Le ultime celebrazioni del Natale di Roma, culminate nella storica data del 21 aprile, han rappresentato un’occasione per riflettere – pur nel quotidiano caos – sul significato storico, e la portata attuale, della dimensione comunitaria di Roma. Una città che, se ha avuto momenti anche significativi di storia civile (come la Repubblica Romana del 1849, e il suo diretto precursore, il Comune repubblicano di Arnaldo da Brescia del XII secolo), in complesso non vanta certo le tradizioni, ad esempio, di Firenze o di Milano. Una vera dimensione comunitaria, non intermittente, della vita cittadina, a Roma si respirò solo nell’anichità, dall’ Urbe primitiva dei leggendari re all’Urbe repubblicana, e ai fasti dell’ Impero.
Assistendo alla rievocazione storica (notevole per fasto dei costumi, sintonia dei figuranti, senso quasi cinematografico delle scene di massa) che s’è tenua domenica 19 aprile al Circo Massimo ( quale platea migliore?), questi erano i pensieri che mi venivano in mente: suggeriti anche dal vedere una folla di spettatori – non eccessiva, ma counque consistente – che s’entusiasmava assistendo alle gesta dei rinati eroi quiriti. Giovani e anziani, genitori e figli piccoli che sinceramente riscoprivano il senso della vita collettiva dell’ Urbe, l’orgoglio – pechè no? – di definirsi romani, di ritrovare le proprie radici in una città che non è solo quella degli intrighi incredibili e, addirittura, di “Mafia capitale“, del traffico e dei disservizi cronici ( per inciso, intrighi e tangenti colossali punteggiavano già la storia di Roma antica: vedi il documentato saggio postumo, di prossima uscita, di Luca Canali, grande latinista da poco scomparso, appunto su tangenti e potere nell’ Urbe dei Cesari).Così come, “mutatis mutandis”, si era visto nel 2011, per le celebrazioni dei 150 anni dell’ Unità d’Italia.
Sergio Iacomoni, presidente del Gruppo Storico Romano, associazione che da vent’anni circa organizza iniziative per tener viva nei romani la memoria collettiva dell’ Urbe antica (lasciando fuori qualsiasi discorso o strumentalizzazione politica),è ottimista, in sostanza, facendo un bilancio di queste ultime celebrazioni: in cui di primo piano è stato il ruolo del G.S.R. Presso la sede del Gruppo, nel tratto iniziale dell’ Appia antica non lontano da Porta San Sebastiano, gli spettatori sabato 11 aprile hanno assaporato l’ emozione prima di ritrovarsi in un piccolo teatro ligneo, attentamente ricostruito: dove, tra ragazze di varie origini,il pubblico e la giuria hanno eletto la nuova Dea Roma e la nuova Ninfa Egeria, dea delle acque, scegliendole tra chi dava l’idea d’incarnare nuovamente l’essenza dell’ Urbe (rispettivamente, le giovani Eleonora Pinca e Beatrice Ruscio). Poi, l’emozione d’una cena alla maniera appunto romana antica (con crostini, formaggio, farro e vino rigorosamente corretto col miele): consumata alla luce delle torce, tra legionari e senatori, in un “castrum” attentamente ricostruito in legno dal Gruppo. E’ seguìta, domenica 19, la manifestazione conclusiva al Circo Massimo: dove il pubblico ha ammirato i combattimenti di gladiatori e soldati, le danze di fanciulle e matrone e, infine, l’ appassionata ricostruzione della battaglia con cui nel 71 a. C., in Lucania Licinio Crasso poneva fine ai sogni libertari di Spartaco, il gladiatore che, novello Annibale, aveva più volte sconfitto le legioni di Roma.
“Teniamo presente – precisa Iacomoni – che per questo 2768° anniversario dell’ Urbe, il Gruppo Storico Romano ha nvitato gruppi analoghi che esistono pressochè in tutti i Paesi euopei che fecero parte dell’Impero romano: e a queste manifestazioni, svoltesi col patrocinio anche di Regione Lazio, Assessorato alla Cultura e Primo Municipio di Roma Capitale, e Parco Regionale dell’ Appia antica, han partecipato, infatti, gruppi provenienti da Francia, Inghilterra, Germania, Spagna, Polonia, Bulgaria, Romania e, addirittura, Georgia (Paese incorporato a suo tempo, nell’ Impero, da Nerone, per proteggere il fianco orientale dei domini romani). Il momento piu’ commovente? Quando domenica, al Circo Massimo, ho sentito un bambino gridare alla madre: “Mamma, che Roma non muoia mai!“.
di Fabrizio Federici