Esordisce con febbre e altri sintomi aspecifici, spesso compare un’eruzione cutanea seguita da manifestazioni emorragiche minori sempre a livello cutaneo e poi vomito e diarrea emorragici, caduta della pressione arteriosa e insufficienza renale. E’ così che dopo un periodo di incubazione di 21 giorni si manifesta il virus Ebola e, nell’arco della seconda settimana di malattia, il paziente muore senza riuscire a produrre anticorpi.
La situazione necessita dunque di estrema attenzione ma gli esperti consigliano di evitare allarmismi e corsa ai controlli, specificando che il contagio può avvenire solo in caso di contatto diretto con persona infetta.
«Si è purtroppo verificata un’eventualità che più volte avevamo indicato come possibile, – spiega il Prof. Massimo Galli, Professore Ordinario di Malattie Infettive all’Università di Milano e Segretario della SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali – il trasferimento in aereo di una persona senza sintomi dell’infezione da un paese interessato dall’epidemia ad un altro continente. La probabilità di verificarsi di un evento di questo genere non è elevata, ma la situazione in Liberia, Sierra Leone e Guinea, ben lontana dall’essere sotto controllo, aumenta evidentemente il rischio che ciò avvenga.
Si ribadisce comunque che, grazie all’assenza di voli diretti per il nostro Paese a partenza dai tre Paesi colpiti in Africa Occidentale e dalla Repubblica Democratica del Congo, l’ipotesi di un trasferimento in Italia di un caso di infezione ancora in fase asintomatica continua a presentare una probabilità molto bassa».
Negli Stati Uniti – hanno aggiunto gli specialisti Simit – hanno affermato che in aereo il soggetto era asintomatico e quindi probabilmente non infettivo. In questi casi è importante rintracciare tutte le persone con cui la persona contagiata è entrata in contatto: la probabilità di bloccare la diffusione dipende dalla velocità d’intervento una volta sospettata la presenza del virus.
«L’Italia è certamente un Paese in cui è possibile, seppur poco probabile, che arrivi l’infezione, ma è sicuramente in grado di controllarla – sottolinea il Prof. Massimo Andreoni, Presidente Simit, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali – Essendoci un periodo di incubazione di 21 giorni, chiunque potrebbe partire sano e tornare con il virus. Ma se dovesse arrivare l’Ebola, si tratterebbe di singoli casi: l’epidemia dovrebbe essere scongiurata».
La rete rappresentata dagli infettivologi della Simit, presente in tutta Italia, continua ad esercitare la sua funzione di sorveglianza. Le procedure per porre in sicurezza gli eventuali casi sospetti sono attive e funzionanti, così come i due centri per l’assistenza e la diagnosi identificati presso l’Istituto Nazionale di Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani a Roma e l’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Sacco di Milano.
Daniela Gabriele