Al teatro “Quirino”, sino al 6 marzo, Alessio Boni e Marcello Prayer si affrontano in un lungo duello, con la sciabola, a “cavallo” ( meccanico…) e persino con la pistola ( maestro d’armi, Renzo Musumeci Greco). Sono “I duellanti“: sì, proprio quei due ufficiali francesi che, come il celebre capitano Coignet,autore d’un immortale testo di memorialistica napoleonica, il genio di Joseph Conrad, scrittore polacco naturalizzato inglese, rese protagonisti ( nel lungo racconto “The Duel”, pubblicato nel 1908) d’un’ incredibile cavalcata lungo tutta la sanguinosa epopea del grande còrso, dalleAlpi a Waterloo.Protagonisti, però, di duelli non solo coi nemici ( punto di maturazione,per ambedue, la tragica campagna di Russia del 1812), ma anche , anzi soprattutto, tra loro: d’un duello nato per futili motivi, piu’ volte interrotto per i reciproci ferimenti o per impensati contrattempi, e ripreso, incredibilmente, dopo Waterloo, durante l’ottusa, sonnacchiosa Restaurazione borbonica.
Armand d’ Hubert, posato e accorto ufficiale del nord della Francia ( Alessio Boni, che interpreta lo stesso ruolo ricoperto, nel cult-movie del 1977 di Ridley Scott, da Keith Carradine), pronto poi a proseguire la carriera nelle file borboniche dopo il 1815, non esita però, in quel momento, a intervenire presso il ministro borbonico della Guerra, per salvare dalla fucilazione l’avversario/amico, bonapartista sino al midollo.Che qui è un altrettanto bravo Marcello Prayer ( Harvey Keitel, sempre nel film del ’77), irruente ufficiale guascone, diremmo un D’Artagnan del XIX secolo. Alla fine, il duello tra i due , ripreso alla pistola in ua fredda brughiera della provincia francese, non terminerà.S’interromperà per precisa scelta di d’ Hubert, piu’ contento di tenere eternamente sulla corda, in futuro, l’odiato/amato avversario: ma anche stanco di guerre e duelli, deciso a vivere una vita veramente piena sposando la sua giovane fidanzata. Un po’ come nel buzzatiano “Deserto dei tartari”, quindi, questa metafora militare è anche metafora esistenziale,simbolo della vita che non solo ti costringe a continui duelli con le avversità, e a rimetterti sempre in gioco: ma porta l’uomo che ne è consapevole a un’indispensabile maturazione spirituale, a una continua serie di prove che segnan le tappe della sua elevazione, in un percorso quasi esoterico. E non ci stupiremmo se, interrotto il duello, i due avversari s’allontanassero alla maniera delBogart/Rick e del Rains/Renault di “Casablanca”, segnando l’inizio d’una bella amicizia.
La regìa è dello stesso Boni e di Roberto Aldorasi, i costumi di Francesco Esposito e Daniele Gelsi, in perfetta aderenza ai modelli dell’epoca;penetranti le musiche di Luca D’Alberto, con suggestivio interventi delal violoncellista Federica Vecchio.
di Fabrizio Federici