Quando Maria Grazia Chiappinelli realizza le sue opere lo fa sprigionando dinamicamente, attraverso un’espressività cromatica dirompente, tutti quei mondi che il suo universo emotivo ha catturato. Quelli che lei definisce i suoi “viaggi personali” sono infatti delle intense immersioni nel colore generate da un percorso composito ed elaborato, che confluisce nell’immediatezza del gesto pittorico che, sempre, passa attraverso le penetranti capacità percettive dell’autrice.
L’artista, che conta ad oggi la partecipazione a diverse mostre, fino al 22 aprile sarà presente con una delle sue opere, “Limpido”, a Palazzo Velli, una delle sedi dell’Esposizione Triennale di Roma.
Originaria di Foggia, è qui che, studentessa alle scuole medie, scopre la passione per la pittura grazie al suo maestro d’arte. “Con lui ho seguito dei corsi extrascolastici in cui ho appreso le basi della pittura come la prospettiva e il chiaroscuro -racconta- in quegli anni ho anche iniziato lo studio dei grandi maestri del passato”. Dà avvio, così, giovanissima, al suo percorso pittorico che si distingue, sin dal principio, per lo studio approfondito delle tecniche e della storia dell’arte, interessi che coltiva ininterrottamente.
“Poi mi sono concentrata sul lavoro –prosegue- ed ho realizzato il progetto che ritenevo il più importante della mia vita: la famiglia”. Ed è proprio da questo grande amore che nasce la firma con cui l’artista ancora oggi sigla le sue tele: “Dadia”. “Invece di pronunciare mamma, una delle mie figlie mi ha chiamato per la prima volta Dadia -spiega- probabilmente per assonanza con Grazia, che è come mi chiamano tutti in casa”.
“In quel tempo -aggiunge- mi sono dedicata alla famiglia, ai figli, ho seguito mio marito nei suoi percorsi lavorativi”. Soggiorna quindi in diverse regioni italiane, Sicilia, Campania, Emilia Romagna. In ogni città continua a coltivare le sue passioni, visita musei, mostre d’arte, edifici e luoghi storici, con un occhio sempre attento anche alle risorse paesaggistiche naturali che caratterizzano ogni territorio.
Diciotto anni fa il trasferimento definitivo a Ladispoli. Qui comincia a dedicarsi con più assiduità alla pittura, in realtà mai del tutto abbandonata. “Ho ripreso con l’astratto -prosegue- lavorando all’inizio sempre con i pennelli e con l’acrilico”. Ben presto però, la tecnica fino ad allora utilizzata comincia a starle stretta ed inizia, come lei stessa dice a “guardarsi intorno”. Studia e ricerca, elabora e sperimenta. Abbandona i pennelli, elimina il cavalletto e crea il suo nuovo laboratorio. Si addentra ancor di più negli effetti energici del colore ed intraprende una nuova strada che la condurrà a riversare impetuosamente sulla tela tutta la sua carica espressiva.
“Ho provato la nuova tecnica e non l’ho più abbandonata e, per il momento, non ho alcuna intenzione di farlo”. L’atto creativo diviene gestuale e immediato. Il colore si libera sulla tela seguendo i movimenti dell’artista. “Credo così di aver unito tutte le mie passioni -aggiunge- compresa quella per i documentari naturalistici che amo vedere”. Dalla natura, dalle sue meraviglie, dai fenomeni spettacolari Maria Grazia Chiappinelli trae la spontaneità che ci restituisce proprio attraverso quell’incontro di tinte forti e contrasti cromatici che caratterizzano le sue opere. È potente l’incandescenza rovente del magma sotterraneo, travolge l’onda marina che si immerge nell’incontro delle correnti, sgorga e s’insinua fluentemente l’acqua che defluisce dal ruscello.
Mentre realizza le sue opere, le tinte si fondono alla dinamicità di Dadia che crea mentre rivisita e riscopre. Sommerge il getto potente di “Pacifico”, diviene infinita la fugacità della leggerezza di “Piume in aria”, la natura riacquista la sua rigogliosità in “Soffio di Primavera”. In “Solfatare” l’artista catapulta l’osservatore in uno scenario suggestivo e desertico. L’evoluzione che ogni opera porta con sé segue così l’immediatezza dei processi naturali, ne accoglie e ne rivela il vigore che l’artista, nel suo laboratorio, fa rinascere attraverso quella profonda armonia che stabilisce nei suoi personali percorsi con la corposità e la fluidità dei colori.