La situazione dei teatri in Italia è difficile e i primi a pagare sono gli artisti che vedono restringere la loro possibilità di lavorare ottenendo compensi che permettano loro di vivere dignitosamente. Sono lavoratori che devono essere maggiormente protetti nel corso della loro vita lavorativa riconoscendo loro il ruolo di mediatore culturale in una società che cambia. Sono anche una componente del welfare poiché è grazie a loro che si fa teatro anche fuori dal teatro, nelle periferie, in luoghi di disagio. Questi spazi spesso sono offerti dai comuni, ma se non ci sono altre entrate gli artisti devono lavorare gratis o con cachet ridotti. Ma anche le grandi realtà teatrali sono in difficoltà e si dibattono tra l’obbligo di aumentare la produzione (magari senza troppo guardare alla qualità) e i finanziamenti pubblici che non sono certi nel tempo. Quelli che provengono da comuni e regioni spesso subiscono tagli importanti. Ad esempio i tagli operati dal Comune di Torino sono importanti e rischiano di abbattersi sui lavoratori che già ora non se la passano bene. Non bisogna dimenticare che oltre al personale dipendente dai teatri, sono parte essenziale le compagnie teatrali, costituite da tecnici ed artisti. Ridurre i finanziamenti e dire che magari le risorse si troveranno più avanti significa impedire di fatto il lavoro a questi lavoratori. Non fa rumore la compagnia che non trova lavoro e reddito, ma chi è attento al benessere dei cittadini avverte il frastuono di un palazzo che cade. Ogni volta che un teatro chiude, una compagnia teatrale smette perchè non ha condizioni di lavoro accettabile, si spegne un pensiero critico, una luce dell’intelletto.
Emanuela Bizi SLC CGIL Nazionale tel. 335 7590879