Attesa al Brancaccino per la prima di “Fare un fuoco”, un riadattamento sotto forma di riflessione potente e profonda sul rapporto che l’uomo instaura con se stesso e con i propri limiti. Il testo analizza la spinta folle che muove l’essere umano, il fuoco che brucia dentro di noi e gli sforzi che bisogna compiere perché possa rimanere acceso. Si propone il confronto tra l’uomo e la natura, l’eterno dilemma tra istinto e ragione, ove l’uno prevale sull’altra a secondo delle circostanze contingenti.
L’ideazione e la produzione sono di Muta Imago, la regia di Claudia Sorace. L’intento dell’autore americano, con la sua scrittura secca, precisa e netta, e’ quello di tenere inchiodato il pubblico dalla prima all’ultima parola, mentre, passo dopo passo, procede, insieme al protagonista,verso la sua inevitabile conclusione. C’è solo il movimento continuo di un unico attore, un cielo grigio, niente sole; cime degli alberi coperti di neve, scricchiolio del ghiaccio sotto ai piedi, freddo e silenzio; c’è solo un pensiero: sopravvivere.
La trama di questo racconto di Jack London, di fatto,è chiara fin dalle prime pagine; oltre al misterioso protagonista, non ci sono altri personaggi, non ci sono cambi di luogo o di tempo, né prologhi o epiloghi. C’è solo la grandiosa fissità di una natura ostile e selvaggia. Il luogo è uno dei più freddi sulla faccia della terra. L‘uomo, accompagnato solo dal suo cane, attraversa una valle interamente coperta di neve, seguendo le tracce di un torrente ghiacciato. Deve raggiungere entro sera il campo base e i suoi amici . La temperatura è bassissima, sessanta gradi sotto lo zero. Il buon senso e il sapere popolare suggerirebbero di muoversi esclusivamente in gruppo, o di restare fermi in attesa che la temperatura risalga. Eppure, l’uomo ha deciso di andare: con sé solo due gallette impregnate di lardo fuso, avvolte in un fazzoletto e appoggiate sulla nuda pelle. Deve muoversi in continuazione, per non congelare, ma allo stesso tempo deve stare attento ad ogni singolo passo: ad una temperatura così bassa, non si può commettere nessun errore. A un certo punto, però, l’uomo mette un piede in fallo, rompe il sottile strato di ghiaccio su cui cammina e si bagna i piedi. Sessanta gradi sotto zero. Per sopravvivere deve preparare un fuoco e farlo in fretta.
La trama di Fare un fuoco è semplice : ciò che esiste sembra essere solo ciò che vediamo, ma è sotto la superficie che si nasconde la grandezza. Insomma, un testo che induce a riflettere sulla condizione dell’uomo e sul suo relazionarsi con cio’ che lo circonda. Costruire un’istallazione video-sonora e’ un esperimento per suscitare nello spettatore le stesse sensazioni del protagonista del racconto. L’originalità della regia e’ palese: non si vuole portare in scena una storia, ma far sì che ognuno, si senta lì al gelo e provi il dilemma del pathos che annebbia la ragione quando la razionalita’ cede il passo all’istinto. Francesca Palumbo