Al nostro giornale interessa solo la verità oggettiva dei fatti, prendendo in considerazione però, anche quelli che per volontà altrui, come l’ evacuazione della nave in mare aperto, avrebbero potuto far assumere al naufragio, dimensioni catastrofiche.
Il ritorno della Concordia al porto del Giglio è stato caratterizzato da un completo break out che ha coinvolto l’intera struttura della nave prima, e i sistemi di emergenza dopo. La situazione pur certamente grave a bordo, determinata dal lungo squarcio sulla carena si è rapidamente trasformata in una catastrofe sproporzionata rispetto alla gravità della collisione che è paradossalmente culminata in tragedia, proprio quando la nave era già arrivata a toccare terra. Nulla funzionava in quella tragica notte. Tutto è stato esageratamente esorbitante rispetto alle aspettative tecniche dei danni che subentravano a cascata, come per un effetto domino.
Grandi dotazioni di mezzi. La Concordia, una delle navi da crociera più rassicuranti per i sistemi di sicurezza ad ogni suo ponte e per tutti i confort di bordo esistenti, diviene essa stessa un macabro luogo di sfacelo al momento del bisogno; situazione questa imputabile ad una serie di guasti nei sistemi di emergenza in diabolica progressione. I servizi di confort e di automatismo che dovevano subentrare in presenza di possibili carenze tecniche di bordo, non certo esclusa quella di cui trattasi, sono colpevolmente venuti meno trasformando in una manciata di secondi dopo la collisione, una delle più prestigiose navi da crociera del mondo in uno zatterone ingovernabile e in condizioni progressivamente precarie circa il rischio di affondamento. Questo è avvenuto proprio per la paralisi di tutti i sistemi di emergenza che si trovano sulla nave. Ogni cosa è andata in malora in pochi secondi dopo la collisione, ad iniziare dal sistema di governo della nave che ha bloccato irrimediabilmente i timoni senza più altra possibilità di controllo della navigazione. I timoni infatti, sono rimasti immobilizzati per mancanza di energia elettrica che doveva essere erogata dal generatore di emergenza. Andando questo in tilt per l’eccessivo carico di tutti gli utilizzatori ad esso connessi e contemporaneamente attivati per le necessità della situazione, ha avuto origine la spirale perversa degli eventi che hanno caratterizzato il tempo del naufragio, a non più di due chilometri dalla costa dell’ isola.
L’ effetto domino. L’impatto sulla secca, per quanto riguarda l’ingovernabilità dei timoni, non aveva alcuna diretta influenza; tuttavia questi sono rimasti bloccati durante il naufragio per la imperdonabile mancanza di energia elettrica. I membri di equipaggio constatato che tutti i dispositivi di sicurezza erano fuori uso in modo irreversibile, dopo i primi accertamenti sullo stato delle cose, si aggiravano ancora sulla nave un po’ allo sbando, aggravato dalla crescente condizione di panico dei passeggeri per tutto il resto che è progressivamente avvenuto. Di fronte a tanta mala sorte, solo un aspetto del destino è apparso benigno. La Concordia dopo la collisione si era allargata dalla costa non più di due chilometri. Il forte vento di grecale di quella notte al termine del residuo abbrivio della nave, la spingeva indietro sulla costa del Giglio, proprio nella direzione del porto. L’ aiuto, fortuito quanto si vuole, era infatti, il vento di circa 15 chilometri all’ ora che adesso senza più il contrasto della propulsione, premeva sulla enorme superficie emergente della nave verso la direzione del porto. Era come se quel grande zatterone privo di governo avesse issato una’ gigantesca vela di circa 12 mila metri quadri, che per dare l’ idea, corrisponde grosso modo alla superficie di un campo di calcio.
Qualcosa di positivo. Il destino favorevole della Concordia in questa nuova e insperata circostanza era quello di essere trasportata dal vento proprio in direzione del porto ad una velocità di oltre 2/ km l’ora. Mentre ciò avveniva, Schettino che evidentemente ben si rendeva conto che il trasbordo in quella notte d’inverno, di oltre 4.000 persone sulle scialuppe di salvataggio, in condizione di scarsa visibilità avrebbe statisticamente comportato un elevato numero di vittime tra gli stessi passeggeri e l’equipaggio, tra le quali le più probabili sarebbero state i disabili, i bambini, le donne, specie quelle incinta, gli anziani ma anche gli altri. Cosa avrebbe dovuto fare Schettino che da una parte era pressato da alcuni dei suoi Ufficiali che lo sollecitavano a dare l’abbandono nave già ancor prima di aver riferito a lui sul progressivo cedimento dell’intero sistema di emergenza e soprattutto sulla irreversibilità dei danni subiti e, dall’ altra, da chi a terra, rinviava la decisione, chiedendo sempre più informazioni allo stesso Schettino che non le conosceva. Certamente avrebbe dovuto fare una scelta ma la valutazione della costa del Giglio che sempre più si avvicinava, imponeva anche la più saggia decisione di capire in quanto tempo in quelle disperate circostanze la Concordia avrebbe raggiunto l’ isola se non addirittura il porto, in linea di avvicinamento senza altro intervento.
La decisione del Comandante. Se la nave avesse gettato le ancore per bloccare o rallentare la spinta del vento, come molti sostengono, questa si sarebbe rovesciata ugualmente alla stessa ora, ma con moltissima più gente a bordo. La parziale rotazione della Concordia interrotta poi dalla scogliera sulle coste del Giglio, sarebbe stata completa se fosse avvenuta in acqua più profonda. Quando infatti, le navi si inclinano in mare aperto imbarcando acqua, queste finiscono per sottosopra, con la chiglia in alto, senza lasciare assolutamente più scampo ai malcapitati intrappolati a bordo. Quante vittime allora vi sarebbero state tra passeggeri e equipaggio? Quando però la Concordia arriva praticamente davanti al porto, come si ricorderà, le scialuppe di salvataggio potevano ritornare indietro facendo continuamente la spola per raccogliere ancora coloro che scendevano ininterrottamente dalla fiancata della nave con le biscagline (scale di corda). Quanti mezzi di salvataggio si potevano calare invece, in mare aperto in quella condizione di sbandamento e quante persone avrebbero potuto trasportare le singole scialuppe di bordo? Si potrebbe insistere ancora sulle condizioni sfavorevoli, citando la serie degli inconvenienti e degli impedimenti che avrebbero ostacolato l’evacuazione della Concordia in mare aperto. Ma non occorre indugiare per dire che la decisione di lasciare andare la nave fino sotto costa ha causato solo le vittime del rovesciamento sul fianco quando la nave era già da tempo arrivata. Viene raccapriccio pensare quante altre vittime vi sarebbero state se l’evacuazione fosse avvenuta in alto mare. Alberto Zei