«Ci si rivolge sempre di più ad un nuovo modello di governance delle periferie che stanno diventando una reale Area Vasta, superando le vecchie articolazioni regionali, su un panorama geopolitico europeo in evoluzione . Operare un monitoraggio sulla omogeneizzazione tecnico-operativa delle attività dei piccoli comuni con atti di indirizzo e linee guida per la promozione e attuazione di iniziative di ricerca finalizzata all’ innovazione e al loro sviluppo è il compito che richiede la politica di coesione da svolgersi per i prossimi anni. Programmare, dunque, lo schema di stabilizzazione progressiva per le macro-aree del Mediterraneo sarà un compito complesso e fondamentale anche per il futuro del nostro entroterra.
Vogliamo ricordare che la Rete La Fenice da anni traina progettualità che vanno in questa direzione. Basti ricordare l’Agenda 2021 Modello Ciociaria per una Frosinone città metropolitana (progetto nato nel 2017) e Piccola Capitale ( progetto nato nel 2012 ) che pone le basi operative per la prima Provincia Smart italiana che si fa capofila di un percorso per una Frosinone Capitale del Mezzogiorno quale Smart Valley italiana della economia circolare –seguendo il modello integrato di cooperazione avanzata già attuativo per i Paesi membri della UE- .
Purtroppo il ritmo dello sviluppo delle regioni del Mezzogiorno, come in fondo quello dell’Italia, resta ancora distante dalla media europea (secondo il FMI, nel 2017 +2,3% nell’UE e +2,1% nell’Eurozona) e non è ancora sufficiente a “disancorare il Sud da una spirale in cui si rincorrono bassi salari, bassa produttività e bassa competitività, creando sostanzialmente ridotta accumulazione e minore benessere. Tuttavia, rispetto alle previsioni di luglio scorso, le stime aggiornate per il biennio 2017-2018 fanno registrare una significativa accelerazione del tasso di crescita di due- tre decimi di punto in entrambe le macroaree. Proseguendo a questi ritmi, il Sud recupererebbe i livelli pre-crisi solo nel 2025 “ con il rischio di una permanenza sulle già gravi conseguenze economiche, sociali e demografiche prodotte dalla stagnazione pregressa. Tuttavia, per il Mezzogiorno si possono agire interventi di politica economica complessiva che mirano “all’accelerazione del tasso di crescita nell’ambito del rilancio di una generale strategia di sviluppo italiana, in cui le regioni meridionali potranno svolgere un ruolo essenziale, mettendo a sistema i loro diversi vantaggi competitivi”. Insomma, un Mezzogiorno reattivo, che non è un vuoto a perdere tanto che nel biennio scorso ha contributo alla crescita del PIL nazionale per circa un terzo, una quota ben superiore al suo attuale “peso” produttivo ( Rapporto SVIMEZ 2017).
È una verità da ribadire in un momento in cui, dopo i referendum per l’autonomia di Veneto e Lombardia, si è riaperta la polemica sulla “dipendenza” patologica del Sud anche intorno al tema del residuo fiscale. Anche il minore impatto del progetto “Industria 4.0” sul PIL e sulla produttività del Mezzogiorno ci dice che la principale leva nazionale della politica industriale è da sola insufficiente a sostenere l’ammodernamento del sistema produttivo del Sud che appare ancora troppo limitato. Occorre pertanto adottare una strategia che può partire dal dotarsi di una leva di forte attrazione (come gli investimenti esterni, ad esempio le Zone Economiche Speciali) , attraverso il rilancio di investimenti pubblici nell’area colpita da questeallarmantiemergenze sociali e da gestire con i finanziamenti dei Fondi europei, per ritornare intanto ai livelli pre-crisi.
La crisi attuale non ha fortunatamente minato la capacità delle regioni meridionali di rimanere agganciate allo sviluppo del resto del Paese e dell’Europa, dunque le iniziative che in questi giorni stanno prendendo piede asostegno dell’autonomia e della macroregionalizzazione del Sud voluta da movimenti territoriali che diventano sempre più numerosi rappresentano il volano per l’auspicata svolta del Mezzogiorno a partire proprio dalla Provincia frusinate. Questo abbiamo sostenuto in passato e continueremo a fare nel presente».
Giuseppina Bonaviri