Si sente dire spesso che le opere che riescono meglio sono quelle in cui l’autore riesce a mettere sé stesso, la sua anima, il suo vissuto. Sarà per questo che negli ultimi anni, Gianni Clementi è diventato uno degli autori teatrali più interessanti del panorama italiano e le sue opere, fatto raro per gli scrittori di teatro contemporanei, tradotte in diverse lingue. L’autore romano sta assistendo ad una fortissima popolarità dei suoi scritti, che li sta portando ad
essere rappresentati in molti teatri italiani, a volte, dato il marcato accento romano che caratterizza alcuni dei suoi personaggi, anche dopo aver subito una trasposizione in altri dialetti, come per esempio il siciliano o il milanese.
In gran parte delle commedie di Clementi si parte da un fatto storico, da un determinato evento, per traslarlo verso una dimensione più a misura d’uomo, personale. In questi casi la Storia, con la “s” maiuscola, diventa pian piano lo sfondo della rappresentazione, mentre il pubblico deve confrontarsi con le conseguenze che gli eventi hanno avuto sulla vita delle persone che si trovano in prima linea.
Ne Il cappello di carta, per esempio, una delle opere dell’autore romano più rappresentate, viene narrato di come i membri di una famiglia romana di basso ceto sociale, si relazionino fra loro e con il mondo che li circonda, tirando avanti ognuno come può, fra amori nascenti e storie passate, con i giovani sognatori ed i più anziani disillusi, tutti che cercano di fare il meglio che possono per sé e per la famiglia. Dettaglio di certo non irrilevante: siamo nel 1943, ed alle già disastrate condizioni economiche del nucleo familiare, si sono aggiunte le enormi difficoltà portate dalla
guerra. Per tutta la prima parte dello spettacolo l’orrore del conflitto bellico resta in secondo piano, è un’eco lontana a cui i personaggi cercano di fare caso il meno che possono, ed i momenti comici, misti ad un romanticismo di fondo comune a diverse opere di Clementi, rendono l’atmosfera leggera e quasi surreale, se confrontata con ciò che in quegli anni bui era il mondo che transitava fuori dalle mura domestiche. Nella parte finale, invece, l’orrore della guerra diventa roboante, concreto, le bombe cadono dal cielo e distruggono San Lorenzo, distruggono vite umane, portano allo sfinimento l’esigua resistenza personale che ogni personaggio si era costruito intorno per fare fronte alla situazione. Tutto è perduto, la luce si è spenta.
La struttura narrativa appena descritta ricorre in diverse opere di Clementi, in cui la farsa si interseca con il dramma, il riso con le lacrime, la commedia deve fare i conti con la tragedia della vita di tutti i giorni, attraverso cui le maschere sono costrette a passare.
Il successo riscosso dai testi di questo autore è testimoniato anche dall’interessamento che sono riuscite a suscitare nell’industria cinematografica, con l’adattamento al grande schermo di un altro grande successo teatrale, Ben Hur – storie di ordinaria periferia. Questa storia, in cui si intrecciano le vite di un’ex stuntman ora costretto a vestirsi da centurione per i turisti e quella di un immigrato clandestino bielorusso, è stata adattata per il grande schermo, ricevendo un grande plauso dalla critica. Gli attori che hanno interpretato i personaggi di questa storia dolce-amara
al cinema sono gli stessi che ne hanno indossato le maschere sui palcoscenici di tutta Italia, riuscendo a trasmettere le medesime, forti, emozioni in entrambi i casi, regalando un’interpretazione straordinaria. Nicola Pistoia e Paolo Triestino hanno dato vita ai personaggi di Clementi donandogli uno spessore capace di emozionare, far ridere e far riflettere, coadiuvati da una bravissima Elisabetta De Vito.
I due attori romani appena menzionati sono quelli che più di tutti hanno saputo catturare l’essenza dei testi scritti da Clementi, portandone a teatro diversi oltre a Ben Hur, come ad esempio, Grisù, Giuseppe e Maria e Fausto e gli sciacalli.
Gianni Clementi scrive spettacoli teatrali da ormai moltissimi anni, e nell’ultimo periodo sta riscuotendo un successo eclatante che ha investito anche molte sue produzioni che inizialmente erano state riposte nel dimenticatoio. I suoi spettacoli sulla vita e la morte, sulle persone, sulla società che circonda tutti noi, le sue allegorie più o meno velate, sono state capaci di portare nel teatro italiano una ventata di novità che in queste dimensioni non si vedeva da ormai moltissimo tempo.
Andrea Ardone