Direttamente dall’ufficio stampa della Siae, riceviamo e pubblichiamo:
L’articolo “Pressioni di SIAE e Radionomy fa fuori le web radio italiane” pubblicato il 3 aprile da Fabio Galli sul vostro sito descrive una questione sicuramente molto complicata, ma riporta una serie di informazioni inesatte e fuorvianti.
Radionomy non ha un accordo con altre società di collecting e Armonia – il polo europeo di licensing on line multiterritoriale creato su iniziativa di SIAE, Sgae e Sacem – ha negoziato inutilmente per oltre due anni per trovare un assetto accettabile. Ma Radionomy ha rifiutato ogni proposta standard, puntando sempre al ribasso delle tariffe.
Inoltre, in questi due anni Radionomy ha continuato a pubblicare la falsa informazione che le radio aggregate sulla sua piattaforma non erano tenute a pagare i diritti: anzi, avrebbero addirittura potuto attingere al suo archivio per caricare file musicali e inserire canzoni nella loro programmazione.
SIAE ha fatto quindi uso della possibilità di chiedere la rimozione di alcuni contenuti, cosa che a breve potrebbero fare anche altre società di autori o di produttori fonografici. Nel frattempo, alcune delle radio presenti su Radionomy hanno scelto di operare in modo legale. In questo modo hanno ottenuto una propria licenza e non corrono quindi il minimo rischio di essere oggetto della rimozione.
Le affermazioni relative al dissesto e all’inefficienza di SIAE sono poi del tutto prive di fondamento. Negli ultimi anni la Società ha avviato un processo di profondo rinnovamento al quale ha dato un notevole impulso l’attuale presidente Filippo Sugar. Oggi i conti sono in ordine e SIAE rispetta tutti gli obblighi di trasparenza. Molte procedure sono state snellite e digitalizzate e nuovi servizi online vengono rilasciati ogni 2-3 mesi. I supposti “debiti per 900 milioni di euro” che si attribuiscono in maniera fuorviante alla Società non sono altro che la prova che SIAE fa bene il proprio mestiere: raccoglie molto, trattenendo peraltro una percentuale che dal 2013 ad oggi è in calo costante.
Va sottolineato inoltre che in Europa le varie società di intermediazione del diritto d’autore hanno un monopolio nel loro Paese – di fatto, di diritto o entrambi – e che la citata Direttiva Barnier non impone affatto la liberalizzazione. Su questo si è espresso di recente e con chiarezza anche il Ministro Dario Franceschini, il quale ha sottolineato l’importanza di andare verso le aggregazioni europee con un campione italiano forte, che abbia la statura e il peso per poter tutelare al meglio gli interessi degli editori e autori italiani ai tavoli negoziali.
Ci auguriamo che vogliate condividere con i vs Lettori anche la nostra versione dei fatti pubblicando queste precisazioni.