Dopo l’esordio di un mese fa al Teatro Parenti di Milano, Andrea Iacomini portavoce Unicef Italia, conferma il grandissimo successo anche al Teatro dell’Orologio di Roma, nello spettacolo “In Viaggio Verso il giorno dopo”.
Una performance artistica e recitativa a 360°, prima prova in assoluto da attore superata a pieni voti.
Andrea, giornalista e blogger professionista di origini abruzzesi, ha iniziato il suo straordinario percorso da giovanissimo impegnandosi come volontario nel mondo sociale, fino al grande passo che lo ha portato dal 2012 ad oggi nel delicatissimo Apruolo di portavoce.
Lo spettacolo teatrale scritto e diretto dal regista Paolo Vanacore, insieme alle toccanti colonne sonore del maestro Alessandro Panatteri, racconta gli immensi viaggi nel mondo dimenticato vissuti in prima persona dal protagonista.
Storie di guerre e conflitti che hanno colpito vittime innocenti tra cui i bambini indifesi, inconsapevoli dell’eterna fuga dal loro paese natale.
Iacomini mette in luce la sua anima, portando sul palco le avventure in Sierra Leone, Iraq, Kurdistan, Libano, Liberia e Giordania.
Un racconto suggestivo che evidenzia l’immenso lavoro dell’Unicef nel mondo, fino ai momenti indimenticabili vissuti da Andrea come quello di Gari, bambino soldato rimasto vivo per un macabro ricatto di arruolamento dopo l’uccisione dell’intera famiglia, e l’incontro con Iman, donna siriana trovata nel secondo campo profughi più grande del pianeta, in Giordania esattamente a Zaatari.
Notevoli anche le partecipazioni delle bravissime attrici Silvia Antonini e Sina Sebastiani Del Grillo.
L’incasso in collaborazione con l’Associazione Buona Cultura per la campagna Unicef “Bambini in pericolo” è stato devoluto interamente ai progetti del Fondo delle Nazioni Unite.
Alberto Fuschi ha incontrato Andrea Iacomini per il post “In Viaggio verso…”
Andrea Iacomini giornalista e portavoce Unicef italia, tutto esaurito in tutte e 3 le occasioni, il tour teatrale In Viaggio verso il giorno dopo da Milano a Roma, una grande soddisfazione
« È stato un successo delle persone che ci hanno creduto, di un cast di persone importanti e un organizzazione che dall’inizio ha sostenuto un’idea nuova che è quella di raccontare i drammi dei bambini di cui non parla nessuno sotto la forma del teatro».
Cosa si prova a stare sopra un palcoscenico, con un sala gremita di spettatori davanti ai tuoi occhi?
«È un emozione indescrivibile, ti da una grande carica e la possibilità di raccontare davvero quello che hai provato, questo è il bello del teatro, ho potuto raccontare da vicino a pochi metri di distanza dalle persone, quello che ho visto con i miei occhi».
Performance recitativa a 360° ad un certo momento è uscito anche il Iacomini cantante, hai mai pensato di intraprendere una strada da attore?
«Io vi ringrazio, ma credo che la mia missione per ora sia qui, per quanto riguarda quella di cantante la escluderei, chi c’era lo ha potuto verificare, anche se la canzone del maestro Alessandro Panatteri era meravigliosa, però questa volta mi sono vestito da attore solo per un attimo, spero di continuarlo a fare anche nelle successive tappe in giro per l’Italia proprio per raccontare queste cose, per i bambini di tutto il mondo si fa anche questo, volevo rassicurare quelli che pensano che c’è un altro che si aggiunge alla categoria, assolutamente no la mia aspirazione unica era da portavoce e da giornalista di raccontare queste storie, poi se sono venute bene naturalmente sono felice».
Al termine dello spettacolo, mi ha colpito una frase che hai detto ” Dobbiamo amarci di più”, forse questa può essere una vera soluzione per risolvere le terribili guerre nel mondo
«Amarci di più non è una soluzione, è un dato di fatto, chi si riesce ad amare se stesso e il prossimo è ben disposto ad aiutare gli altri, io lo dico alla fine dello spettacolo, nella forma e nei modi che ritengo fossero poi quelli più giusti che ha scelto il regista Paolo Vanacore, cioè amare se stessi vuol dire essere pronti ad amare quei bambini di cui noi parliamo, ecco perchè il mondo avrebbe bisogno forse di riscoprire questo tipo di affettività spesso perduta per poi poter immaginare meglio quello che accade».
Articolo, foto, intervista e montaggio a cura di Alberto Fuschi
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