di Alberto Zei
Roma – Le buche per strada che la Capitale offre ai cittadini, in particolare dopo che la pioggia ha trascinato via i detriti che di continuo si formano nel loro interno, fanno apparire una gran parte delle vie della Capitale come una grigia groviera.
Vi sono buche di tutti i tipi. Alcune sono delle autentiche trappole per gli automobilisti; mentre altre sembrano “rincorrere” di taglio le auto che con le gomme lambiscono i bordi dei lunghi solchi lasciati dalle escavatrici, appena ricoperti più di terra cedevole che di altro.
La diffusa devastazione del manto bituminoso (per restare in tema di asfalto) mostra un catrame gettato sopra la nuova massicciata; massicciata che dovrebbe ricongiungersi ai due lati del solco tagliato dalle escavatrici. Le figure a margine rendono chiaramente l’ idea del tipo dei danni che le strade subiscono per tal genere di lavori.
Come fango sotto il sole
I lunghi solchi che si notano sopra l’ asfalto delle vie di Roma sono quelli lasciati dalle ruspe che hanno tagliato in verticale l’intero massello. Troppo ricorrenti sono infatti, le manutenzioni di tubazioni o cavi elettrici i quali dovrebbero avere una vita media di esercizio da assicurare ai cittadini altrettanta tranquillità. Queste sono invece soprattutto (ma non solo) le cause del rilascio dei detriti di varie dimensioni fin da poco tempo dopo l’intervento di rifacimento del manto stradale.
Ma perché mai la ricopertura dei solchi scavati dalle ditte incaricate deve sistematicamente compromettere l’integrità della pavimentazione stradale, frantumandosi proprio nel tratto di congiunzione nel quale è stato fatto l’intervento?
Talvolta basterebbe osservare durante i lavori la sottile ricopertura di bitume e soprattutto il mancato o inadeguato ripristino della massicciata sottostante, per rendersi conto quale sarà di lì a poco, l’ esito di un intervento di questo genere: lo sprofondamento lungo lo scavo del sottile manto di asfalto sovrapposto, con progressiva frantumazione.
La responsabilità dei risultati
Ma a questo punto emerge la responsabilità non solo della ditta che non ha eseguito l’ opera “a regola d’arte” (questa è la dizione contrattuale), ma anche e soprattutto dei Municipi per la responsabilità “in vigilando” durante i lavori e soprattutto a causa di un collaudo che non solo doveva riguardare l’esteriorità dei lavori così completati ma anche la qualità e lo spessore del tratto di ricongiunzione tra il nuovo e il vecchio massello stradale.
Questo collaudo se eseguito in modo corretto, avrebbe evitato il pagamento dell’ opera alle ditte appaltatrici se questa non avesse prima ripristinato la sicurezza stradale con materiali idonei e con altrettanto idonea esecuzione dei lavori.
Anche gli attuali lavori in corso commissionati in appalto e in sub appalto non avranno esiti migliori dei precedenti se non saranno i criteri di verifica e collaudo a cambiare
La buona esecuzione come deterrenza
Sembra abbastanza intuitivo che se dopo il completamento dell’ opera il tratto stradale su cui le ditte sono intervenute si sta sgretolando in un tempo più breve rispetto al normale standard di tenuta dell’asfalto, sarebbe doveroso da parte del committente Comune di Roma imporre alle stesse con le dovute penali, il ripristino della integrità stradale.
Questo provvedimento però, non dovrebbe sollevare dalla loro responsabilità gli incaricati dal Comune alla sorveglianza dei lavori e al relativo collaudo.
Sorge infatti spontanea la domanda alla quale non sarà difficile dare piena risposta.
Chi sono gli artefici dell’ indebito corrispettivo contrattuale versato per intero alle ditte che hanno eseguito un opera di questo genere?