Nella nostra cultura, la parola teatro ha un accezione composita e può riferirsi ad impieghi eterogenei, con le parole arte e letteratura, economia e religione. La sua essenza non si traspone in cose ma in eventi.
Per l’associazione no profit L’Allegra Macedonia, la parola teatro è questo e molto di più. Chi sono i LAM? Detto fatto. E’ una delle tante tracce della playlisting che si ascolta quotidianamente, proveniente da quel mondo positivo quasi misconosciuto dei quartieri romani a cui stavolta si darà eco. Ecco aperta l’essenza citata pocanzi. Avete presente quei nuclei familiarsociali, che grazie alla scuola, si creano spontaneamente fra interessi comuni, richieste di compiti e feste di compleanno di figli birbe imberbi frequentanti la stessa classe e che si rigenerano attraverso legami di amici, colleghi, sorelle e fratelli minori e/o maggiori, cugini e via parentando? Non i semplici gruppi di facebook, whatsapp social&C. ma molto di più. L’associazione è costituita da persone di ogni età, adulti e ragazzi, che hanno scelto di eliminare la coniugazione devo e hanno il coraggio di pronunciare ad alta voce il verbo voglio. In comune c’è la passione infaticabile per il teatro. Ecco la connessione attiva che dal 2009 fa si che si realizzino spettacoli da proporre in pubblico. Ora parliamo pure di eventi. La prima messa in scena, foriera anche del nome, è del 2010: L’Allegra Macedonia, ovvero lo smeraldo rosa, di Dayana Nulli con la regia di Massimiliano Di Tommaso. Da allora sono state diverse le prime e le repliche che hanno riempito i teatri di parrocchia della zona sud-est di Roma, dal Cineteatro Don Bosco in primis, passando da qualche sala prove di scuola quindi al Teatro San Luca, fino all’Auditorium della Parrocchia di Santa Maria Addolorata in questo periodo. Da allora sono stati sempre frequenti – anche se con qualche ritardo abituale e qualche assenza – gli incontri dopo lavoro, dopo scuola o festivi per tutti i componenti indistintamente. Crew di gente tenace, non distrattamente coinvolta ed appassionata che ha portato in scena entusiasmando varie iniziative e lavori quali per esempio Quell’estate lì (in collaborazione con Il Centro Culturale Salesiano – 2013), Un posto per sognare (come nella vita sul palco tutti i membri dell’associazione coinvolti: la storia di una splendida avventura…la nostra – 2014), non mancando proposte di Inviti a cena con delitto davanti a un Tavolo stregato e Franco mi senti, mi senti Franco? (2016) includendo, naturalmente, i recentissimi E’ una caratteristica di famiglia (classico della commedia brillante ad opera dell’autore inglese Ray Cooney, molto conosciuta e rappresentata, ma riadattata con rilettura ad hoc; attori ragazzi; 10 e 11 marzo alle 20.30 e il 12 marzo con la pomeridiana alle 16.30) e l’originale inedito La terapia del tradimento (farsa italiana; attori adulti; 31 marzo e 1 aprile alle 20.30, 2 aprile con la pomeridiana alle 16.30). Un curriculum vitae non indifferente.
Si è davanti a storie di quartiere. Storie di vita. E insieme potrebbero fare Storia.
Il racconto ha l’esordio nel quartiere Collatino, V Municipio. E’ il 10 marzo scorso. Veicoli, semafori e clacson non sono mai esistiti. Si è davanti ad una parrocchia che si allunga ai margini dell’incrocio tra viale della Serenissima e viale della Venezia Giulia, a cui lo sguardo libero coglie da subito l’alta torre campanaria protesa verso il cielo bruno. La costruzione sembra recente. E’ la Parrocchia Santa Maria Addolorata, costruita tra XX e XXI secolo su progetto dell’architetto Sbardella, consacrata il 17 marzo 2001 dal cardinale Camillo Ruini, sede parrocchiale dal 14 gennaio 1958 e titolo cardinalizio istituito da Papa Francesco nel 2015. La scena è senza la giusta luce. Occasione rimandata per visitarne l’interno e scoprirne segreti e reliquie. Ecco l’auditorium. Veicoli, semafori e clacson continuano a non esistere.
Perché si è qui? Ricordiamolo pure. Si è davanti a storie di quartiere. Storie di vita. E insieme potrebbero fare Storia.
E adesso infrangiamo i limiti. A prima vista, quali sono obiettivi e propositi dell’Allegra Macedonia? Vogliamo diventare grandi! Questo è il messaggio affatto sibillino dell’associazione no profit che si scorge negli occhi del regista Massimiliano di Tommaso mentre parla della tregiorni dello spettacolo concluso e chiosando durante le prove di quello che è andato in scena per la prima volta venerdì – replica sabato sera e, ieri pomeriggio ultima data – che è lo stesso dei ragazzi e degli adulti, incontrati in più occasioni, per carpire testimonianze, esperienze e dietro le quinte, che è poi il medesimo messaggio che scorre nelle proposte teatrali di questo ultimo mese: due commedie brillanti, una riadattata e l’altra un inedito, somministrate per due weekend lunghi. Il leitmotiv per tutti è stato, è e sarà osare divertendosi. A questo punto, per portare avanti l’allegra cronistoria serve una Foto di Gruppo (di famiglia?).
Nessuna lode individuale, il merito dei risultati è dell’intera associazione, tanto dei ragazzi quanto degli adulti, chi più chi meno, in perenne compensazione, di volta in volta, lasciato a compiti e ruoli. Coordinati ed organizzati, apparentemente disciplinati, di iniziativa e aperti al confronto vanno dritti alla conquista della meta, tra imprevisti e problemi. Questa l’analisi prudente: è la prima impressione, dato che non si è assistito a disquisizioni che non fossero consigli o idee su personaggi e recitazione. Anche perché, così su due piedi, il mal comune dei LAM, sembra essere la perfezione, quella positiva e produttiva, quella che scaturisce dalla sfida e dalla decisione, dal dilettare e dal capire e correggere i propri errori, quella che sollecita comunque a fare di più e a dare il meglio di sé per essere il meglio. Altra nota. Costumi e scenografie si devono a riciclo continuo. Ed ogni volta attori e palcoscenico hanno una veste nuova. Decisione di stile? Possiamo crederlo.
Chiacchierando con loro si scoprono età, sogni e passioni per l’arte in generale, non solo quella del teatro in particolare. E’ la caratteristica di famiglia dei più. Partecipando al dietro le quinte giovani, gruppo di vecchia data con qualche new entry, che abbraccia minori, adolescenti e maggiorenni – tra incursioni regista e addetti ai lavori, selfie per profili social, innamorati tenebrosi, stivaletti da misurare, capelli da colorare, trucco e rossetti e matite e un ‘anvedi quanto so’ sexy davanti allo specchio – si è percepita la tranquilla incoscienza di andare in scena e la responsabilità dell’esserci vissuta in leggerezza. Il voga prima del BuioSala e AperturaSipario, il poi sono due atti, 2ore+ di divertissement. Pur di nascondere la verità, seguendo la trama, tanti sul palco gli equivoci, le battute e le situazioni particolarmente ridicole da rubare risate al pubblico a volte insieme agli stessi attori. Le bugie sono per natura così feconde, che una ne suole partorir cento, fa dire al bugiardo Lelio, il nostro Carlo Goldoni nell’ultima scena de Il Bugiardo (commedia in tre atti). La nota farsa brillante inglese diventa sinossi alternativa a passo con i tempi e a misura del gruppo LAM. Siamo sempre in procinto del Natale e dei preparativi per la recita di fine anno (preludio di metateatro?). La biondissima caposala (Claudia Colasanti) non manca, così l’infermiera gattamorta (Mariasole Dassiè) dalle vane avances esclusive al chirurgo Mortimore, né l’altruista dr. Bonney (Leonardo Remediani) e la simpatica mamma (Francesca Battaglia) che volentieri diventerebbe nonna, o il bizzarro e sorprendente dr. Connoly (Andrea Federici) e il paziente (Andrea) coinvolto suo malgrado e portato a spasso, dentro e fuori scena all’occorrenza. La novità? Il sergente di polizia non c’è, o meglio, è sostituito da La sergente (Silvia Tati), coda, notes e divisa impeccabile, che vorrebbe trovare una verità ma non ci riesce e si altera cercando di venire a capo degli strani orditi. Scompare anche il primario dottor Willoughby per lasciare il posto alla irreprensibile primaria in doppiopetto scuro (Irene Ianiro). La vera chicca però è per il Dott. Mortimore (Andrea ) chirurgo dell’ospedale Sant’Andrea di Londra – incastrato tra futuro, il discorso per la Conferenza Mondiale Ponsonby sulla Neurologia, chiave di volta per esaudire le sue ambizioni di diventare primario, tra presente, la dolce e sveglia moglie Rosemary (Ester Gottuso) e passato, l’infermiera Tate (Giorgia Di Tommaso), amante dimenticata che vuole dare un padre alle figlie con diciotto anni di ritardo. Già, avete visto e letto bene. Doppio colpo di scena: non c’è più il figlio naturale ma due figlie gemelle diciottenni in skinny jeans, borchie, giacca di pelle e capelli dai colori pastello con l’accento romanesco (Giulia Di Tommaso e Margherita Remediani). E anche i guai e l’ilarità raddoppiano. Fermiamoci qui, agli applausi e al consenso di 250 persone circa (secondo fonti di regia), senza rendere noto altro. Lasciamo la finzione del teatro e passiamo alla realtà della vita.
Segreti e curiosità cast, non in ordine di importanza ma con sequenza casuale di comparizione.
A rompere il ghiaccio è Silvia Tati, liceale russelliana quasi maggiorenne, empatica ed emotiva, con interessi per il campo della moda: la mia passione è quella di disegnare abiti. Silvia ammette di ritrovarsi negli urli e negli atteggiamenti stizziti e seccati del suo personaggio, il quale dovrebbe mettere ordine e salvaguardare la verità e che invece alla fine… questo non si dice!
Dal liceo scientifico Isacco Newton, ultimo anno, arriva con un simpatico Ciao a tutti l’altruista diciottenne Andrea Federici. Ragazzo che sa stare allo scherzo, Andrea nella commedia è persona mezza matta, nella vita non è ancora sicuro di quello che vorrà fare dopo.
Giorgia Di Tommaso, ancora diciassettenne, liceale dell’Augusto, giustifica le reazioni di Tate e ne ammira il coraggio nel crescere da sola le figlie ma non condivide l’atteggiamento Avrei messo subito in chiaro la situazione, perché il fatto di tenere un simile segreto implica un sacco di cose.
E’ il turno di Ester Gottuso, leggermente permalosa ma molto creativa, che ha conosciuto la compagnia teatrale grazie a Giorgia, coetanea e compagna di classe nella vita, ma rivale sul palcoscenico, a cui è piaciuto dover “odiarla” perché è l’amante di mio marito. Mi è piaciuto questo legame contraddittorio con la vita reale.
Ed ecco Andrea (uno dei tanti, sono in tre!) veterano de L’Allegra Macedonia, diciassettenne frequentante il liceo scientifico Cavour, che dichiara quanto il discorso alla conferenza, sia l’unica vera preoccupazione del Dott. Mortimore anche quando scopre di essere il padre delle gemelle, e in seguito sostiene che il personaggio non è molto etico. E’ stato un ex latin lover, flirta con l’infermiera…. Andrea confessa, nella vita sono l’opposto.
La prima delle due gemelle a raccontarsi è la dodicenne Giulia Di Tommaso, scuola media Vincenzo Bellini. Giulia, dopo la breve anagrafica, continua dicendo non mi rispecchio nel mio personaggio, sono una persona abbastanza tranquilla e ascolto disco-music. La coetanea Margherita Remediani, viene dalla scuola media Italo Svevo, e scopriamo essere la sorella di Leonardo, altro componente dei LAM e attore in scena, ed ex compagna di classe di Giulia, in quanto hanno frequentato insieme materna ed elementare. Margherita è la gemella un po’ dark un po’ emo. Trasgressiva come lo sono anch’io conclude.
Francesca Battaglia, quasi maggiorenne, liceo B.Russell, in scena è una vecchia sofisticata, che se la sente molto, al di sopra di tutti e che tratta il figlio come uno “stupido”. A quanto pare, nonostante il ruolo, ci dice che c’è qualcosa che accomuna la realtà con la finzione, ovvero il carattere forte, e riuscire a legarsi subito alle persone. Sono molto affettuosa.
Leonardo Remediani, diciassette anni, liceo scientifico Voltaire di Ciampino. E’ un crescendo Vesto i panni di uno “stupido tendenzialmente pacioccone”. Sono molto amico di Andrea, ma in realtà quello bello sono io. Fortunatamente nella vita non ho una mamma come Francesca!
Mariasole Dassiè, quindicenne solare, frequentante il Russell, al suo terzo spettacolo, ridendo afferma non sono come l’infermiera, ma mi danno buca allo stesso modo! riferendosi ai coetanei maschi. Fra le ambizioni di Mariasole c’è il piacere di continuare a studiare recitazione.
Claudia Colasanti è la caposala bionda con la voce da civetta e un modo di esprimersi un po’ esagerato, che adora essere mora nella vita e studia al liceo delle Scienze Umane. Sento molto il personaggio, anche se non sono affatto come lei. A Claudia piacerebbe esserlo, ed aggiunge Anche a mia madre piace molto il mio ruolo.
Siamo agli sgoccioli. A parlare tocca ad Irene Ianiro, diciassette anni e studente del liceo scientifico Gullace, che mette ansia come la direttrice dell’ospedale. E continua evidenziando Mi sono ritrovata perfettamente nella dr. Willoughby! Certamente davanti ad un eventuale tradimento non la prenderebbe molto bene, al contrario di quello che succede sul palcoscenico a primo impatto, dice, la prima reazione sarebbe di tagliare direttamente.
Andrea, è diciottenne e frequenta il liceo scientifico Newton insieme all’altro Andrea. Parlando della sua interpretazione spiega che il suo è il ruolo più comodo di tutti. Questo è sicuro visto che recito in pigiama e seduto. Non cambierebbe il suo personaggio per niente al mondo, gli piace fare lo stereotipo del vecchietto, ma spera che i suoi genitori, invecchiando, non gli somiglino.
Scambiando qualche parola con Massimiliano Di Tommaso, il regista, è venuto fuori che non è lui ad aver scelto la commedia, lo hanno fatto i ragazzi dopo che gli ha proposto cinque-sei sunti di copioni e relativi movimenti di scena, loro si sono innamorati di questa. Forse anche per l’idea del travestimento.
Seguiranno aggiornamenti
Maria Anna Chimenti