“Ci uniamo al dolore dei familiari di Giulio, e chiediamo giustizia e verità alle autorità egiziane per questa tragedia: indelebile sia per l’Italia che per l’Egitto. Torturare e uccidere un giovane è un’onta per qualsiasi civiltà“. E quanto dichiara Foad Aodi, “Focal Point” per l’integrazione in Italia per l’ agenzia ONU UNAOC, e Presidente delle Comunità del Mondo Arabo in Italia (COMAI): a seguito dell’autopsia del cadavere di Giulio Regeni, il giovane ricercatore friulano torturato e trovato morto giovedì scorso al Cairo.
Secondo i medici legali dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università “La Sapienza” di Roma, dove la salma è stata condotta sabato pomeriggio, a causare la morte sarebbe stata la frattura di una vertebra celebrale. Mentre al Cairo sono stati rilasciati due presunti sospetti, proseguono le indagini condotte dalle autorità locali e da un team di investigatori italiani, per far luce sull’accaduto.
“Siamo lontani dalla verità“, dichiara il Ministro degli Affari Esteri, Paolo Gentiloni: ritenendo “necessario che il lavoro di indagine possa essere fatto insieme alle autorità egiziane”. “Solo collaborando con l’Egitto possiamo sperare di risalire alla verità“, prosegue Foad Aodi; “e questo è solo l’inizio di un grande lavoro per rafforzare la cooperazione con i Paesi Arabi in tutti i settori, inclusi la ricerca e lo scambio socio-sanitario. Per agire alla radice dei problemi, limitando violenza e soprusi che uccidono la vita delle persone e quella del dialogo. Vogliamo che chi ha compiuto questo grave crimine sia punito il prima possibile, non ci importa quale sia il suo Paese di provenienza o la sua religione. Vogliamo che sia fatta giustizia“.
Aggiungiamo che il caso di Giulio, purtroppo, ricorda fortemente quello di Vittorio Arrigoni: il giornalista e pacifista italiano, distintosi per il suo impegno a
favore di Gaza (contro sia l’ “eccesso di difesa” da parte israeliana che l’oppressivo regime instaurato da Hamas) che il 14 aprile 2011, appunto a Gaza, fu rapito e ucciso da un gruppo terrorista dichiaratosi afferente all’area jihadista salafita. A quanto sinora è dato sapere, Giulio si trovava in Egitto soprattutto per motivi di studio e lavoro: ma allora (a meno che non si sia trattato d’un caso di criminalità comune), perchè questo delitto, e perpetrato in modo così barbaro? E quanto pericolosa è – in un Egitto che sembra sempre piu’ ricalcare il modello turco, con le forze armate “costrette” a periodici golpe per salvare la laicità dello Stato – la presenza dell’integralismo islamico ( “Fratelli Mussulmani” e altre organizzazioni)?
di Fabrizio Federici