Trastevere, l’assemblea nel nobile cortile del Buon Pastore di via della Lungara. Donne baciate dal sole, in ombra, incorniciate da capelli sciolti o raccolti, estemporanei copricapo, foulards e cappelli; nascoste dagli occhiali e in tinti e vivaci vestiti, ora sedimentate su sedie e su panche. Donne tutte insieme, l’una accanto all’altra così come tante piccole e pregiate perle di un’unica collana. Donne quali sinonimo di equilibrio di ogni essere umano emancipato per divenire persona diversa e migliore e libera e protagonista. L’apparente immagine dell’esser leggere non sarà il tono del tema che seguirà nell’incontro aperto. L’appuntamento pomeridiano sarà il decantare palpabile di condotta e l’invito a partecipare per il riconoscimento dovuto all’opera incessante della Casa Internazionale delle Donne quale legame e luogo dell’anima delle donne, simbolo coeso di memoria non destinata all’oblio e esigenza collettiva del dovere della memoria. La tirannia del presente – citando Zygmunt Bauman per la rappresentazione dell’attuale società – come un colpo di spugna, sta cercando di cancellare una plenaria falda mnestica. Non si può rimanere indifferenti al destino di una realtà virtuosa messa in crisi.
Nel palazzo del seicento, proprietà del comune capitolino, ieri, dalle 15.30 in poi e per un paio d’ore circa, si sono susseguiti – dopo le nuove proteste dei giorni scorsi – nuovi interventi: alcune dichiarazioni di sostegno e altri suggerimenti pratici per attivismo a buon fine nei due impegni per la giornata di oggi, prima al Senato, dalle 11.00, e poi in Campidoglio, alle 18.00 in concomitanza ai presidi in loco. E’stato l’elenco di un pot-pourri di vertici e contestazioni a tutela dell’organismo autonomo romano: messaggi, mobilitazione diretta e trasversale a movimenti, associazioni e altre istituzioni italiane, europee, internazionali.
La Casa Internazionale delle Donne laboratorio dove si coniugano la politica di genere, l’incontro, le relazioni internazionali, la promozione dei diritti, della cultura, delle politiche, dei “saperi” e delle esperienze prodotte dalle donne e per le donne e che viene frequentata da oltre 30.000 donne l’anno, come specifica il sito, nelle persone delle sue attiviste e delle aderenti solidali, chiedendo di far crescere distintamente ed esponenzialmente l’attenzione informando quante più persone e organismi, pubblici e privati, affinché questi possano intercedere e non far procedere allo sfratto dell’immobile. Tanto l’arretrato di locazione, ammontante a 800 mila euro, che l’amministrazione comunale reclama dal consorzio che gestisce la Casa. Al discorso iniziale dei componenti ASP, la sequenza d’interventi a sostegno e consiglio sul da farsi. Solo qualche nome: Marina, Lia, Giulia, Genevieve, Marialuisa, Edda, Rachele, Serena, Marita, Nadia. Tanti i punti interrogativi nei momenti di riflessione. Tanti i vocali di protesta. Attacco politico? Senso comune della mala gestione? Perché non c’è un reale riconoscimento del debito? Che significa “riallineare e promuovere il progetto Casa Internazionale delle Donne alle moderne esigenze dell’amministrazione e della cittadinanza”? Perché vogliono trasformare la struttura in “un centro di coordinamento gestito da Roma Capitale, con cui le associazioni di settore potranno collaborare tramite dei bandi”? Perché vogliono sostituirci? Perché proprio un sindaco donna deve fare ostruzionismo e spingerci a chiudere la Casa? E via dicendo, ricordando la sorte di altre realtà socioculturali positive come il Cinema America e la situazione di precario equilibrio dell’Angelo Mai. La Casa Internazionale delle Donne preposta a valorizzare la politica delle donne, offrire servizi e consulenze, secondo le attiviste, è violata anche nel suo essere simbolo e coscienza dell’associazionismo civico cittadino: non si può mettere la parola fine e/o gestire una delle esperienze più significative che vede al suo arco la freccia di trent’anni di attività. Perché non risolvere la vicenda nel segno dell’economia del dono? Perché lasciare che logiche commerciali e di mercato, valore di scambio e partite doppie si sostituiscano al valore d’uso e o al valore di utilità che il servizio pedissequo della Casa ha realizzato ogni qualvolta ha soddisfatto un bisogno?
On line ancora la petizione e l’appello da firmare, nonostante la mozione a firma della consigliera del M5S, Gemma Guerrini sia stata approvata giovedì, 17 maggio scorso, e consenta lo sfratto dell’impianto autofinanziato e libero adibito ad uso sociale, assistenziale, storico, culturale e politico. Dal cortile della Casa Internazionale delle Donne il messaggio è stato Il femminismo non può essere istituzionalizzato, e ancora, Avere un dialogo con le Istituzioni non vuol dire cedere alle Istituzioni. La Casa non si tocca. Dal sito della Casa Internazionale delle Donne il messaggio è La Casa rappresenta anche un pezzetto della nostra storia, del presente e del futuro nostri e della città. E’ uno dei simboli delle battaglie e delle vittorie delle donne e ci aiuta, con l’impegno quotidiano che vi si svolge, a costruire scelte, passi che restano da compiere per superare discriminazioni e diseguaglianze. La casa siamo tutte. Tutte, anche Virginia Raggi. Prima di andar via, guardandosi attorno, lasciando il cortile e osservando le persone in giardino, la familiarità dei gesti comuni nei saluti, ascoltando i commenti e i ringraziamenti alle intervenute, scoprendo bambini silenziosi nel continuo del gioco, assistendo e intendendo parole di chi è seduto ai tavoli, canuto o riccioluto, dentro e fuori indistintamente anche nel breve momento di pioggia, si percepisce La Casa: è il portagioie inusuale e prezioso di piccole storie individuali e di grandi battaglie spartite in nome e per conto del rifiuto alle differenze e alle violenze spalmate sul tempo. E’ certamente fenomeno sociale, impegno qualificato e formante, percorso dinamico di costruzione personale e generale, conoscenza meritevole da custodire e tramandare ai posteri in una scelta di atto concreto e consueto, come hanno ribadito più volte le attiviste. Il significato di questa identificazione ha una portata straordinaria: la Casa è il femminile e il femminismo, essa è valore assoluto – concentrato e dilatato al contempo – di traccia indelebile del passaggio storico e di un’epoca tesa al futuro e non di una banale scorciatoia dal passato al presente.
Maria Anna Chimenti