ai servizi come banche, assicurazioni, sanità ecc.) questi dati ci fanno capire un aspetto fondamentale dell’Italia. Non solo non esiste offerta di lavoro ma, addirittura, non c’è proprio il lavoro. Per la ripresa che tutti auspicano, ma che da mesi non si vede e che tarderà a riproporsi, essenziale appare proprio la creazione di nuovo lavoro. Di che tipo, tutto da vedere. Ma bisogna tener conto del crescente numero di laureati e diplomati che non hanno, allo stato delle cose, alcune prospettiva di impiego.