«Il teatro subirà lo sfratto esecutivo il 10 luglio prossimo per morosità» e questo, sottolineano le segreterie regionali di Slc-Cgil e Uilcom-Uil, nonostante gli «8.000 abbonati e 200.000 spettatori che ad ogni stagione teatrale» frequentano la platea dello storico teatro di via Nazionale tanto caro a Eduardo De Filippo.
L’Eliseo rappresenta una realtà territoriale che dà lavoro tra dipendenti e indotto a circa 1000 persone. La notizia della chiusura per sfratto, per i sindacati è tanto più inspiegabile perché ci sarebbero «due differenti proposte economiche» per proseguirne l’attività, spiegano le organizzazioni sindacali. La prima, capeggiata dal produttore teatrale Francesco Bellomo, vedrebbe la formalizzazione di una offerta comprendente l’affitto dello stabile e l’ingresso nella Società di gestione Eliseo Teatro S.r.l., mentre la seconda, capeggiata dall’imprenditore Cavicchi, vede formalizzata la sola proposta d’affitto per lo stabile, dipingendo per quest’ultima uno scenario incomprensibile sul futuro dei lavoratori e delle lavoratrici e del teatro stesso.
I lavoratori, riuniti in assemblea permanente per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica, chiedono con forza, l’apertura di un tavolo di confronto in cui siano presenti non solo i rappresentanti della società Teatro Eliseo S.r.l. ma anche i rappresentanti delle proposte economiche e tutti coloro che potranno garantire la continuità dell’offerta culturale del Teatro Stabile Eliseo e la piena occupazione delle lavoratrici e dei lavoratori.
«La notizia che il teatro Eliseo potrebbe chiudere per essere trasformato in un locale da ballo con ristorante è negativa per Roma», scrive in una nota Roberto Morassut del Pd. «Nulla contro le balere né contro la libera iniziativa privata, ma il teatro Eliseo è un simbolo della cultura romana e un luogo che ha ospitato eventi che hanno fatto la storia italiana», conclude Morassut. «Il ministro Franceschini e tutti i parlamentari romani intervengano subito per salvare il teatro Eliseo dalla chiusura. In un paese come l’Italia, dove si dovrebbe mangiare pane e cultura, la politica ha il dovere di intervenire per difendere il patrimonio storico-culturale della Capitale», afferma il compagno di partito Stefano Pedica.
di Fabio Galli