Un giallo davvero diverso dal solito, dove la possibilità del sovrannaturale, da un lato, e gli oscuri labirinti dell’animo umano, dell’ Ego eternamente stretto tra Superego, “di sopra”, ed Es, “di sotto”, continuamente irrompono nella trama. Ecco “La donna che visse due volte“: pièce teatrale ( dal romanzo del 1958 “D’entre les morts”, dei francesi Pierre Boileau eThomas Narcejac) che è in scena, al Teatro “Stabile del Giallo” di Via Cassia, sino al 24 gennaio.
Con scenografie ( di Andrea Bianchi), d’ambientazione metropolitana, ridotte all’essenziale, costumi ( di Valentina Giura) rigorosamente anni ’50, e musiche…davvero hitchcockiane, il regista Raffaele Castria ( aiuto regìa, Flavia Marziali) mette efficacemente in scena la vicenda di John Ferguson, ex- poliziotto di S.Francisco (James Stewart, nel celebre cult-movie di Hitchcock del ’58, “La donna dai due volti”) incaricato da un amico di sorvegliare la moglie Madeleine, con tendenze al suicidio (la bionda Kim Novak, sempre sullo schermo). Non riuscito ad impedire che la donna ( che già lo attraeva molto) si suicidi, Ferguson – che soffre gravemente di vertigini – nel secondo atto, ripresosi dallo shock subìto con la morte di Madeleine, incontrerà, innamorandosene subito, una ragazza incredibilmente somigliante a lei: che egli, soggiogato dalla passione e dalle correnti oscure che passano nel suo animo, cercherà in tutti i modi di trasformare nella perfetta sosia di Madeleine. Sino a scoprire, in ultimo, d’esser stato vittima, e inconsapervole strumento, d’un’incredibile, quanto necrofila, macchinazione…
Come già osservava, a suo tempo, lo stesso Hitchcock ( non nuovo a film centrati appunto sulle oscure lande che abitano la psiche umana, da “Io ti salverò” a “Marnie”), c’è in John Ferguson un fondo inconsapevole di necrofilia: nella sua volontà di ricreare un’immagine sessuale impossibile, basata sui quella d’una defunta. In questa regìa teatrale di Castria, gli attori (Stefano Quatrosi, Linda Manganelli, Patrizio Cigliano, Silvia Grande), pur ispirandosi ( specie l’interprete di Madeleine, ricordante davvero Kim Novak) a quelli del capolavoro hitchcockiano, danno prova d’originale bravura nel calarsi perfettamente nei personaggi, e nelle atmosfere degli USA anni ’50 (tra maccarthismo alla fine e inconsapevole attesa del nuovo, kennediano) che, nell’adattamento teatrale, hanno sostituito quelle originali (francesi e anni ’40) del romanzo.
di Fabrizio Federici