Gianluca Petruzzelli è uno dei giovani artisti di talento che riesce sempre a lasciare la sua impronta in tutte le sue performance. Una firma d’autore nel mondo dello spettacolo. Un mondo che sa regalarti grandi soddisfazioni solo se sei disposto a metterci tanta passione e sacrificio ogni giorno. Non ci sono scorciatoie per chi decide di iniziare a fare della danza la propria professione. Perché sai benissimo non puoi risparmiarti mai se vuoi arrivare lontano. Che devi trarre dentro di te la forza necessaria per vincere tutte le “sfide”. Dentro e fuori il palcoscenico. Danzare e ballare è esprimere quel senso di libertà attraverso il proprio corpo, il proprio cuore. Attraverso la propria anima. Regalando emozioni e tanta energia. Ma affrontando le sfide sempre con umiltà. E lui di umiltà ne ha da vendere.
Lo capisci subito al primo incontro. La location era di quelle speciali. All’ombra del Colosseo. E in quel suo abbraccio all’Anfiteatro Flavio c’è tutto il suo amore per la sua professione e per la Città Eterna che lo adottato e amato dal primo giorno dal suo arrivo in tenera età da Fortaleza. Un amore che lui ha saputo ricambiare con grande serietà e professionalità. Un amore per la sua professione che traspare prima ancora dai suoi occhi che dalle sue parole. E quando ami così tanto il tuo lavoro le tue gambe non sentiranno mai la stanchezza. Perché i ballerini, come pochi al mondo, possono realizzare anche l’impossibile su un palcoscenico. Qualunque esso sia.
Gianluca Petruzzelli ha messo la sua firma in tanti spettacoli e progetti. Lo ricordiamo nel 2003 sul palco con “Grandi Domani” e nel 2004 con “Hot Time For Dirty Dancing (coreografie di Mauro Mosconi), nel 2006 “Amore” (coreografie di Franco Miseria), nel 2007 nel “Mp Zero” Tour, ed ancora nel 2009 in “Hairspray Grasso è bello” (coreografie di Bill Goodson), tra le ultime prestigiose partecipazioni c’è anche “Shine on ! The Pink Floyd Opera” (coreografie Fabio Massimo Casavecchia).
Dal 2013 è un valente insegnante con la B Evolution Art Factory di Fabrizio Campoli e si diletta con la “Ronin Crew” insieme ai colleghi Diego Ottaviani, Eleonora Pigliautile, Giada Liberati, Giulia Tarantino, nonché in perfetta sinergia con un coreografo del calibro di Giordano Luciani con cui ha condiviso proprio domenica 27 maggio anche l’edizione speciale del Cinecittà World Pride, evento in collaborazione con Queen Factory e AlterEgo. Perché Petruzzelli sul palco, in molti eventi nella Capitale, è da sempre anche un testimonial della lotta contro le discriminazioni.
Ma sicuramente il suo volto è ben noto da quando nel 2005 fu uno dei concorrenti di Amici, l’ormai consolidato talent show di Maria De Filippi in onda dal 2001 con formidabile successo per tutti gli aspiranti cantanti, ballerini, attori. Abbiamo voluto chiedergli se quell’esperienza per lui fu un trampolino di lancio o addirittura un rimpianto per non essere arrivato poi al traguardo finale. L’ex ballerino di Amici si confida in esclusiva per noi tra emozionanti ricordi e ambiziosi progetti.
E’ stata sicuramente una grandissima esperienza a livello personale perché era la prima volta che entravo a far parte della televisione in diretta davanti alle telecamere. Anche se i miei lavori precedenti erano stati televisivi ma fino a quel momento registrati come fiction, vi assicuro che è totalmente diverso stare davanti alle telecamere e per 24 ore al giorno. Perché è diverso anche il modo in cui ti devi porre, in cui devi apparire. Devo dire che è stata un’esperienza che mi ha dato la possibilità di conoscere tante persone interessanti, sia allievi come me ma anche professionisti del settore, ma anche un’esperienza in un certo senso brutta perché solo se arrivi in finale riesci a consolidare un rapporto anche con gli altri, se invece vieni eliminato vieni improvvisamente portato fuori da una dinamica che col mondo esterno fa effettivamente un po’ a cazzotti. Perché quando tu stai dentro sei sempre con i tuoi compagni, stai tutti i giorni con loro, hai un certo standard di vita, quando invece esci dalla porta di Amici non ti sarà possibile continuare ad avere lo stesso rapporto con loro ma anche con tutto quello che facevi durante il giorno perché avevamo praticamente con tutte le ore programmate. Fare il ballerino professionista significa che devi pensare solo a studiare e non puoi pensare di poter svolgere un lavoro: Amici era quindi il connubio perfetto perché potevi dedicare tutto il proprio tempo alla professione senza altri pensieri.
Da quella esperienza hai avuto in termini di pubblicità e visibilità un ritorno lavorativo?
Sì e no. Sì perché come insegnante aver fatto Amici ti regala sicuramente tanta visibilità, le persone ti riconoscono, anche per questa notorietà riesci ad entrare nelle scuole come insegnante, ma questo non significa necessariamente avere la strada spianata. Ti posso dire che ci sono stati tanti ballerini usciti da Amici che hanno affrontato delle audizioni, per entrare in un corpo di ballo, ma non sono stati selezionati. Quindi la sfida, quella vera, ricomincia ogni giorno quando chiudi la porta del reality e apri quella della vita quotidiana dove ti devi rimettere in gioco con tanta umiltà, sacrificio e professionalità.
Quindi bisogna essere più pronti ad entrare in un grande palcoscenico come Amici oppure bisogna essere più preparati quando le luci dei riflettori si spegneranno?
Quando sei ripreso h 24 dalle telecamere sei catapultato in un’altra dimensione. Non riesci ad avere un comportamento posato, hai un microfono e stai attento a tutto quello che dici. Poi con il passar dei giorni quel microfono per te non esiste più, anche per questo motivo che iniziano all’interno del gruppo tutte quelle liti, alcuni cominciano addirittura ad usare dei paroloni, perdi totalmente la cognizione che stai partecipando al programma, ad un certo punto è come quasi essere ad un bar a parlare con gli amici. Caso mai il difficile inizia dopo, quando ti devi gestire senza quelle luci dei riflettori che improvvisano si spengono dopo che eri stato portato su un piedistallo.
Ma venite preparati a gestire il dopo? Come si ritrovano le motivazioni una volta usciti da un palcoscenico di quel livello dove tutto è perfetto per doversi poi calare in realtà più piccole con tante problematiche sia strutturali che organizzative
Dipende dal modo in cui vuoi fare questo lavoro: se pensi dopo Amici di fare questo lavoro per diventare famoso allora conoscerai solo delusioni: c’è tanta gente che si è ritirata dalle scene perché non è stata capace di calarsi di nuovo nella normalità di tutti i giorni. Paradossalmente è proprio lì che deve uscire il tuo talento, quando ti chiudi quella porta alle spalle. Se vuoi fare davvero questo lavoro devi fare tesoro di quella esperienza personale di crescita e rimboccarti ogni giorno le maniche. Scrollandoti di dosso l’etichetta che sei quello di Amici. Amici, quindi, non è né l’inizio né la fine: per me è stata un’esperienza di passaggio. Ho fatto cose sia prima di Amici che dopo, anche a grandi livelli.
Quale di queste cose vai più fiero?
Sicuramente la tournée con il grandissimo Renato Zero nel 2007. Fu una tournée estiva, bellissima, emozionate dal primo all’ultimo giorno. Tre ore di assoluto spettacolo in sei diversi stadi. Ricordo il giorno che salì per la prima volta sul palco allestito all’Olimpico di Roma. Mi sentivo davvero minuscolo davanti a tutto quello stadio così gremito. Pensa che noi ballerini del corpo di ballo aprivamo con una sigla il suo tour prima che lui facesse l’ingresso in scena. Era un’emozione indescrivibile quando partiva la musica perché ognuno di noi doveva fare la propria presentazione mentre la gente urlava proprio per noi: sensazioni così forti, intense, quasi indescrivibili. Non vedevi l’ora di ritornare sul palco semplicemente per ridare alla gente quell’energia che il pubblico era riuscito a trasmetterti inondandoti di brividi. Furono otto date intense, girando l’Italia: Padova, poi 2 spettacoli a Roma, quindi Milano, Firenze, Bari e Palermo. Quando uscivamo in città la gente impazziva per noi quando ci riconosceva, io tra l’altro ero quello con le treccine blu.. Ad un anno da quel strabiliante tour Renato Zero ci richiamò per riunire tutto lo staff per una cena. Indimenticabile serata. Per me finora la soddisfazione più grande è essere riuscito dal palco a trasmettere qualcosa di bello al pubblico, con la consapevolezza quindi che non sono solamente quello che ha fatto Amici. Non esiste “io sono arrivato”, perché se si pensa di essere arrivati è proprio il momento in cui si smette. Ci vuole tanta forza, impegno, tenacia, caparbietà, ben consapevole che gli anni per studiare e migliorarti non finiscono mai. Ti devi aggiornare, ci vuole costanza nello studio perché nel mondo dello spettacolo cercano in continuazione un tipo di ballerino con caratteristiche diverse. Il che ti dà la possibilità di avere anche altri sbocchi lavorativi, teatro e animazione compresi. La mia fortuna più grande? Innanzitutto quella di aver potuto svolgere ininterrottamente questa unica professione prima come ballerino con grandi soddisfazioni dall’età di 18 ai 27 anni, poi intraprendendo la carriera di insegnante. La passione ancora oggi è grande e si deve sempre avere in questo lavoro la voglia di rimettersi in gioco. In ogni contesto. Perché la danza è una quotidiana scoperta e conoscenza.
Ma il segreto per non mollare, per non arrendersi quando si spengono le luci?
Le luci non devono spegnersi dentro di noi. E la cosa importante è anche saper cambiare. Nella mia vita mi sono trovato a studiare uno stile di danza perché tutti dicevano che era importante che io studiassi classico, moderno, perché gli altri stili non erano realmente danza. Io mi sono trovato in un momento in cui mi ero annoiato e ho detto “e adesso che faccio?”. La cosa che mi ha aiutato a svoltare è stato il fatto di non fermarmi a studiare con gli stessi insegnanti ma mi sono ritrovato a studiare con nuovi istruttori che facevano totalmente altri stili e quindi mi sono dovuto reinventare ogni volta daccapo. Lo dico sempre ai miei allievi: di non essere mai il loro unico insegnante perché ogni singola lezione è sempre un arricchimento e perché da ognuno si può apprendere qualcosa. Prima io ballavo per me, nella danza moderna una persona cerca sempre di mettere del proprio, mentre far parte di un corpo di ballo significa quasi annullare se stessi per il bene del gruppo. Essere tutti insieme un’unica cosa sul palco anche se si è in 15 a ballare. Respirare nello stesso identico momento, muoversi in perfetta sincronia, con la stessa energia.
La scatola dei tuoi ricordi è piena di emozioni. Ma avrai sicuramente nascosta anche la scatola dei progetti
In questo momento della mia vita è piena proprio la scatola dei progetti. I ricordi sono sicuramente belli e intensi ma sono concentrato su quello che ora trentenne voglio fare nella vita. E su quello che sto progettando per gli anni futuri. Fermarsi sui ricordi significa che sei arrivato al tuo punto massimo, invece oggi hai ancora voglia di mettere tutto te stesso in quello che ami, con lo stesso entusiasmo, la stessa passione, la stessa energia.
L’intervista con lui non avrebbe mai fine per la sua straordinaria capacità di ispirare creatività e fantasia. Imparando quasi a volare sulle sue parole. Come improvvisamente immersi su un palco. Perché la vera “sfida” è proprio questa: saper trasmettere emozioni.