È già da tempo, per gli amanti dello shopping, “la città dell‘Outlet” e “la roccaforte” di Rainbow MagicLand per i giovanissimi. Tuttavia, l’amministrazione comunale non ha mai smesso di puntare in alto per la sua Valmontone. È grazie al “vizio” per i traguardi ambiziosi se questa località a sud di Roma potrà essere ricordata d’ora in poi come il secondo paese della provincia (dopo Velletri) ad avere un proprio canile comunale.
«Finalmente, dopo aver superato tante difficoltà, siamo arrivati al termine» aveva annunciato qualche giorno fa su Facebook il sindaco Alberto Latini, invitando tutti i cittadini a partecipare all’inaugurazione del 1 giugno. Malgrado l’orario lavorativo, il piazzale di Valle Pantano si è riempito mezz’ora prima dell’inizio. È qui, in uno dei tanti cuori verdi di Valmontone, che nasce il progetto del canile, circondato da ettari di terra e lontano dal trambusto del centro urbano.
La serie di tonalità terracotta del mattonato esterno lascia il posto dentro a un piastrellato bianco, che si scurisce solo sulla base delle colonne. Percorrendo il corridoio, si fatica a credere che di canile si tratti: più di 20 moduli rettangolari in cemento scanditi da pannelli separatori e ombreggiati da alberi; ciascuno ha un proprio lavandino.
«Siamo abituati a pensare ai canili come luoghi angusti, dove i cani entrano ma non escono più. Stavolta è diverso» ha spiegato il veterinario di Valmontone Marco Ruffini. Per lui, quella di Valle Pantano, sarà una struttura dove i cani arriveranno, verranno accuditi e coccolati, e se possibile, dati in adozione.
«Contiamo di avere pochi cani, sebbene il numero di partenza di 120 sia alto» ha concluso il dottore che è una delle figure grazie alle quali il progetto destinato agli amici a quattro zampe più sfortunati, è divenuto realtà. Il canile comunale è l’esempio di come il bene comune e la cooperazione possano avere la meglio sui due nemici giurati della politica: il tempo e le rivalità.
Lo sa bene Alberto Latini, che prendendo la parola, ha iniziato con il ringraziare l’ideatore del progetto, colui con il quale per molto tempo si è conteso la scena politica: l’ex sindaco Angelo Miele, venuto a mancare la settimana scorsa. «Il canile è il primo pezzo di un puzzle che avrebbe dovuto portare alla nascita della “città dei cani”» ha ricordato il figlio Piero Miele, emozionato e riconoscente per l’invito.
Piero, da medico veterinario, ha rimarcato al sindaco la fortuna di poter contare su cittadini propositivi come i volontari dell’Associazione Zampe Valmontonesi, che senza interessi né profitti, si impegnano da anni a combattere il randagismo, prevenendo l’entrata dei cani in strutture private, sovvenzionate a pagamento. Il comune, in collaborazione con l’Associazione e tramite l’Azienda speciale, potrà gestire in proprio i cani randagi che oggi costano circa 120 mila euro l’anno.
Ma la situazione non è sempre stata “rose e fiori”. Il canile, completato in parte nel 2006, agli albori, era privo di depuratore e di impianti di scarico elettrici. Quando nel 2013 Latini, con l’appoggio del vicesindaco Veronica Bernabei e del consigliere Giulio Pizzuti, ha deciso di rimettere mano all’opera, grazie all’apporto dei fondi comunali e al contributo regionale (rispettivamente 60. 000 e 98 000 euro), sono emerse subito mille complicazioni. «Avevano persino rubato il rame nella canaletta di collegamento» ricorda ironico il dottor Ruffini.
Il canile, ora completato, diversamente dal disegno iniziale, sarà del tipo “rifugio” e non “sanitario”. Pochi sanno che, secondo la normativa italiana, un cane raccolto dalla strada, prima di giungere nel canile rifugio, deve trascorrere una degenza di 15-30 giorni in uno sanitario, le cui spese, qualora non sia pubblico, vanno a carico della Asl, ovvero dell’intera comunità.
“Questo potrebbe essere invece un canile sanitario comprensoriale, dove far arrivare tutti i cani provenienti da comuni convenzionati” ha spiegato Marco Ruffini.
L’inaugurazione di ieri, soprattutto per lui e la sua famiglia, ha significato molto. È a Giuseppe Ruffini, suo padre, storico veterinario del paese, che è stato intitolato il nuovo canile comunale. «Mio padre? È stato un punto di riferimento per la comunità. Tra la metà degli anni 60’ fino alla fine dei 70’, il medico veterinario condotto era solo uno. Aveva grande importanza dal punto di vista economico e sociale per tutte quelle famiglie che traevano sostentamento dall’allevamento di animali».
Dopo questa piccola grande vittoria, il comune di Valmontone si rimette in marcia, consapevole del bisogno di ridurre il numero dei cani del canile attuale ma fiducioso di poter migliorare giorno dopo giorno, il benessere degli animali. Che sia questa – come ha detto Piero Miele – l’inizio di una stagione, dove da parti contrapposte si possano combattere battaglie forti ma sempre leali che rendano grande la città di Valmontone. Il progresso di una comunità non ha colore, né etichette di partito.