“Data la grande importanza della Santa Sede per l’Italia e per tutto il mondo, sul piano sia religioso che politico-internazionale, il pieno riconoscimento diplomatico che il Vaticano ha fatto, il 14 gennaio, dello Stato di Palestina può rappresentare una spinta molto forte perchè anche altri Paesi facciano questa scelta. Del resto, sappiamo bene quanto Papa Francesco è sensibile ai diritti di tutte le confessioni religiose e di tutti i popoli, e all’esigenza, ormai improrogabile, di rilanciare davvero il processo di pace in Medio Oriente”.
Il Dottor Khalil Altoubat, consigliere del ministro dell’Interno per le Relazioni con l’ Islam Italiano, consigliere diplomatico della Co-mai, Comunità del Mondo Arabo in Italia, e consigliere in Italia del presidente palestinese Abu Mazen, così commenta l’ apertura ufficiale dell’ ambasciata palestinese presso la Santa Sede, in Via di Porta Angelica. Cui ha partecipato in prima persona, accanto al presidente Mahmoud Abbas, alias Abu Mazen ( affacciatosi, poi, rapidamente al balcone, accanto alla bandiera appena spiegata).
D. Che valutazione dà, in complesso, di questa visita privata di Abu Mazen a Papa Francesco?
R. E’ stato un incontro molto cordiale ed emozionante, con un Pontefice che ha avuto modo, inoltre, di conoscere dal vivo la tormentata situazione della Palestina, nella visita di due anni fa: e che sta lavorando in tutti i modi per riportare la pace in questa terra, culla di Cristo. Un incontro, inoltre, a pochi giorni dalla storica Risoluzione ONU del 30 dicembre: spero che anche il Governo italiano prenda atto di tutto questo, e dell’impraticabilità, per la soluzione del conflitto israelo-palestinese, di altre soluzioni oltre a quella dei “Due popoli, due Stati”. E qui devo dire, anzi, che sia il ministro degli Esteri Alfano, che quello dell’Interno, Minniti, ambedue incontrati dal presidente Abbas il giorno prima, hanno ribadito l’accordo dell’ Italia con la soluzione “Due popoli, due Stati” e hanno promesso d’impegnarsi appunto su questa strada.
D. Lei è consigliere diplomatico della Co-mai, Comunità del Mondo Arabo in Italia, e membro anche del movimento internazionale “Uniti per unire”. Due organismi che, perseguendo la via del dialogo interreligioso e interculturale, su basi laiche, ultimamente han promosso, insieme ad altri, la nascita della C.I.L.I.- Italia, Confederazione Internazionale Laica Interreligiosa: nata dallo sviluppo del Comitato “Cristiani in moschea” ( promotore, dopo l’offensiva terroristica dell’estate scorsa, di tante iniziative per il dialogo fra cristiani e musulmani in Italia).Come dirigente di queste organizzazioni, come valuta appunto questi importanti sviluppi diplomatici?
R. Nella mia triplice veste, cerco di portare, su vari terreni, sempre un messaggio di pace e di avvicinamento tra i popoli: cercando di far capire che la strada per la libertà e il benessere collettivi passa sempre dal dialogo e dalla pace. La guerra- come tragicamente ci insegnano la storia e le vicende cui stiamo assistendo, in tante parti del mondo – non porta da nessuna parte. Speriamo che anche i partecipanti alla Conferenza internazionale di Parigi sul conflitto israelo-palestinese, apertasi proprio il 15 gennaio, lo comprendano”.
“Quel che è accaduto in questi ultimi tre giorni a Roma- aggiunge Foad Aodi, medico fisiatra, presidente di Co-mai e Uniti per unire – è sicuramente un fatto storico, che aiuta molto il processo della pace in Medio Oriente, nonostante le tante difficoltà che sappiamo. La Co-mai prosegue il suo impegno, con Uniti per Unire e con la C.I.L.I–Italia, a sostegno anzitutto della svolta di Papa Francesco: con la sua apertura totale all’ Islam e alle altre religioni, purchè vissute senza strumentalizzazioni politiche, e per la tutela anche dei giusti diritti di immigrati e rifugiati, nel rispetto della legge e senza scorciatoie demagogiche. Speriamo davvero che il 2017 sia l’anno d’una svolta costruttiva , per il processo di pace tra israeliani e palestinesi e per la lotta al terrorismo cieco e disumano”.
Infine, Aodi ribadisce l’urgenza che palestinesi e israeliani si mettano intorno a un tavolo per riprendere i negoziati diretti, senza interlocutori: come emerso ieri alla conferenza di Parigi, dove i leader mondiali, in rappresentanza di piu’ di 75 delegazioni, han ribadito la loro richiesta di impegnarsi fortemente, in Medio Oriente, a favore della soluzione “Due Paesi, due popoli, due Stati” .
Fabrizio Federici