Marcello Di Gianni nasce nel 1992 a Menziken in Svizzera, cittadina nella quale vivrà fino all’età di 8 anni. Dal 2000 si trasferisce con la propria famiglia a Bisaccia, un piccolo centro dell’Alta Irpinia, in provincia di Avellino. Conseguito il diploma tecnico dimostra, quasi casualmente, un elevato interesse nella lettura dei classici della letteratura moderna, specialmente estera, spaziando in tutti i generi: dalla poesia al teatro, dalla narrativa ai saggi filosofici, costruendosi una cultura letteraria articolata, poliedrica e autonoma. In questi anni, nonostante la giovane età, ha composto più di 200 poesie, con tematiche varie e complesse. Il tono delle sue poesie risulta inizialmente di chiara ispirazione romantica, ma languide e malinconiche; tuttavia, rivelano una profonda sensibilità; le successive fortemente “decadenti” tanto che, egli stesso, si autodichiara autore d’ispirazione e d’influenza decadente.
Come nasce la tua passione per la poesia?
«La mia passione per la poesia – ma per la letteratura in generale – nasce casualmente dopo essermi diplomato presso l’I.T.I. di Bisaccia (AV). Ho trovato un elevato e direi quasi “spasmodico” interesse nella lettura di alcuni testi italiani, come Pirandello o il Diario di Anna Frank, perché questi erano i libri disponibili a casa. Successivamente, ho scoperto un autore di nome Sandor Marai, un grande scrittore ungherese, le cui opere sono in corso di pubblicazione. Da lì in poi ho solo letto autori esteri. Non che non trovi passione o interesse in quella italiana; ma, semplicemente, il mio “settore” di preferenza è la letteratura estera. Sono molto selettivo sotto questo punto di vista, e leggo in gran parte solo classici moderni, in particolare narrativa e poesia»
C’è un poeta dal quale trai ispirazione?
«Dunque, fondamentalmente, c’è una differenza tra ispirazione, influenza e stile d’influenza: per quanto riguarda l’ispirazione, nel mio caso, è relativamente importante, in quanto le mie poesie sono di libera ispirazione, se di ispirazione si può parlare. Sono influenzato – questo sì – dai poeti russi, che sono i miei preferiti: Esenin, Pasternak, Belyj, Baratinskij, Achmatova… le loro liriche sono straordinariamente intense per contenuti. Lo stile non è modificabile né influenzabile; lo si ha da sempre, già da piccoli»
Quale poeta italiano ti affascina?
«Mi piacciono Leopardi e Montale, per il fascino e la delicatezza dei loro versi. Penso siano inimitabili oggigiorno»
Come immagini il tuo futuro artistico?
«Ho la speranza, più che di immaginarlo, di viverlo intensamente, al di là dell’eventuale successo o meno. E’ una ricerca, una proiezione per trovare sempre la poesia migliore, la parola giusta, lo stato d’animo adeguato perché scrivo cose che rappresentano meglio me stesso e il “tutto” che mi circonda, visto come un grande deserto»
Cosa ne pensano i tuoi amici?
«Ah, non mi sono mai posto la domanda, né è mio obiettivo piacere. Ci sono sicuramente colleghi e amici che mi apprezzano molto, altri meno. Ma si è ben rovinati se si scrive pensando al giudizio degli altri. In fondo scrivo solo e solamente per me stesso, o per la cosa in sé di scrivere, come disse il grande scrittore francese Céline. L’opera deve piacere a se stessi, raramente agli altri, altrimenti non si scrive più, ma si finge di scrivere. Se poi alla “massa” non piacesse, questo è poco importante ai fini artistici. Artisti si è già prima di nascere»
di Fabio Galli