La Violenza di Genere è un fenomeno di difficile misurazione, perché si sviluppa soprattutto negli ambienti più familiari, intimi, dove ognuno dovrebbe sentirsi più sicura e dove chiunque può trovarsi ad affrontare in totale solitudine una situazione che la vede opposta a persone vicine. Una delle ragioni per le quali, tale fenomeno rimane in ampia misura sommerso. Ciò è da ricercare nella prossimità con l’offender/autore dei crimini e nelle complesse e devastanti reazioni emotive-psicologiche, che la violenza (di fatto ciclica, episodica e reiterata) innesca nelle vittime. Secondo le elaborazioni effettuate anche dall’ISTAT, a partire dai dati del Ministero dell’Interno, sono state 149 le donne vittime di omicidi volontari nel 2016 in Italia. Analizzando più nel dettaglio la relazione tra autore-vittima di quei 149 omicidi di donne nel 2016, quasi 3 su 4 sono stati commessi in ambito familiare: 59 donne sono state uccise dal partner, 17 da un ex partner ed altre 33 da un parente per un totale di 109 casi su 149 complessivi. Nel 2014 l’ISTAT aveva stimato che, nel corso della propria vita, poco meno di 7 milioni di donne tra i 16 ed i 70 anni, ossia 6 milioni e 788 mila (quasi 1 su 3 per un totale di 31,5%) hanno subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale (dalle forme meno gravi come lo strattonamento o la molestia a quelle più gravi come il tentativo di strangolamento o lo stupro). Per quanto riguarda, la violenza sessuale, l’ISTAT stima in 4 milioni e mezzo le donne vittime di qualche forma (realizzata e/o tentata) di violenza sessuale nel corso della propria vita, in più di 1 milione di casi (1 milione e 157 mila) e si è nello specifico trattato delle forme più gravi, quali: stupro (652 mila) e tentato stupro (746 mila). Il 10,6% delle donne dichiara di aver subito una qualche forma di violenza sessuale prima dei 16 anni ed è purtroppo un aumento percentuale dei figli che hanno assistito ad episodi di violenza sulla propria madre, (dal 60,3% al 69% tra il 2006 ed il 2014), se il partner ha assistito alla violenza del padre sulla propria madre (36%) se ha subito violenza fisica da parte dei genitori (dalla madre). E’ bene ora includere e focalizzare l’attenzione su un altro aspetto specifico della violenza di genere: le molestie ed i ricatti sessuali in ambito lavorativo. L’indagine condotta nel 2916 si stima che siano 1 milione e 403 mila le donne che hanno subito nel corso della loro vita lavorativa, molestie o ricatti sessuali sul posto di lavoro, esse rappresentano circa il 9% delle lavoratrici attuali o passate, incluse le donne in attesa e/o in cerca di occupazione; a tal proposito i ricatti sessuali per ottenere e/o per mantenere un lavoro e per ottenere progressioni/avanzamenti nella carriera hanno interessato nel corso della loro vita 1 milione e 100 mila donne, pari al 7,5% delle donne. Solo 1 donna su 5 tra quelle che hanno subito un ricatto ha raccontato la propria esperienza, parlandone con colleghi (8%) molto meno con il datore di lavoro, dirigenti o sindacati, quasi nessuna ha denunciato alle forze dell’ordine il fatto (0,3%).
Emerge da ricerche nel nostro paese, che il 44% delle vittime di abusi sessuali sono al di sotto di 18 anni, il 15% sono al di sotto dei 12 anni e l’80% al di sopra dei 30 anni. La frequenza degli abusi sessuali è scesa al di sotto del 69%. Per lo più le violenze sessuali sono perpetrate da conoscenti, ossia persone con le quali le donne hanno rapporti amicali, di lavoro, coniugali, familiari o di semplice conoscenza e ciò spiega il perché del silenzio, e la mancata denuncia alle forze dell’ordine conseguente, da parte delle vittime (che avviene di fatto per vergogna, imbarazzo, senso di colpa, paura del pregiudizio negativo). Il 98,6% delle donne che ha subito violenza, sia tentata che consumata, non ha infatti parlato con nessuno e non ha neanche sporto formale denuncia alle forze dell’ordine, contro l’84% delle donne che ha sporto denuncia ed in concomitanza hanno anche parlato con le forze dell’ordine; il 28% di coloro che hanno parlato con un medico ed il 14% di coloro che hanno parlato con un professionista (medico, psicologo, assistente sociale etc), sono invece in numero minore le vittime che denunciano ed hanno parlato della violenza nel proprio ambiente privato. A tal proposito solo il 10% delle donne ne ha parlato con i familiari; il 6,6% ne ha parlato con un collega o con un compagno di scuola. La scelta di parlare o meno con qualcuno, come anche la persona con la quale parlare è legata a fattori socio-demografici: sono le donne più mature (55-59 anni) che più spesso non ne parlano con nessuno nel 42% dei casi, seguite da quelle di 35-44 anni per il 41% e le 45-54enni per il 35%. Le giovanissime invece non parlano con nessuno della violenza subita nel 19% dei casi, seguite dalle 25-34enni per il 20,4%. Sempre le giovanissime dichiarano di parlare di quanto successo più spesso con amici e vicini nel 47,6% o con un familiare per il 40,2% mentre dichiarano di non averne parlato né con un medico, né con le forze dell’ordine. In riferimento allo stato civile della vittima emerge che il 56,4% delle donne che hanno dichiarato di non aver parlato con nessuno di quanto accaduto è coniugata il 32%, l’11% è separata e/o divorziata, l’1,7% è vedova.
L’aggressione sessuale, in conclusione rappresenta una tipologia di crimine con un’alta percentuale di casi non denunciati, ma la vera difficoltà della donna a denunciare potrebbe essere collegata ad una mancata percezione di sé come vittima di reato. L’80% degli autori/offender presentano fantasie e/o disfunzioni sessuali.
Antonella Betti, Roma