Lunedì 29 maggio 2017 alle 17.30 presso l’Accademia Nazionale di San Luca verrà presentato il volume Un’estetica del simbolo tra arte e alchimia. Duchamp invisibile di Maurizio Calvesi (Maretti Editore, 2016).
Introdotti da Francesco Moschini, interverranno Lorenzo Canova, Laura Cherubini, Alberto Dambruoso, Alessandro Zucccari. Sarà presente l’ Autore.
“Alcuni amici hanno creduto di poterlo definire un vangelo del “concettualismo” anni Settanta: il mio Duchamp invisibile, pubblicato da Aldo Quinti (Officina edizioni) nel 1975, fu però presto esaurito e da tempo è impossibile trovarne una copia. Peraltro l’interpretazione di Duchamp in chiave di consapevole, sofisticata e sistematica assunzione mentale dell’alchimia, quale proposta per la prima volta in quel libro, è stata ripresa da studiosi italiani e stranieri, benché non di rado, soprattutto da parte di questi ultimi, senza la debita citazione: a cominciare dalla pubblicazione a più voci Marcel Duchamp Abécedaire, III, Parigi 1977, con citazioni di autori da me introdotti per la prima volta nella letteratura su Duchamp come Pernety e Kircher.
Altre volte la mia interpretazione è stata ritorta contro Duchamp, come nel caso di Mario Praz che condividendo la mia lettura in doppio del titolo del Grande Vetro, se ne avvalse per ridimensionare a banale battuti sta la statura del maestro. Infatti questi, incredibilmente, trova ancor oggi ostilità presso alcune penne eccellenti. Anni fa Gombrich, per citare un’altra sordità, non si peritò di definirlo “un buffone”; ma certo simili giudizi, piuttosto che ledere la statura di Duchamp, ridimensionano quella dei suoi detrattori. In realtà Duchamp rappresenta uno snodo fondamentale nel percorso accidentato dell’arte contemporanea, un binario “deviante” delle avanguardie che dopo gli anni Sessanta ha finito però per convogliare, a lungo, quasi tutte le ricerche di punta, anche se spesso con risultati non altrettanto limpidi. Conservatore nei contenuti almeno per certi aspetti, comunque ambiguo come credo che il mio libro abbia dimostrato, fu il più radicale rivoluzionario nella pratica dell’arte […]”.