Bruno Manzi, presidente del consiglio federale di Legautonomie – dal febbraio di quest’anno – si inserisce nell’ampio dibattito sulla programmazione delle funzioni e competenze dell’ente Città metropolitana di Roma, sulla base della legge di riordino delle Province 56/2014, finalizzata all’attuazione del principio di sussidiarietà.
Ritiene che sia possibile trovare un punto di equilibrio nella governance del sistema regionale tra Roma Capitale e il resto della Regione Lazio?
«La ricerca di punto equilibrio tra regione, la città metropolitana di Roma e il resto del territorio regionale può essere ricercato, ma può essere trovato in via provvisoria ridisegnando complessivamente il sistema di assegnazione delle competenze tra comuni, città metropolitane e regione. Ma per un suo definitivo e concreto punto di equilibrio ha la necessità di essere inquadrato all’interno di una ridefinizione del sistema regionale mettendo in relazione la città metropolitana di Roma Capitale con una regione più ampia di quella attuale. Quindi il punto di equilibrio è possibile individuarlo in una definizione chiara e definitiva delle ripartizioni delle funzioni amministrative in capo agli enti locali e quelle di legista in capo alla regione, assegnando inoltre un forte ruolo di programmazione alla Città metropolitana. La ricerca del punto di equilibrio deve vedere necessariamente la ridefinizione istituzionale del sistema degli enti locali all’interno della città metropolitana e, in particolare, di Roma Capitale, facendo coincidere quest’ultima con la Città metropolitana»
Lei accenna, in uno dei suoi editoriali, alla necessità di trovare la giusta sintesi tra le esigenze e le contraddizioni attraverso lo Statuto. Lo Statuto le risolve?
«Lo statuto della città metropolitana attualmente in vigore risolve parte delle contraddizioni segnalate in quell’editoriale e dà in parte risposta alle esigenze di governance del territorio metropolitano. Esso avrebbe avuto bisogno di una maggiore determinazione sul fronte della definizione dei comuni metropolitani assimilando e quindi conferendo analoghi poteri e competenze agli attuali municipi di Roma e al resto dei comuni. Per questi ultimi forzando il ruolo delle aree omogenee, ancor più rispetto a quello attualmente previsto, dovrà essere meglio definito anche attraverso i regolamenti di funzionamento degli organi. Trovo non coerente la scelta in via definitiva della presenza dei rappresentanti dei municipi all’interno del consiglio metropolitano.
Per quale motivo crede non sia coerente?
«Essa non è coerente con l’altra scelta fondamentale operata dallo statuto della città metropolitana di prevedere l’elezione diretta degli organi. Sarebbe stato più coerente da un lato prevedere in via transitoria fino a tale elezione diretta dei rappresentanti dei municipi nel consiglio, ma contestualmente si sarebbe dovuto prevedere un ruolo degli stessi in sede di Conferenza Metropolitana prevedendo la loro partecipazione per le materie di competenza invece di Roma capitale».
Nello specifico, in che modo dovrebbe proseguire il processo di decentramento amministrativo?
«Come abbiamo detto è necessaria una complessiva rivisitazione del sistema dei poteri e delle competenze del sistema regionale. La regione dovrebbe avere più coraggio in ambito di semplificazione amministrativa individuando da un lato la città metropolitana, dall’altro i comuni esterni ad essa quali gli unici soggetti titolari delle funzioni amministrative riservando ad essa solo poche, limitate e ben individuate competenze che hanno realmente dimensione regionale. È necessario, inoltre, un’azione coraggiosa sul tema della riformulazione delle strutture amministrative, ipotizzando sia nel rapporto regione-enti di area vasta e città metropolitane che in quelli tra città metropolitana, enti di area vasta e comuni, delle strutture unitarie, fermo restando la diversità delle competenze dei singoli enti. Nello specifico si tratta di individuare uffici comuni per materie che siano a supporto della regione, della città metropolitana, degli enti di area vasta e dei comuni, al fine di affrontare al meglio le proprie competenze. Avere una polizia locale di dimensione metropolitana può risolvere tante carenze ed esigenze dei comuni siano essi grandi, medi, piccoli e piccolissimi e così per gli altri settori». Intervista a cura di Maria Enrica Rubino