A Castel Sant’ Angelo, monumento straordinario che permette ai visitatori di spaziare dall’antica Roma agli anni della “Grande guerra”, sino al 10 settembre, il finesettimana (dal venerdì alla domenica), nel contesto della rassegna “Art City”, ideata e organizzata da Edith Gabrielli, direttore del Polo Museale del Lazio, e curata da Anna Selvi, va in scena lo spettacolo teatrale “Castel Sant’Angelo allo specchio. I volti segreti della storia”. Vera e propria carrellata di personaggi storici, tra i grandi protagonisti del Cinquecento romano (e non solo): interpretati,per la seconda volta a Roma, dai bravissimi Alessandra Brocadello e Carlo Bertinelli, “colonne” dell’associazione culturale “teatrOrtaet”.
Fondata nel 2004, l’ associazione produce spettacoli basati sull’incontro fra tradizione e ricerca teatrale. Nel gioco di simmetrie e rimandi concettuali alla base del nome teatrOrtaet (“teatro” riscritto in forma speculare, con la “O” maiuscola al centro), Bertinelli rappresenta l’elemento legato al teatro di tradizione, mentre la Brocadello quello proveniente dal teatro di ricerca. Bertinelli, autore d’una decina di commedie, in teatro dal 1980, dal 1990 ha lavorato per Venetoteatro; poi, dal ’92, come addetto stampa e responsabile delle attività culturali per il Teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni”. Premio “Maschera d’oro della città di Padova ” 1996 per la miglior regìa, e “Maschera d’oro di Vicenza” del ’99 (miglior regìa e miglior spettacolo), dal 2004 si dedica soprattutto al lavoro in TeatrOrtaet, per il quale scrive parecchi testi, tra cui anche questi “Volti segreti” di Castel S. Angelo. Alessandra Brocadello, debuttata in teatro già nel ’95, laureata in Psicologia a Padova nel 2002, nel 2000 ha iniziato la sua formazione in teatroterapia: diventando, nel 2002, socio fondatore della Federazione Italiana Teatroterapia (FIT), e iniziando, nel 2003, il sodalizio artistico con Bertinelli.
In 2 spettacoli (alle 20,30 e alle 22, vedi i siti www.teatrortaet.it e www.visiteanimate.it ), i due artisti – con un ideale richiamo, diremmo, al celebre “Masaniello” (1975) di Roberto De Simone, spettacolo tra i primi a fare del pubblico dei veri spettatori dei fatti storici – ogni sera conducono il pubblico nel cuore della Roma del ‘500: inerpicandosi dal Cortile dell’Angelo al Giretto di Pio IV, sino alla fastosa Sala Paolina, il cuore degli appartamenti di papa Paolo III Farnese, con vista immediata sulla splendida Loggia di Giulio II ( fatta realizzare dal Pontefice, con responsabili dei lavori Giuliano da Sangallo e, forse, il Bramante, intorno al 1505).
La prima parte della “visita animata” è centrata sull’evento di cui quest’anno ricorre il cinquecentenario: l’inizio della “protesta” luterana con l’affissione delle 95 tesi (sulla porta del Duomo di Wittenberg, il 31 ottobre 1517). Un evento che cambia il destino delle genti germaniche, a cui Lutero ( il primo dei personaggi interpretati, con trasformismo alla Fregoli, da Carlo Bertinelli) fa appello, invitandole alla riscossa contro le esose tasse papali. Ma che ha anche profonde ripercussioni in Italia e nella capitale della cristianità; dieci anni dopo, infatti (1527), gli eserciti di Carlo V, forti anche di migliaia di lanzichenecchi luterani, nella guerra della Lega di Cognac (animata da Francesco I contro Carlo V) metteranno a ferro e fuoco a ferro e fuoco l’Urbe: un trauma, questo del Sacco di Roma, che- vedi le testimonianze di storici di rilievo, come il francese Andrè Chastel – cambierà nel profondo il clima culturale della penisola. Sempre Bertinelli, poi, è Papa Clemente VII Medici, che si rammarica di non aver colto appieno l’eversività di Lutero, sino a quando non si trova imprigionato appunto in Castel S. Angelo, assediato dai lanzichenecchi. Poi, la galleria dei personaggi femminili, resi con altrettanta versatilità da Alessandra Brocadello: Isabella d’Este, che ha indugiato a Roma per ottenere il cappello cardinalizio per il figlio Ercole e sfugge a malapena alla furia dei saccheggiatori, grazie all’intervento dell’altro figlio, Ferrante, generale degli Imperiali. Poi Giulia Farnese, artefice dell’ascesa della famiglia e musa ispiratrice di suggestive allegorie. Ma ci sono anche gli artisti decoratori di Castel S. Angelo: da Perin del Vaga, discepolo di Raffaello e principale decoratore degli appartamenti papali, a Michelangelo, autore, a Castel Sant’Angelo, della facciata della cappella di Leone X. Ci sono, infine, i portavoce delle esigenze d’ autentica riforma presenti nello stesso mondo cattolico: come il cardinale inglese Reginald Pole, legato pontificio alle prime fasi del Concilio di Trento, e la sua “figlia spirituale”, la poetessa Vittoria Colonna, tanto cara a Michelangelo.
La lettura degli stati d’animo e del clima culturale dell’epoca, infine, è agevolata da personaggi allegorici: Psiche, metafora mitologica del cammino iniziatico (concetto che cercava di raccordare tra loro cristianesimo e neoplatonismo) di elevazione dell’anima a Dio, e la Follia “elogiata” da Erasmo da Rotterdam. I visitatori giungono infine all’ultima tappa: che d’ un balzo giunge sino all’altro grande centenario attuale, quello della Grande Guerra, “follia” dell’Europa giunta, un secolo fa ( proprio ad agosto 1917, Benedetto XV definiva il conflitto in corso “un’inutile strage”), sull’orlo del suicidio. Alla Prima guerra mondiale, infatti, sono ispirate le decorazioni liberty di Duilio Cambellotti (1876-1960, artista meno noto di quanto meriti il suo talento) delle tre sale dell’ultimo piano del castello, che hanno ospitato le bandiere dei reggimenti italiani combattenti. La Sala delle Colonne, la Sala dei Corpi speciali e la Sala della Cavalleria vengono raccontate dallo stesso Bertinelli/Cambellotti, e da un personaggio femminile che esprime, nei versi di Ungaretti(“Si sta come d’ autunno…”), e nel canto della storica canzone “O’ surdato ‘nnamurato”, di Califano-Cannio (osteggiata,ai tempi di Caporetto, dalle alte sfere militari, perchè ritenuta un sostanziale invito alla diserzione!) l’emozione struggente della memoria.
Bravissimi i due interpreti, molto curati i costumi: sempre filologicamente precisi, studiati nei minimi dettagli, dagli interpreti stessi.