Uscita ufficialmente la prima vera autobiografia del grande campione Gianni Rivera: dopo la cerimonia ufficiale al salone d’onore del Coni alla presenza del presidente Giovanni Malagò, l’ex “Golden Boy” del calcio italiano ha presentato l’opera anche all’Auditorium Parco della Musica in un’atmosfera davvero emozionante, per i racconti e gli aneddoti che si sono succeduti nel corso della serata, scanditi dal giornalista e presentatore Carlo Massarini. A fare gli onori di casa l’amministratore delegato José Ramòn Dosal Noriega. Oltre 500 pagine di emozioni (Edizioni Marconi Productions: il libro può essere ordinato direttamente sul sito ufficiale www.giannirivera.it) per descrivere un personaggio unico, simbolo di un Italia vera e genuina dentro e fuori il rettangolo di gioco. Lui che ha sempre esortato i giovani a vincere il “Pallone d’Oro” nella vita, affinché i ragazzi potessero incarnare tutti i giorni i valori veri dello sport in ogni loro gesto quotidiano. Considerato uno dei migliori numeri 10 della storia del calcio, primo giocatore italiano ad aver vinto nel 1969 l’ambito “Pallone d’Oro” con nel suo ricco palmares tre scudetti, due Coppe Campioni, 2 Coppe delle Coppe ed una Coppa Intercontinentale sempre con la maglia del Milan dove ha giocato per 19 stagioni (oltre 500 presenze realizzando ben 122 gol, debuttando a soli 15 anni in serie A con la maglia dell’Alessandria), ma anche medaglia d’oro al Campionato Europeo 1968 con la Nazionale ed argento ai Campionati del Mondo nel 1970, celebre il suo gol del 4-3 alla Germania nei supplementari in semifinale (con la maglia azzurra ha collezionato in totale 60 presenze segnando 14 reti), Gianni Rivera nel corso della sua carriera ha ricoperto anche prestigiosi incarichi politici e governativi, come Deputato, Sottosegretario alla Difesa, Presidente del Settore Giovanile della FIGC e attualmente del Settore Tecnico di Coverciano.
“Questa autobiografia – spiega Gianni Rivera – rappresenta per la prima volta l’unico mio vero ritratto. Ho seguito personalmente ogni documento pubblicato, oltre a curare tutti i testi scritti. E’ stato un lavoro lungo e certosino di circa 70 anni di interviste, contributi audio, video, foto, e documenti personali. La maggior parte degli articoli pubblicati in questa opera sono stati raccolti sia da mio padre, che un giorno ho scoperto conservava articoli e foto a mia insaputa nelle scatole delle camicie catalogate anno dopo anno, e sia da mia moglie Laura che ha curato con eccezionale bravura il l’ideazione, il progetto grafico, la ricerca iconografica e tutto l’archivio foto”.
Questa autobiografia vuole essere un eredità, non solo sportiva, per tutti coloro che hanno seguito ed apprezzato la vita calcistica e dirigenziale di un personaggio tanto grande quanto semplice ed umile, come era nella filosofia dei suoi genitori, Teresio ed Edera, che gli trasmisero i valori più autentici e genuini. “Questo libro – conferma Rivera – vuole essere un contributo d’amore e di verità per mia moglie Laura e per miei splendidi figli Chantal e Gianni, e per tutti coloro che hanno visto in me prima l’uomo e poi il campione sul rettangolo di gioco. Esprimo, quindi,la mia sincera gratitudine a tutti quelli che mi hanno dimostrato il loro affetto, mi riferisco anche a quelli che ora non ci sono più, spero che qualcuno possa leggere per loro il mio sentito e profondo ringraziamento”.
Il calcio, un divertimento ed una passione infinita: “I miei genitori – svela Rivera – mi raccontavano che, appena ho iniziato a dieci mesi a camminare, calciavo tutto quello che trovavo sul mio cammino. Quando mio padre si accorse che quello di dare calci era davvero la mia grande passione, cominciò a portarmi nei posti dove potessi divertirmi. Ad Alessandria c’era un grande prato, chiamato Piazza d’armi, dove si ritrovavano i ragazzi per giocare a pallone. Attendevo che papà tornasse dal lavoro con tanta emozione per andare con lui. Come porte usavamo giacche e cappotti e giocavamo finché non si faceva buio. Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto raccontare le sensazioni di quando ero bambino. Anche se erano i tempi difficili del dopoguerra, provo sempre un senso di pace e di gioia ogni volta che penso a quei giorni dell’infanzia e della giovinezza. Perché sapevamo divertirci con poco. Il cortile di casa è stato il mio primo campo di calcio. Nel corso degli anni sono diventato celebre ma perché gli eventi della vita mi hanno cambiato, ma allora mi bastava poco per essere felice: quella filosofia di vita non mi ha mai abbandonato. Ho sempre paragonato la passione per il calcio alle sensazioni che può assaporare un pittore quando dipinge. Un’estasi continua: dimenticavo ogni cosa attorno a me. La passione è un consiglio che posso a suggerire a tutti, perché proprio la passione aiuta a vivere con più intensità, a prescindere dal proprio talento. Molti oggi rimpiangono il passato in questa attuale corsa alla superficialità, al consumismo, all’arrivismo sfrenato: si ricorda il passato proprio perché allora venivano prima i valori morali, il senso del rispetto delle persone e delle regole. Dentro e fuori il rettangolo di gioco”.
Marco Tosarello