Il distretto 798 è quello più visitato, ma sta cambiando: meno arte, più souvenirs.
Sta mutando il distretto 798 di Pechino, quello conosciuto come il distretto dell’arte, che fu creato molti anni fa per dare un luogo di lavoro a molti giovani artisti, le avanguardie cinesi, e che fu paragonato per la sua architettura al tedesco Bauhaus. Il distretto 798 fu inaugurato nel 1957 e, come lo definirono i cinesi, divenne un luogo di moderna utopia per tutti i paesi del blocco comunista. Costruito da architetti della Germania dell’est, doveva diventare un complesso industriale militare, il più grande di tutta l’Asia. Ma poi, negli anni ’90, con il nuovo corso di Deng Xiaoping, cambiò destinazione in favore dell’arte e divenne anche una precisa attrazione per tutti i turisti, soprattutto quelli occidentali, che passavano per Pechino. Ora sta cambiando nuovamente volto rafforzando proprio il suo ruolo di attrazione turistica, non pensando solo ai flussi provenienti dall’estero, ma anche e soprattutto al turismo interno. Basti pensare che nel 2014 la capitale cinese è stata visitata da oltre 200 milioni di persone di cui almeno 190 milioni proprio cinesi. Che cosa vuol dire che sta mutando? Che il distretto negli ultimi due anni è stato abbandonato da molti artisti. Un’operazione in qualche modo voluta dall’alto. La “fuga” degli artisti c’é stata perché sono stati aumentati gli affitti dei magazzini o degli uffici dove lavoravano da anni. Affitti abbastanza alti, si dice, almeno per quelli – e sono la maggioranza – che ancora non si sono affermati nel mondo delle arti. Gli spazi lasciati vuoti dagli artisti sono stati però subito occupati e c’é in cantiere tutta un’opera di ristrutturazione. Sono stati occupati soprattutto da aziende commerciali. Dal produttore di ocarine in ceramica (ambiente molto bello e interessante) al grande negozio di cachemire cinese (una catena che già possiede in Cina oltre 50 negozi, quest’estate aprirà a Parigi ed entro due anni a Milano). Ma c’é anche chi vende vinili provenienti da tutto il mondo mentre si moltiplicano le gioiellerie. Allo stesso tempo stanno aprendo molti ristoranti e punti di ristoro ad uso turistico. Le gallerie d’arte sono rimaste e appaiono molto chic. Del resto i cinesi dicono che l’arte è importante ma è un prodotto per ricchi. Un’affermazione che in questo paese non spaventa in quanto si stima che i ricchi siano almeno 400 milioni. E questo spiega anche perché la zona si stia sempre più integrando con il limitrofe distretto 751/D Park, dedicato al design, al fashion e alla moda in generale. Anche in questo distretto avvengono però delle trasformazioni. Sta crescendo, ad esempio, un polo dedicato al cinema e alla televisione. Non a caso stanno aumentando gli spazi interdisciplinari: tra i più famosi l’UCCA (Ullens Center for Contemporary Art) un centro polifunzionale in cui l’arte contemporanea fa da padrona attraverso tutte le sue forme, dal cinema al teatro, alle esposizioni organizzate all’interno delle gallerie ai sempre più frequenti interventi artistico industriali sul design. E, in tutti e due i distretti, sta crescendo anche la presenza di investitori stranieri, per cui l’aspetto commerciale-turistico sta prevalendo su tutto. E i nostri artisti? Si sono spostati altrove, in altre zone della città, più economiche e, se in una di queste vi sarà una concentrazione numerica significativa, non è detto che l’amministrazione cittadina non possa riconoscere lo status di nuovo distretto dell’arte, secondo quanto sarebbe stato promesso ai rappresentanti dell’Accademia Centrale delle Belle Arti di Pechino.