di Alberto Zei
Si riteneva che a fronte delle dichiarazioni del Consigliere Regionale del Lazio, Santori, la questione della paventata svendita delle case popolari fosse stata definita. A tutt’ oggi però, non sembra che sia stato chiarito alcunché di tutto questo.
La proposta di vendita di abitazione a Roma in concomitanza alla svendita di una parte del patrimonio immobiliare del Comune, lascia sorgere il dubbio di una commistione penalizzante per i cittadini tra le due iniziative. Infatti, è opinione di Santori che, se la Giunta comunale crede di poter distrarre l’opinione pubblica con assurde proposte sulle case ai rom, mentre si accinge a una svendita del patrimonio comunale, si sbaglia di grosso.
Non si può negare che l’opposizione abbia fatto numerosi appelli di trasparenza in Campidoglio, in quanto la paventata vendita del patrimonio immobiliare di pregio di questa Città dovrà comunque garantire il rispetto dei reali valori di mercato, escludendo in questo caso il pretesto della agevolazione ai destinatari.
Le note di Santori proseguono mettendo in risalto di non conoscere se il valore di vendita immobiliare sia stato catastalmente rivalutato, così come era previsto in un’apposita delibera.
Questo tipo di rivalutazione non può essere considerata una opzione in quanto migliaia di romani hanno provveduto a formalizzare la loro posizione di proprietà, con il relativo appesantimento della tassazione immobiliare.
D’ altra parte, non si comprende neppure sotto quale urgentissima e indifferibile esigenza in questo momento, al culmine del ribasso dei valori immobiliari, Roma Capitale senta l’impellente necessità di disfarsi di immobili di valore quando questi potrebbero essere messi a reddito in attesa di tempi migliori a beneficio del patrimonio appartenente a tutti i cittadini.
Sarebbe infatti molto sospetta la volontà politica che sotto il pretesto di una ingiustificata riservatezza, volesse far lucrare coloro che fino ad oggi hanno beneficiato di canoni ridicoli, con l’ acquisto adesso a prezzi stracciati di patrimoni immobiliari di così rilevante valore.
Se così fosse conclude la nota di Sartori: “sarebbe un insulto a tutti i romani, alla giustizia sociale in questa città e rappresenterebbe un’offesa tangibile alle casse capitoline”.