Intervista rilasciata da Giuseppe Barilaro, il giovane artista di origini calabresi formatosi nell’Accademia Di Belle Arti di Catanzaro
Giuseppe Barilaro, è trascorso un po’ di tempo dall’ultima volta che hai vinto il Premio Miur. E’ cambiato qualcosa da allora nel tuo modo di vivere e di percepire l’arte? Nel tuo essere artista?
Dopo il Premio Nazionale delle Arti fondamentalmente non sono cambiato. Il mio approccio nel confronto dell’arte permane rispetto al mio “sentire” precedente. Ciò che si è rafforzato, invece, è la linea che nei miei quadri, attraverso la combustione, viene demistificata, si distrugge, divenendo cosi un tutt’uno con la materia in cui era impressa. Le mie opere hanno contaminazioni della combustione di Burri e di Modigliani per quanto concerne la concezione romantica della forma della donna nel proporla agli occhi dell’osservatore…
Cortesemente, ci puoi spiegare meglio questo concetto: chi o che cosa sono i soggetti/oggetti delle tue opere?
I soggetti sono figure umane o antropomorfe in quanto, per me, l’uomo rimane unica “forma” permanente di confronto, discussione, riflessione. L’oggetto del pensiero dell’uomo è appunto l’uomo, “l’Io”.
Quindi, qual è la tecnica che ti permette di esprimerti al meglio?
La combustione. E’ la tecnica che mi permette di cogliere l’essenza della materia stessa, di svelare chi e che cosa si cela dietro questo velo apparente e valorizzarne la verità del segno. Mi sento di considerarmi vittima consapevole di una ricerca che non svelerò mai, quindi il mio compito è assecondare tale ricerca, dare alito ai miei dubbi e diventarne alleato.
Vuoi parlarci di qualche opera che ti identifica e confermi quello che hai appena dichiarato?
Certamente. Penso che una possa essere questa, per esempio, “Venere del tempo”(immagine 1): inverte i ruoli del palcoscenico terreno, ecco non sono io a giudicare l’opera, al contrario è essa ad imporsi e a manifestare la sua presenza.
È come se volesse chiederci qualcosa su noi stessi, come se dalla sua fermezza e immobilità potesse riuscire a scritturarci, a insinuare nel nostro io risposte alle quali eravamo sempre sfuggiti o a cui cercavamo di sfuggire.
Sembra quasi volerci aiutare a fare chiarezza sul nostro ruolo in questa recita umana.
Parli di quest’opera con un entusiasmo particolare. Che cosa rappresenta? Di cosa si tratta e perché è così importante?
Beh, è una figura che ho ritratto più volte e che continuerò a ritrarre in quanto in ogni sua rappresentazione riesco sempre a coglierne aspetti e impressioni diversi, sempre nuovi. A dirla tutta, personalmente è una fonte inesauribile di verità, mai ripetitive, mai ridondanti ma stimolanti e di una creatività in continua rigenerazione: è “Venere”! “Venere del tempo” è questo, l’aspetto considerabile di tutto ciò, che del resto è tutto quello che c’è, che è in me…a parole non saprei aggiungere altro.
Poi…
Poi c’è “Senza titolo”(immagine 2). Come nel quadro con cui ho vinto il Premio MIUR, anche qui si ripete il processo di combustione “sull’oggetto” che ne ha generato il movimento. Con questo lavoro ho scelto di trattare
il tema della confessione: la figura cede una pelle alla presenza celata dalla combustione. La confessione non sta nell’ascolto nella parte dell’altro, bensì nella totale concessione “della pelle” e quindi, di una parte di noi stessi. Praticamente, è come un volersi mettere a nudo, quasi spogliarsi di una nostra vera parte costituente ed offrirla…
A questo punto sarebbe spontaneo chiederti a chi, ma conoscendoti penso che il pensiero serbato sia ben altro…
Già. In realtà la domanda da porsi non è questa. Di converso, la domanda è: Siamo in grado di confessarci a noi stessi? Ovvero come quantificare la nostra completa concessione di verità, quella concessione che allude a noi stessi, e che di conseguenza oscura tutto il resto.
Tratti tematiche molto profonde e a volte complesse nei tuoi quadri. Prendendo spunto da quello che hai appena detto sulla concessione di verità: ci sono mai stati momenti particolari o aspetti più leggeri nel concepire i tuoi lavori?
Altroché! Più che momenti e aspetti particolari, devo dire che quelli che vivo durante la realizzazione dei miei lavori sono soprattutto comici: devo ammettere che per quanto affascinante e aulica possa essere la combustione, in realtà gestirla, spesso, non è altrettanto poetico. Mi capita infatti, di ardire e “poetizzare”, appunto, tutto il laboratorio di fumo e rischiare una chiamata ai pompieri da parte dei miei vicini, che temono ogni volta il mio ingresso nello studio!
Continuando con le confidenze, ma questa volta toccando un tasto più privato, intimo, potresti raccontarci come vivi il momento in cui concepisci i tuoi lavori?
Scherzi a parte, spesso e volentieri mi trovo a riflettere più del dovuto davanti ad un quadro compiuto. Questo atteggiamento mi incute un po’ di timore in quanto mi travolge cosi totalmente e a tal modo da farmi ritrovare al suo interno. Questa mia immedesimazione è talmente forte da farmi perdere il confine tra esso, il mio quadro, e la mia persona, divento parte dell’opera totalmente… Ecco, so dove inizio io, ma non riesco più a decidere l’inizio del quadro e la sua fine.
In poche righe, il tuo percorso artistico a ritroso e quello futuro…
A proposito del mio percorso artistico, ho partecipato a diversi concorsi, quali:”Premio Internazionale d’Arte Basilio Cascella”, di cui sono risultato vincitore nella Sezione Pittura (maggio-giugno 2014); il “Premio di Scultura Antonio Canova”(Verona – ottobre 2014) e il “Limen Arte”(Vibo Valentia – gennaio 2015). Inoltre ho preso parte a diverse collettive assieme ad alcuni colleghi che, come me, si stanno muovendo con forti motivazioni in questo campo: Raffaele Colao; Tyron Pironaci; Gianluigi Ferrari; Antonio Schipani; Francesco Gabriele e Francesco Barilaro, mio fratello. Con loro ho preso parte alle mostre:”Primi Fiati“ a cura di Lara Caccia; “Distanze” a cura di Maurizio Borghi, al Museo Civico di Arte Moderna e Contemporanea di Anticoli Corrado (giugno del 2014), e presto saremo protagonisti di altri eventi importanti in Calabria. Uno fra i quali, presso il “Museo del Presente” (RENDE), curato da Marilena Morabito.
La volta scorsa hai espresso un pensiero di ringraziamento per i tuoi genitori, la tua famiglia. Stavolta chi vuoi ricordare per quanto riguarda la tua crescita artistica?
Naturalmente i miei cari meritano sempre un posto di riguardo, ma oggi vorrei ringraziare, a proposito della mia crescita artistica, delle persone che sono tutt’ora fondamentali ai fini del mio percorso in questo settore: Andrea Romoli Barberini e Paolo Aita, critici e storici d’arte e docenti presso l’Accademia Di Belle Arti di Catanzaro, i quali mi sostengono appoggiando la mia ricerca artistica, e Marilena Morabito, curatrice d’arte ed eventi, prima fautrice accanita della mia poetica e fiduciosa del mio sviluppo in questo campo. Devo anche a loro quello che sono adesso.
Maria Anna Chimenti