Enrico La Rosa, Ammiraglio in pensione, frequentatore in gioventù della facoltà di Fisica presso la Normale di Pisa, laurea specialistica in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’ Università di Trieste, e in Scienze Marittime e Navali all’Università di Pisa, già rappresentante italiano in gruppi di lavoro NATO per il supporto logistico alle forze impegnate in operazioni multinazionali di peacekeeping, e in seguito addetto militare nell’Algeria dei massacri, poi ufficiale di collegamento tra la Marina italiana e quella bulgara, oggi è presidente dell’associazione “OMeGA” (“Osservatorio Mediterraneo di Geopolitica e Antropologia”). Un Centro studi, laboratorio di ricerca geopolitica e socio-economica sul Mediterraneo, che vuol ricoprire un ruolo soprattutto di “Think tank” in tutto quel che riguarda il “Mare Nostrum”: sul piano soprattutto della ripresa del dialogo inframediterraneo, fortemente compromesso, negli ultimi 7 anni, dall’ arenarsi delle Primavere arabe e dal perdurare delle mire delle grandi potenze. Con lui facciamo un bilancio dell’iniziativa di OMeGA “Lungo le rotte del corallo” (in ricordo degli storici “corallari” italiani e tunisini): un viaggio di pace, e di ricerca del dialogo, dalla Sardegna alla Tunisia, svoltosi nella prima metà di luglio, come parte essenziale del progetto “Rotte Mediterranee”, realizzato col supporto decisivo della Fondazione di Sardegna.
D- Ammiraglio, quest’iniziativa si articolava in una serie di convegni preparatori (tra Roma, quest’ inverno, e Cagliari, ai primi di luglio): anzitutto, che riscontro avete trovato, a Cagliari, nella società sarda?
R. Al convegno di Cagliari (nella sede dell’ex- Manifattura tabacchi), c’è stato un buon riscontro da parte dell’ opinione pubblica, specialmente di pubblico di nicchia, interessato alle vicende mediterranee, e di piccole e medie imprese agroalimentari. Da alcune delle quali abbiamo raccolto adesioni alla prossima edizione di “Rotte Mediterranee”: che vogliamo organizzare, nella primavera-estate 2018, come vera e propria Regata per la pace, per la realizzazione della quale sono già in corso contatti molto promettenti.
D. Come sarà articolata?
R. Mantenendo la formula della centralità del Mediterraneo, sia come mezzo da solcare e domare, sia per il suo grande potenziale evocativo e rievocativo (da Ulisse ed Enea ai navigatori arabi, ecc…), sia come palcoscenico di futuri incontri. Colloqui con interlocutori al di fuori delle ottiche politiche, scelti nella comunità intellettuale, delle professioni, del commercio locale e del mondo delle associazioni. Per l’appuntamento del prossimo anno punteremo sull’adesione di persone singole o coppie, desiderose di passare un breve e proficuo periodo in mare insieme a noi, facendo da cornice ai nostri incontri, disposte a noleggiare singoli posti barca su imbarcazioni modernissime e sicure, complete di ogni confort, cibo e bevande. A prezzi accessibili.
Si desidera, in definitiva, ritrovare le vie della pace e della cooperazione politico-economica nel Mediterraneo: in questo mare che – per citare un uomo come Giorgio la Pira – in fondo non è altro che un grande “Lago di Tiberiade”, continuamente solcato da barche (anche se ben più grandi di quelle che portavano Gesù e i suoi apostoli). Se poi vorranno aggregarsi anche barche della Marina, degli YY. CC. della Lega Navale, o altre ancora, non potremo che esserne felici. Mai come in questo caso, l’unione fa la forza.
D. E a Tunisi, poi, che situazione avete trovato?
R. Un clima tutto sommato sereno e pacifico, ospitale nei confronti degli occidentali, specialmente degli italiani: solo andando nei vecchi quartieri residenziali europei (dove hanno vissuto in passato francesi, italiani, ebrei, ecc…), oggi in gran parte abbandonati o comunque trascurati (mentre il resto della città è pieno di nuovi cantieri), percepisci chiaramente un certo vento di rifiuto del mondo occidentale. Frutto di quell’ ondata di radicalismo che sin dagli anni ’80-’90 ha iniziato a percorrere il mondo islamico, dal Mediterraneo, compresi anche i Paesi di storica tradizione laica (come Palestina, Algeria, Irak, e parzialmente la Tunisia), sino all’ Afghanistan. Ci è dispiaciuto, poi, il 5 luglio, visitando lo stupendo Museo del Bardo, scoprire la desolazione delle sale pressoché vuote; purtroppo è un luogo rimasto tabù, dopo l’attentato sanguinoso del 2015. Avevamo comunque un’ottima guida, che nella vita è anzitutto un regista cinematografico, autore, tra l’altro, d’un film sulle persecuzioni dei cristiani nel suo Paese. Sembrerebbe che la politica del Governo tunisino verso la religione cristiana segua abbastanza lo storico modello turco: è un culto, cioè, tollerato, purché non sia visibile e non faccia proseliti.
D.E che mi dice del convegno tunisino del 6 luglio?
R. Il 6, presso la sede dell’ Istituto Italiano di cultura della nostra Ambasciata a Tunisi (che ringraziamo ambedue calorosamente, per la perfetta organizzazione della cosa e il supporto logistico che ci hanno dato in tutti i modi), il convegno è ottimamente riuscito. Abbiamo cercato di capire le ragioni dello stallo del dialogo nel Mediterraneo e proporre soluzioni per avviarne il superamento: han partecipato al dibattito esperti di prim’ordine, come Mohammed Hassine Fantar, docente all’ Università di Tunisi e incaricato del Governo per il dialogo con le religioni, Germano Dottori, docente alla LUISS e analista per “Limes”, Marco Lombardi, docente all’ Università Cattolica di Milano, Mohamed Menzli, giornalista della radio tunisina, e altri. Forse era un po’ troppo chiedere ad una piccola associazione culturale come OMeGA di rilanciare un dialogo che l’attuale situazione del Mediterraneo impone come necessario; però, il nostro tentativo ha avuto riscontri interessanti, con domande complesse e precise da parte del pubblico, in gran parte tunisino.
D,.. Cosa è emerso, in particolare, dell’ attuale situazione del Mediterraneo?
R. Tutto lo scacchiere, oggi, è gravemente instabile: da un lato per le mire delle grandi potenze (acuitesi dal 2011, con le Primavere arabe, in cui si sono fortemente inserite, e le gravi crisi in Libia, Egitto e Siria), dall’altro per l’acuirsi dei contrasti su base religiosa. Il processo di secolarizzazione di istituzioni e società è pressoché sconosciuto, o comunque rifiutato. Nonostante tante Costituzioni d’ impronta liberale, in tutti questi Paesi l’Islam resta, in sostanza, la religione di Stato, con conseguente emarginazione di tutti gli altri credenti. E’ l’esatta fotografia d’una situazione fortemente cambiata in peggio, rispetto al passato, a partire dall’11 settembre 2001. Però, a parte pochi interventi improntati al malumore verso l’ Occidente e l’attuale dirigenza tunisina, dal convegno è emersa, nel complesso, una gran voglia di dialogo , soprattutto con Francia e Italia, essenziali punti di riferimento: il primo per motivi “coloniali”, il secondo per motivi regionali e di affinità storiche, corroborate da comuni percorsi.
D. Concludendo, che progetti ha OMeGa per il futuro?
R. Anzitutto, promesse di iniziative comuni con i Paesi dell’area mediterranea, tra i quali quelli maghrebini per primi, sia per prossimità geografica, sia per affinità storica. Cercheremo altri partner, iniziando da coloro che ci hanno aiutato all’esordio di quest’anno, e con essi organizzeremo altri momenti di confronto per rilanciare dialogo e cooperazione, stavolta su aspetti più immediatamente pratici. Svilupperemo le “Rotte Mediterranee” negli anni a venire, usando le barche come messaggere di pace e sviluppo sul e per il mare. Non solo a Tunisi, ma anche nella storica darsena dell’ Ammiragliato di Algeri, quello stesso porto dal quale partivano gli sciabecchi del Day d’Alger armati dai pirati barbareschi.
Nell’immediato, in autunno, organizzeremo a Roma un incontro, al quale inviteremo i relatori di Tunisi, un confronto di bilancio e di riflessione. Coglieremo questa occasione anche per lanciare la nuova edizione 2018.
Voglio ringraziare fortemente, in chiusura, tutti gli altri enti che ci hanno patrocinato e variamente sostenuto: Ansamed, le Ambasciate tunisina e algerina in Italia, la rete maghrebina del Ministero degli Esteri, l’Istituto per il Commercio Estero, ora Italian Trade Agency, la Lega Navale Italiana, la Federazione Nazionale della Stampa, lo Stato Maggiore della Marina, l’ Unione delle Università del Mediterraneo, l’Associazione Medici d’ Origine Straniera in Italia (AMSI), l’ Unione Medica Euromediterranea (UMEM), le Comunità del mondo Arabo in Italia (Co-mai), il movimento Uniti per Unire, e tutti gli altri.
Fabrizio Federici