La filosofia ha definito in modo diverso la percezione del tempo ma c’è un concetto che corrompe e altera tutti gli altri,’l’infinito”. L’esistenza di diversi ordini d’infinità e di diversi gradi di differenzialità, consente di fermare il tempo dando ad esso una alternativa razionale.
Fin dalle origini, la scienza si è occupata non del tempo in sé, ma della velocità del moto. È infatti più veloce chi copre lo stesso spazio in minor tempo. Aristotele (384 ÷ 322 a.C.) distinse vari tipi di moto nell’universo. Partendo dal presupposto che la terra fosse immobile al centro dell’Universo (che deriva da versum unum), analizzò due tipi di situazioni: una riferita al mondo siderale sopra la luna, che era considerato perfetto e si muoveva attorno alla terra; l’altra caduca, propria del mondo sublunare,imperfetto. Quindi gli oggetti che si muovevano correttamente con moto circolare sopra la luna erano elementi celesti, mentre quanto si muove sotto sarebbe caduto perpendicolarmente a terra senza più muoversi se non a causa di una forza violenta. Il moto del cielo era quindi circolare, uniforme, costante.
Una questione che è stata posta all’origine dell’indagine filosofica, è quella dell’essere o del non-essere del tempo. C’è chi ha messo in discussione l’essere del tempo, gli scettici. Molte delle riflessioni sul tempo sono state risposte alle loro argomentazioni. Qual è dunque il topos dell’argomentazione scettica contro il tempo? Il tempo non ha essere perché il futuro non è ancora, il passato non è più e il presente non permane. Ma c’è un essere del tempo e qual è? Proprio questa dimensione di profonda negatività del tempo è quella che ha più profondamente ispirato la meditazione filosofica sul tempo, perché da un lato avvertiamo questo scorrere, dall’altro però noi parliamo del tempo come qualcosa che appartiene all’essere (diciamo “le cose a venire verranno”, “le cose passate sono state”, “quelle presenti passano”).
Non è possibile allora definire con termini precisi che cosa sia il tempo, perché ogni cosa sembra essere affetta dalla sua presenza (sempre che questa sia accertata o quantomeno accertabile in qualche modo) e perché, in ultima analisi, vi sia la necessità dello scorrere del tempo all’interno delle dinamiche di evoluzione dei fenomeni della natura che sono accomunati da quest’unico fattore che ne determina l’impronta naturale più atavica. Poiché, per fare ciò, bisognerebbe anzitutto avere ben presente a livello empirico l’oggetto di cui si vuole ricercare la definizione più appropriata. E il tempo, che insieme allo spazio ha natura essenzialmente astratta, non è afferrabile in termini di cosa concreta né intellettivamente né tantomeno contingentemente. L’unico modo che l’uomo ha per accorgersi di quest’elemento (se così si può definire), presente e assente allo stesso tempo, intrinseco alla natura è dato dal cambiamento.
Pertanto l’uomo, che non può rappresentarsi in alcun altro modo, può capire in che maniera esso si manifesti e se si manifesti.Il tempo, sotto quest’aspetto, raggiungere il suo apice fenomenologico quando sopravviene l’ultimo mutamento finale decisivo che riguarda indistintamente ogni corpo, ogni essere vivente e che induce al medesimo effetto qualitativo a prescindere dalla costituzione interna dei singoli organismi: la morte.
L’indice della mortalità offerto dal fenomeno dell’invecchiamento lascia constatare all’uomo che è avvenuta a tutti gli effetti una progressione di successione temporale la cui sovrapposizione dei suoi singoli attimi di successione in agglomerati costituiti da diversi anni aggiuntisi gli uni agli altri ha portato, infine, alla fine del ciclo di vita di quel dato essere vivente che è invecchiato nel tempo e ha dunque esaurito la riserva di energia vitale che aveva in corpo.
“Nell’Apocalisse l’angelo giura che il tempo non esisterà più. È molto giusto, preciso, esatto. Quando tutto l’uomo raggiungerà la felicità, il tempo non esisterà più, perché non ce ne sarà più bisogno. È un’idea giustissima. Dove lo nasconderanno? Non lo nasconderanno in nessun posto. Il tempo non è un oggetto, è un’idea. Si spegnerà nella mente…”
(Fëdor Dostoevskij)