di Alberto Zei
Oltre ogni tipo di risarcimento – Siamo ormai arrivati all’inizio del processo di Cassazione del caso Concordia ma la vertenza fin da principio è stata improntata sul modo di poter ottenere il massimo dei risarcimenti da parte di chi ha ragione o a torto chiede, somme riparatrici anche per il danno che il fondo del mare avrebbe subito addirittura per la sofferenza della prateria di posidonia su cui il transatlantico si è arenato, nonché per la grave crisi turistica che ha colpito la zona per la presenza della nave semi affondata. L’aspetto finora più tralasciato è stato quello per il quale
a nulla è valso spiegare le ragioni di Schettino per ciò che è acca
duto, perché è ormai scontato che egli sia il responsabile di tutto e che quindi anche se qualche particolare potrebbe essere attribuito ad altre cause, il fatto che il Comandante avesse condotto la Concordia in quei frangenti, fa comunque ricadere sullo stesso tutto ciò che ne ha conseguito. Questo basta e ce ne avanza per meritare la pena detentiva inflitta.
Il culto della giustificazione – Un atteggiamento di questo tipo è molto lontano però, dalla ricerca del “sesso degli angeli” che si cerca di provare sui moventi di certi atroci delitti volontari dibattuti in TV oltre misura, quando al di là del carcere a cui i colpevoli sono destinati, andrebbero gettate via per l’atrocità dei crimini commessi, anche le chiavi. Invece si disquisisce se proprio nel momento del delitto questo o quell’altro particolare avessero reso incolpevole l’imputato nella gravità del fatto compiuto per non aver percepito appieno ciò che faceva. Ma quantunque in palese contraddizione con i principi di legalità invocati fino allo spasimo da certi imbonitori dell’opinione pubblica per i casi citati, ammettiamo che per una serie di “valori” molto sofferti come quello del famigerato “inchino”, il fatto che Schettino abbia condotto la nave sugli scogli, assorba per gravità professionale di un comandante tutto il resto che ne è derivato.C’è però un altro punto fondamentale da considerare. Se anche Schettino risultasse corresponsabile insieme ai suoi Ufficiali di coperta, di ciò che è accaduto, non è che una parte delle sue colpe si trasferirebbe su altri, perché in questo caso a Schettino resterebbe più o meno, la medesima responsabilità del sinistro nella sua qualità di comandante.
La responsabilità delle azioni di comando – Contrariamente a quanto la difesa di Schettino nei precedenti processi, più volte sostituita, abbia saputo dire, va precisato che non esiste nel nostro ordinamento che la responsabilità penale possa essere attribuita a qualcuno per una decisione assunta da altri. Questo potrebbe essere per la Cassazione, se ammesso, un argomento che non è stato fatto finora valere.
Da uno studio approfondito delle carte processuali; dalle dichiarazioni rilasciate dai coimputati; dalle testimonianze non interessate a quella o a quell’altra verità di comodo, dal riscontro dati delle GPS rilevati dalla scatola nera “data”; dai riscontri delle interrogazioni durante i processi; dai verbali redatti dalla procura a fronte degli interrogatori dei vari imputati; dalla perizia ordinata dal tribunale sulla dinamica degli eventi; dai contenuti delle perizie delle parti in causa; dalla sentenza di primo grado e da quella di secondo grado; dalle posizioni della nave risultante dai tracciati radar; dalla voce dei comandi registrati sulla scatola nera “voice”; dai comandi registrati nei tempi esatti in cui questi sono stati espressi; dal differente posizionamento dei timoni da parte del timoniere Rusli rispetto alla richiesta del comandante (si contano ben otto “errori”); dalla omertà dello staff di coperta nei confronti dell’ignaro Schettino che assume personalmente il comando di rotta, senza essere informato sulla posizione raggiunta dalla nave (malgrado egli stesso avesse precedentemente richiesto di essere avvisato alla distanza di 0,5 miglia, ossia, di quasi un chilometro da terra) e da molte altre informazioni tecniche che si omettono per non riempire la pagina, si fa rilevare che quando Schettino si è reso autonomamente conto della anomala posizione conseguita, ma non ancora dell’inganno subito, non si trovava affatto nella prossimità delle 0,5 miglia dalla costa, ma in una condizione sempre più compromessa dai continui “errori” del timoniere ai di lui comandi. Infatti, il timoniere Rusli, dopo avere ottenuto la ufficiale idoneità a quella funzione dalla Società armatrice di una delle più prestigiose navi da crociera del mondo e dopo avere esercitato la propria attività di timoniere in tante altre giornate di servizio sulla stessa Concordia, diviene improvvisamente refrattario alla lingua inglese adottata in tutto il globo per le attività marinaresche, fino a confondere la destra con la sinistra. Già per tutto questo e per altro ancora, non può essere invocata la corresponsabilità con l’ equipaggio, poiché Schettino non partecipa ma subisce passivamente (passivamente perché ignora) il fine delle decisioni, ovvero, degli inganni altrui.
Se non fosse troppo tardi – Si ritiene inutile indugiare oltre per sostenere che la difesa di Schettino avrebbe dovuto approfondire tutto questo che doveva essere esaminato in particolare nel primo grado di giudizio, per impostare a ragion veduta, la dimostrazione di ciò che non è stato dimostrato, sull’inganno subito per opera del proprio staff, molto probabilmente a causa della cosiddetta “aggressività passiva” dei suoi componenti, nutrita nei confronti di un comandante ritenuto presuntuoso e arrogante, fortunato anziché professionalmente abile, tanto da fare a meno in altre circostanze, ovviamente meno drammatiche, del loro “prezioso” contributo.
Il processo di Cassazione ormai, per quanto riguarda Schettino, può trattare soltanto eventuali violazione del diritto penale, ove questo fosse stato esercitato nel corso del processo in modo distorto o fosse stato invece, ignorato dalla sentenza di primo e di secondo grado di giudizio. A questo punto lo svolgimento dei fatti precedenti e seguenti alla collisione dovevano essere accertati nei precedenti processi. Resta quindi difficile comprendere come adesso la verità fattuale potrebbe essere utilizzata in questo terzo processo ormai quasi irrimediabilmente compromesso sotto l’aspetto della dinamica del naufragio.
Il beneficio per Schettino di ricorrere ancora una volta alla dimostrazione della sua innocenza, malgrado il generalizzato convincimento di colpevolezza dell’opinione pubblica per aver condotto la nave dove mai avrebbe dovuto osare, è ormai appeso ad un simbolico filo. Si tratta del filo del diritto di difesa per contestare gli eventi in modo efficace fino a convincere i giudici del terzo grado che effettivamente le norme applicate nella sentenza per la comminazione della pena, non rispondono ai requisiti di legge a cui i giudici di primo e secondo grado sono ricorsi.
Il dopo collisione – A poco vale a questo punto, dire che l’atteggiamento di Schettino anche nelle fasi successive del naufragio, allorquando tutti i servizi di emergenza erano andati in tilt per mancanza di energia elettrica è stato improntato sulla più giusta decisione di non far evacuare la nave in mare aperto; che il generatore di elettrico di emergenza non poteva funzionare in quella circostanza, per l’eccessivo carico a cui era stato sottoposto con l’attivazione contemporanea di tutti i servizi ausiliari della nave a questo collegati, ivi compreso, il funzionamento degli ascensori; che quindi, né l’equipaggio della Concordia né il suo comandante potevano essere responsabili della carenza strutturale di un gruppo elettrogeno di emergenza inadeguato; che la richiesta di parte Codacons del relativo certificato di collaudo non è stato ottenuto in quanto a sostegno di parte avversa a Schettino, questo certificato rappresentava una privacy del costruttore e dell’armatore che non poteva essere violata.Non solo ma poi, a sostegno di questa privacy che non poteva essere infranta per mostrare la capacità collaudata del gruppo stesso a sostenere il carico elettrico collegato in caso di emergenza, sono stati inflitti allo stesso Schettino (e a chi altro se non a lui?) ben 10 anni di reclusione dei 16, non potendo forzare la privacy delle modalità di collaudo di un gruppo elettrogeno.
La migliore scialuppa di salvataggio – Quale razionale contestazione potrebbe essere sollevata a Schettino quando dopo la collisione ha deciso di non decidere alcuna evacuazione dei passeggeri e dello stesso equipaggio,
mantenendo invece nel letto del forte vento di grecale di quella notte, la Concordia come migliore scialuppa di salvataggio alla deriva fino al porto del Giglio? Lo sbarco del personale infatti, è avvenuto praticamente quasi a costa, in rapida successione di scialuppe e di altri mezzi navali che facevano la spola tra terra e bordo nave; trasbordo che se fosse stato fatto in mare aperto in quella notte di inverno, gettando le ancore per fermare la nave l’operazione si sarebbe risolta in una catastrofe di immani proporzioni con il ribaltamento e l’affondamento della Concordia da far impallidire la tragedia del Titanic.
E’ importante questa foto ripresa dopo la rotazione della nave sulle rocce delle costa, per comprendere quante persone ancora a bordo sono potute scendere attraverso la biscaglia con una inclinazione verticale solo nell’ ultimo tratto
Per quanto tempo infatti, la nave sarebbe rimasta in superficie senza capovolgersi così come ha iniziato a fare dopo essere arrivata a terra, vicino al porto. Solo che una volta poggiata la carena sugli scogli, questi l’hanno sostenuta per un certo tempo ancora, consentendo ai passeggeri quasi tutti radunati lungo il fianco sinistro di imbarcarsi sulle scialuppe anche dopo che la nave riempita ormai d’acqua, ha soltanto ruotato dalla parte opposta sulla scogliera su cui si è adagiata, ma non si è ribaltata.
L’ intuizione del minor danno – Le foto riprese durante l’evacuazione con la Concordia incagliata sulla costa, fa chiaramente intuire la drammaticità di un abbandono, qualora la nave si fosse trovata in mare aperto. Infatti la gran parte di coloro che nella stasi naturale dell’ inverno prediligono il confort della crociera, non sono l’ espressione di un esuberante gioventù ma piuttosto persone tranquille, anziane e per niente inclini agli sforzi fisici e a calarsi di notte con le raffiche di sopra vento, dalle corde della biscaglina; tanto che se la nave, non fosse stata sufficientemente inclinata come si osserva dalla foto, quelle stesse persone che per un tratto si vedono camminare diritte sul fianco nave in posizione quasi orizzontale, sarebbero state costrette ad una discesa verticale di circa 20 metri. Poche di loro però, avrebbero resistito senza cadere le une sulle altre e poi insieme a grappolo, sulle sottostanti scialuppe, oppure in acqua.
È vero che sono morte 34 persone quando la Concordia, dopo essere arrivata a costa, si è poi adagiata improvvisamente sulla roccia con la murata destra mentre però, dalla parte opposta l’ evacuazione poteva continuare a tempo indeterminato. Ma quante centinaia o migliaia di morti vi sarebbero stati se la Concordia avesse dovuto evacuare prima, i passeggeri e l’equipaggio, gettando le ancore?
Niente di tutto questo comunque potrà essere rievocato nel processo di terzo grado. Tutto ciò, magra consolazione, sarà invece ricostruito meticolosamente da persone di buona volontà e di adeguata professionalità, al fine della dimostrazione “pro veritate”, di come è stato ingiustamente ritenuto colpevole di un grave delitto altrui (in tutti i gradi di giudizio?), il capro espiatorio della tragedia della Concordia, nella emblematica persona del Comandante Francesco Schettino.