Occorre prepararsi a lunghe camminate data la vastità della zona che si sviluppa su due strade ortogonali, chiamate Cardo e Decumano in onore delle due vie perpendicolari che attraversavano un tempo gli accampamenti romani. Il Decumano è lungo circa 2 chilometri mentre il Cardo 350 metri.
Se a questo si aggiungono le deviazioni, i metri da percorrere all’interno dei diversi padiglioni che si possono visitare, le volte che ci si perde, il tempo che si passa in coda, la strada da percorrere dalla fermata metro o dal parcheggio si intuisce che è facile percorrere molti chilometri al giorno.
Ne vale la pena però. Si ha idea di fare il giro del mondo in un milione di metri quadri, passando da un Padiglione all’altro, in un turbinio di luci, colori, suoni, odori, fragranze ed effetti speciali.
Occorre prepararsi anche a lunghe code all’ingresso di alcuni padiglioni e prepararsi anche a qualche rinuncia. Impossibile infatti riuscire a visitare tutte le aree e tutti i padiglioni.
Sono 145 i Paesi che partecipano a Expo Milano 2015 oltre a diverse aziende, organizzazioni no profit, Onu, Unione Europea e Cern. 94 i Paesi che hanno presentato un progetto specifico sul tema della nutrizione e 53 quelli che hanno deciso di costruire un proprio padiglione espositivo.
La mostra affronta un tema d’importanza fondamentale per il futuro dell’umanità, il cibo e vuole essere l’occasione per un dibattito globale sul diritto a un’alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti gli abitanti della Terra.
Di fatto, ogni paese ha interpretato a suo modo questa tematica, scatenando la fantasia di architetti e designer nel costruire e arredare il proprio padiglione. Ci si sposta da un Paese all’altro con la sensazione di recarsi fisicamente in un altro Stato perché i più bravi sono riusciti a rendere fine in fondo l’atmosfera, la filosofia, lo stile di vita del loro Paese ricreando un ambiente che lo rappresenta appieno.
Visitando il Nepal si entra in un tempio buddista e si respirano i profumi delle spezie tipiche dei loro cibi e l’atmosfera rilassata di chi è abituato a fare meditazione trascendente, ben lontano dallo stress dei Paesi occidentali.
Stupisce l’Austria che ha creato un vero e proprio bosco con una riproduzione fedele del microclima e dell’ambientazione. Il padiglione della Francia si ispira alle Halles, i mercati coperti tipici delle città d’Oltralpe e rappresenta un grandissimo alveare dove nelle celle sono racchiusi i diversi prodotti alimentari e l’arco interno principale è creato con 1.600 bottiglie di vino.
L’Olanda propone una ruota panoramica e il Brasile una rete sospesa. L’Azerbaigian ha un assetto futuristico con 3 sfere trasparenti e sospese che sono un miracolo di ingegneria. Mentre il Bahrein è una poetica alternanza di spazi bianchi e frutteti che ricordano il giardino dell’Eden.
Gli svizzeri si chiedono se di cibo ce ne sarà per tutti. Esteticamente non è un bel padiglione ma forse è quello che ha centrato di più il tema con il suo esperimento sociale. E’ formato da quattro torri alte 15 metri ciascuna, raggiungibili tramite un ascensore centrale, riempite con quattro tipi di prodotti che i visitatori possono prendere gratuitamente. Le scorte però non saranno rimpiazzate una volta terminate, quindi a seconda di quante persone prenderanno i prodotti, il padiglione potrebbe restare vuoto prima della fine di Expo.
La Germania ha invece scelto di distribuire a ogni visitatore una “seedboard”, una sorta di tablet di cartone su cui nelle varie stazioni del padiglione vengono proiettati immagini e testi.
L’elemento caratterizzante del Padiglione di Israele è il “giardino verticale”: una parete lunga 70 metri e alta 12 interamente ricoperta di piante, frutto dell’ingegneria agricola che attraverso lavoro, ricerca e sviluppo ha saputo rendere fertili molti dei suoi terreni in prevalenza aridi.
Mentre la gran parte dei paesi africani hanno mini-padiglioni, quello dell’Angola è grande, ben visibile e con un gigantesco baobab. In realtà l’Angola è uno degli stati più ricchi dell’Africa e negli ultimi dieci anni ha avuto una crescita economica altissima. La sua economia si basa principalmente sul petrolio e sui diamanti e il padiglione è stato finanziato proprio per riflettere questa crescita e per far conoscere la cultura angolana ai visitatori.
All’interno del padiglione spagnolo alcune pareti sono interamente coperte di piatti bianchi usati come schermo per proiettare immagini. Il Padiglione Russia è una sintesi di tradizione e innovazione. E’ una tra le strutture più grandi dell’esposizione e si snoda su un’area di oltre 4mila metri quadri.
Bello grande è anche l’edificio della Thailandia che si è ispirata a due simboli della sua tradizione, il “ngob”, il cappello tipico dei coltivatori di riso e il “naga”, l’essere simile a un drago che rappresenta gli spiriti della natura, protettori di fonti, pozzi e fiumi e portatori di pioggia e fertilità. Il tema centrale è l’immensa importanza dell’acqua e dell’irrigazione in un Paese che ha spesso sofferto per carestie legate alla mancanza di questo elemento vitale.
A vincere la competizione con il miglior Padiglione, è stata la Gran Bretagna. Scelto dalla giuria per i suoi caratteri di ricerca, sostenibilità, capacità realizzativa, sperimentazione tecnologica e, in generale, qualità architettonica, il Padiglione UK ha saputo esprimere al meglio tutte le valenze sintetizzate nel bando di concorso.
Quello che però cattura fino in fondo l’attenzione dei visitatori è l’Albero della Vita sulla Lake Arena, l’area esterna del Padiglione Italia. La grande chioma svetta verso il cielo, a 38 metri di altezza, sorretta da un complesso ed elegante intreccio di acciaio e legno di larice. Si ispira al disegno di Michelangelo della Piazza del Campidoglio di Roma che, partendo da un disegno a losanghe, culmina in una stella a dodici punte che rappresenta le costellazioni.
La grandiosa costruzione a metà tra monumento, scultura, installazione, edificio e sicuramente opera d’arte, non è solo tradizione e simbologia religiosa, è anche il segno di uno slancio rivolto al futuro, all’innovazione e alla tecnologia.
Coinvolge ed emoziona la musica che lo anima in uno show di luci, giochi d’acqua, disegni laser, fuochi d’artificio, insomma una serie di effetti speciali realizzati con le più avanzate tecnologie di spettacolo.
Poi c’è il Palazzo Italia: il più grande di tutti e anche l’unico che non verrà smontato alla fine della manifestazione. Costituisce una parte del padiglione italiano, che si estende su una superficie di oltre 13mila metri quadri. La struttura dovrebbe ricordare ai visitatori i rami degli alberi, che nelle foreste si intersecano e si incrociano dando vita a giochi di luci e ombre, come succede al piano terra del Palazzo Italia. Se si decide di visitarlo occorre rassegnarsi ad una coda di circa tre ore. E’ in assoluto il posto in cui bisogna attendere più a lungo per entrare.
Daniela Gabriele