La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, ieri, lunedì 22 gennaio, dalle ore 11.30, nella Sale delle Colonne – al di là della scalinata con il branco dei grandi Leoni bronzei di Davide Rivalta e oltre i frontoni neo-neoclassici delle facciate primo novecento disegnate da Cesare Bazzani – ha presentato alla stampa Scorribanda, la mostra curata da Fabio Sargentini dedicata alla galleria L’Attico e al percorso temporale – fin dalla sua fondazione in Piazza di Spagna – di 60 anni d’attività.
Per l’occasione sono intervenuti Cristiana Collu, direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Claudia Palma, direttrice dell’Archivio Bioiconografico della Galleria Nazionale e Fabio Sargentini, curatore della mostra.
L’inaugurazione della installazione temporanea si è svolta nel tardo pomeriggio della stessa giornata, dalle ore 18.30 sino alle 21.00 circa. L’apertura al pubblico è per la data di oggi, negli orari di visita consueti, e proseguirà fino al 4 marzo venturo.
Ma perché una mostra su L’Attico? Per avere una risposta bisogna andare indietro di qualche anno, sessanta per l’esattezza, quando nel 1957, Bruno Sargentini, padre, fonda la galleria. La prima sede è in Piazza di Spagna, ed è qui che, in pochissimi anni, inizia successo e fama internazionale. Le sale de L‘Attico accolgono i maestri del panorama artistico dell’epoca: Capogrossi, Leoncillo, Fontana, Mafai, Fautrier, Brauner, Magritte, Matta, Permeke, Canogar. Poi è la volta di Fabio, Sargentini figlio, con le mostre sperimentali – Pascali, Kounellis, Pistoletto, Mattiacci – e il nuovo spazio del garage di via Beccaria.
Qui, né in breve e né in parte, alcun filmato o foto delle opere ospitate nella location riservata a La Scorribanda di una vita, magnificamente, sontuosamente vera, autentica, onesta, forte, muscolosa, che alza la testa, il sopracciglio, ride scanzonata o si incupisce, non si prende sul serio ma è bene non fidarsi che subito cambia umore. Un’architettura effimera, una giostra, una cintura stretta che vive nell’architettura del Bazzani del Salone Centrale., come ha dichiarato, in un estratto del suo intervento, la direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Cristiana Collu.
Digressione museartecnica. Il corpus di progetti, le collezioni e le offerte museali, sia permanenti sia temporanee, attualmente presenti ne La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, accostano, secondo un innato spirito di commistione, fatto proprio dallo status dell’arte nell’era della post-verità, capolavori nazionali e internazionali. Così è per Konrad Mägi, mostra senza precedenti europei – iniziata il 10 ottobre dello scorso anno, in occasione del semestre estone di presidenza dell’Unione Europea e in concomitanza con il centenario della fondazione della Repubblica di Estonia, prossima a concludersi il 28 gennaio – che regala ai visitatori i vividi dipinti, capolavori dell’artista estone del novecento, dal 1878 al 1925: una colorata produzione pittorica, quella di Mägi, anche testimonianza dei viaggi all’estero e delle corroboranti esperienze fuori dalla città natale, quali, per esempio, il soggiorno sull’isola di Saaremaa, svelatasi coerente al suo saper prendere un pennello, e le visite a Venezia, Capri e Roma; altrettanto è per la mostra – in chiusura il prossimo 28 gennaio – di flora e fauna, ovvero paesaggio animali e soggetti diversi, nelle opere di Filippo Palizzi L’universo incontaminato di un artista a metà ‘800, il quale fu fra i primi artisti ad effettuare una donazione di suoi lavori e costituire uno dei primi nuclei della Galleria Nazionale d’Arte Moderna nella sede del Palazzo delle Esposizioni, in via Nazionale, nel lontano 1885; allo stesso modo è per Time is Out of Joint, temporanea ancora in corso, visitabile sino al 15 aprile di questo anno, che tesse passato e presente e futuro di artisti e opere senza tempo – facendo a casaccio alcuni nomi: da Pistoletto a Klimt, van Gogh e Modigliani, Novelli e Monet, poi Fontana, Mirò e Clemente, quindi Rondinone, Schifano e Morandi – rispecchiando, nel percorso espositivo, la contemporaneità, fra reale e virtuale, espressa dall’attimo umano, fugace e comune e quotidiano, che sospinto al contempo da forze centrifughe e centripete di cambiamento, si afferma consono e pronto, a cogliere e concedere, senza limiti temporali, modali e spaziali, ovunque guidi curiosità, web e link. Ritorniamo pure alla Sala delle Colonne, nell’atrio monumentale dalle alte vetrate sul cortile adiacente.
A fine lavori, dopo i ringraziamenti, intorno alle 13.00, prima di aprire il sipario sulla Scorribanda nel Salone Centrale, per ultima, ma non per questo meno importante, è giunta la comunicazione, dalla direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Cristiana Collu, sul sito on line del museo e dell’aggiornamento performante, dai canoni richiesti ed espressi dalle nuove tecnologie, a garanzia, rispetto alla precedente struttura tecnica, di visibilità e feedback migliore, a risoluzione di future sfide e a soddisfazione di differenti pubblici, grazie anche alla accortezza di adottare l’uso di tre lingue per i contenuti: insieme ad italiano e inglese, è disponibile il cinese.
Il momento che passa, dall’apertura dei lunghi teli chiari, che dividono gli enormi ambienti, allo scoprire e calarsi nella visione complessiva dei lavori, proposti in un sinuoso tratto accattivante e continuo, di forme e colori e materiali e percezioni, piacevolmente rotto dalle opere disposte in mezzo alla stanza, ha riportato alla mente, e ha condotto a comprendere, le parole, di qualche minuto addietro, del curatore di Scorribanda, Fabio Sargentini, quando aveva affermato Ho voluto dare a questa mostra, che occupa tutto il Salone Centrale della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, un titolo che rispecchiasse lo spirito d’avventura che mi ha animato nella conduzione de L’Attico, la mia galleria d’arte. C’è infatti in “Scorribanda” un che di piratesco, di corsaro che mi piace. Esso si attaglia bene alla disposizione delle opere sulla parete, pensata da me come un racconto senza pause. L’idea, semplice ma efficace, si basa sull’annullamento della canonica distanza tra quadro e quadro. Lo sguardo non viene così a cadere necessariamente su una singola opera ma su una pluralità. “Scorribanda” è a tutti gli effetti un’installazione. Ed è semplice lasciarsi rapire – un gioco è attraversare il salone aggregante e ricolmo di dimensioni, luce e prospettive, azione, linguaggi e generazioni – e passare dalla foto al quadro e alla materia, dal blu energico di Favorevoli convergenze astrali nel giorno in cui sono stato concepito di Luca Padroni del 2012 all’immagine del terreno brullo e arato, ai solchi e alle zolle di Terra animata di Luca Patella (1967) e proseguire fin sotto al rosso vermiglio 3D del Primo piano labbra di Pino Pascali del 1965 per spingersi sino al ritratto familiare, inusuale e caratterizzante del modus operandi di Michelangelo Pistoletto, in Specchio di famiglia (1986), quindi giungere alle quattro grandi lastre nude, poco inclinate rispetto al piano del pavimento, posate alla parete, nei colori e nelle scritte indicative di Alba, giorno, tramonto, notte di Eliseo Mattiacci (1975-76) e tornare sui propri passi – come si fa quando si torna indietro per rileggere la frase di un libro e la notizia sul giornale oppure rivedere la scena di un film o la pagina di internet altresì rimirare l’articolo nella vetrina del negozio o riascoltare il brano musicale scaricato – e farsi attraversare dalle sensazioni a volte inquietanti o mistiche, altre rasserenanti e gioiose talvolta scomode e illogiche sprigionate dai 40 componimenti degli artisti, componenti dell’apparente contraddittorio e inconciliabile collettivo artistico, legati all’attività del gallerista dalla fine degli anni cinquanta ad oggi.
Maria Anna Chimenti