di Alberto Zei
Non diminuisce il debito italiano che invece, si incrementa attraverso lo sperpero improduttivo di pubblico denaro indirizzato all’imbonimento dell’opinione pubblica e al sovvenzionamento dell’occupazione territoriale in Italia dei flussi migratori.
Non è infatti difficile intuire quale sia stato l’interesse politico del famigerato Jus soli o delle elargizioni alla grande massa degli immigrati se i beneficiati avessero indirizzato i propri voti al mantenimento della stessa compagine politica che attualmente l’Italia si ritrova.
In queste condizioni non è tanto la problematica interna che condiziona il nostro Paese più di quanto non ci rendiamo conto ogni giorno attraverso le iniziative utilitaristiche del governo, quanto lo choc che potrebbe avvenire nel caso della ripresa della crisi in Europa in cui l’Italia è il fanalino di coda che vive di “rendita di posizione” per il fatto di appartenere allo stesso territorio.
Questo significa che l’Italia nella territorialità europea beneficia del medesimo tipo di vantaggio di un disoccupato USA che percepisce un reddito di disoccupazione ben più alto rispetto a quello del giusto guadagno di un ingegnere del Biafra nel proprio Paese.
La ripresa deli altri – La ripresa italiana di cui si sente parlare dagli esponenti di governo in termini trionfalistici, soprattutto alla televisione di Stato, riguarda in primo luogo il turismo estero che come si comprenderà, è l’espressione della ripresa economica degli altri Paesi che si possono permettere vacanze da noi.
Il turismo rappresenta un contributo di quasi 80 miliardi di euro; contributo di tutta rilevanza rispetto al Prodotto Interno Lordo (PIL) del nostro Paese.
Va anche detto però che questo incremento del valore sul Pil, non è dovuto alla intraprendenza delle iniziative consumistiche di beni e servizi, e neppure di nuovi investimenti, che in Italia rimangono in attesa di tempi migliori, ma al beneficio della ripresa degli altri Stati della Comunità. Questi infatti, in funzione delle entrate e degli investimenti loro, importano da noi soprattutto beni gastronomici e prodotti agricoli. Incidono su questi i prodotti della terra che l’Italia esporta all’estero ma che non risentono di innovazioni tecnologiche del nostro Paese, anzi, come si avrà modo di precisare in altra occasione, la nostra agricoltura sta perdendo competitività rispetto alle innovazioni sui tradizionali prodotti della terra, che in Italia, come è ben noto, sono continuamente sottoposti a controlli e rinvii per assurde ragioni ideologiche.
La continuazione per qualche anno ancora dell’attuale crisi, oppure una ricaduta futura, che come tutte le “ricadute” sono peggiori della stessa “malattia”, farebbe immediatamente crescere il debito pubblico e con questo la speculazione finanziaria. Sarebbe sufficiente un’altra condizione di flessione come quella del 2008 / 2009 o del 2011/ 2012. Che unitamente al flusso di immissione ad oltranza di manodopera non qualificata, o più semplicemente di braccia improduttive ormai stazionarie nel nostro Paese, comporterebbe ulteriori e non facili problemi per tutti.
Sembra quasi impossibile che la potenziale e creativa capacità italiana di intraprendere, di realizzare, di negoziare e competere con il resto del mondo, debba essere imbrigliata non dalla concorrenza straniera ma dalla dispersione interna delle risorse necessarie agli investimenti.
L’attuale compagine politica, infatti, si è ormai dedicata all’estremo tentativo dell’imbonimento ad oltranza dell’elettorato attraverso elargizioni senza alcun ritorno economico. Tutti quanti gli attori di questo gioco, mirano ai propri interessi.
La riprova si può riscontrare all’interno del nostro Paese a tutti i livelli, in special modo, dei cosiddetti “al di sopra di ogni sospetto”, e, che come tali si avvalgano proprio della loro commediante disinteressata posizione per ottenere quante più adesioni numeriche possibili, elargendo a piene mani non le proprie risorse, ma quelle degli italiani.