Una fiaba, non un reale progetto.
Sono ormai diversi anni che nella capitale, si discute di un possibile nuovo stadio per la Roma.
Un impianto tutto nuovo a Tor di Valle, un progetto ambizioso per sfidare quasi il capolavoro torinese dello Juventus Stadium.
Solo un sogno, che forse poche ore fa è terminato definitivamente.
Da una parte la Soprintendenza per l’Archeologia, le Belle Arti e il Paesaggio per il Comune di Roma, dall’altra l’assessore all’Urbanistica di Roma, Paolo Berdini, con l’appoggio di parte del gruppo 5Stelle in Consiglio regionale.
La giornata di ieri è stata difficile per il progetto dello Stadio della Roma di Tor di Valle. Si parte con una lettera della Soprintendenza che, sostanzialmente, muove una serie di rilievi durissimi al progetto e all’iter seguito. E la posizione del Ministero plana sui siti e sui social, agitando assai le acque, proprio mentre al Consiglio regionale va in scena l’audizione, da parte della Commissione Urbanistica, Mobilità, Ambiente e Lavori pubblici, degli assessori all’Urbanistica della Regione, Michele Civita, e del Comune, Paolo Berdini, «scortati» dai loro funzionari di punta, Manuela Manetti per la Regione e presidente della Conferenza di Servizi, e Vittoria Crisostomi, rappresentante del Comune in Conferenza.
E da Berdini, contraddicendo il vicesindaco Daniele Frongia e il capogruppo in Consiglio comunale, Paolo Ferrara, arrivano i soliti fuochi d’artificio: «Ci sono altre decine di zone adatte per lo stadio, noi siamo ben a favore, ma molto meno felici su come è stata scelta l’area». Subito dopo, «La scelta dell’area è stata una follia, messa in conto all’amministrazione pubblica» condita con l’abituale intemerata contro l’idrovora. Per poi entrare nel vivo: l’obiettivo è quello di tagliare le torri. Quindi, ecco i conti di Berdini: «Abbiamo il Ponte dei Congressi. Se la Roma vuole fare lo stadio o usa quello oppure è un problema suo. Così togliamo 90 milioni di euro». Cui, nella visione di Berdini, vanno aggiunti i «risparmi» per il taglio della metro B, la stazione di Tor di Valle e i parcheggi «pubblici di dimensioni gigantesche». Insomma, ci sono «costi per 220 milioni di euro» che, secondo l’Assessore grillino, si possono tagliare e tornare «in conformità del Piano regolatore». «Se la Roma rinuncia a tutto questo siamo ben felici e io posso firmare una cambiale adesso», salvo poi aggiungere: «Non ho mai detto no allo stadio. L’amministrazione è favorevole e tra l’altro siamo andati talmente avanti che per noi sarebbe difficile tornare a zero».
Piovono critiche da tutti gli schieramenti politici.
«Nel suo cronoprogramma – dice il vicepresidente del Consiglio regionale, Francesco Storace – era previsto il 16 novembre per l’approvazione in Giunta della variante urbanistica. Il Campidoglio non ne vuole sapere dello stadio della Roma. I signornò che governano la Capitale non cambiano idea. Povera città».
Fabio De Lillo (Cuoritaliani): «La Giunta Zingaretti si assuma le sue responsabilità e dia il via libera al nuovo Stadio della A.S. Roma, non serve la variante urbanistica da parte del Campidoglio: quella variante è già insita nella delibera capitolina sul pubblico interesse».
Antonello Aurigemma (FI): «che senso ha per l’amministrazione capitolina continuare a impegnare gli uffici comunali e regionali, se tanto è già convinta sul no al progetto? Se questa è la posizione del Campidoglio, forse sarebbe meglio interrompere la conferenza dei servizi senza impegnare gli uffici provocando eventuali danni erariali».
Adriano Palozzi (FI): «Sostanzialmente l’assessore Berdini ha detto no all’impianto di Tor di Valle: più che uno stadio, si vorrebbe costruire un campo di calcetto con quattro tribunette».
Massimiliano Valeriani (PD): «L’Amministrazione Raggi smetta di fare melina e dica se vuole confermare l’interesse pubblico sullo stadio della Roma e approvare la variante urbanistica».
La replica più pesante a Berdini arriva dall’assessore regionale, Michele Civita: «La Conferenza di Servizi a marzo va chiusa. Se ci sono dubbi – dice rivolto a Berdini – abbiate il coraggio di fermarla e andare in Consiglio comunale. Se le modifiche proposte da Berdini si tramuteranno in atti credo proprio che la Conferenza si bloccherà perché non può che prendere in esame questo progetto: il margine di lavoro è quello di lievi modifiche. Il secondo ponte sul Tevere era tra le opere ritenute essenziali per il pubblico interesse. Dietro quest’opera ci sono studi della mobilità ben precisi per un quadrante completamente congestionato».
di Alberto Fuschi