Non è stato per caso – ha ammesso. Lo stabile di Via dei Lucani lo frequentava da tempo ormai. Di questa fortezza del malaffare nel cuore di San Lorenzo, conosceva i meccanismi e i volti, anche quello di Desirèe. Per questo il teste ascoltato dalla questura non ha esitato un attimo: «Quella sera ero nel palazzo e ho visto Desirèe stare male». Secondo la testimonianza affidata agli inquirenti, la giovane sarebbe stata circondata da 7/8 persone che le avrebbero dato da bere per farla riprendere. «Alla fine» – ha raccontato – «qualcuno verso l’una di notte ha chiamato i soccorsi».
A sei giorni dal ritrovamento del corpo senza vita di Desirèe Mariottini, la sedicenne di Cisterna di Latina, nel quartiere universitario della Capitale, cominciano ad emergere i primi dettagli. Finiti in manette per ora Mamadou Gara di 27 anni, Brian Minteh di 43 anni e Chima Alinno di 46, con l’accusa di omicidio volontario e violenza sessuale di gruppo. Eppure troppe domande restano anche senza risposta: perché si trovava lì? Chi c’era con lei? Ma soprattutto, Desirèee conosceva le persone che dopo averla drogata, l’hanno violentata fino a toglierle l’ultimo respiro?
Chi conosceva Desirèe – come l’avvocato di famiglia che ha parlato ai microfoni di Storie Italiane su Rai 1 – la ricorda come una ragazza normale con la passione per l’arte: un tipo un po’ esuberante ma ingenua in fin dei conti. Non ha potuto negare il legale, un piccolo cambiamento nell’ultimo periodo: «era più nervosa e meno precisa». Ma di certo, lontana anni luce da quel ritratto di giovane problematica attaccata alla droga e senza una famiglia alle spalle che i media stanno tratteggiando da giorni.
L’ennesima storia che sa di droga e di malessere giovanile, di degrado urbano e integrazione, è stata consumata prima ancora che dalle lacrime di dolore dei famigliari, da scontri di piazza e da polemiche politiche.
“Sciacallo, sciacallo” ha urlato in blocco il corte di manifestanti che a S. Lorenzo si è opposto alla visita del Ministro degli Interni Matteo Salvini, scortato da uno stuolo di guardie e uomini della polizia. Nonostante gli attimi di tensione, il ministro non si è dato per vinto, anzi: ha iniziato una diretta Facebook e si avvicinato per parlare con tutti quei residenti che lo applaudivano dopo anni di denunce cadute nel vuoto: «Serviva il morto? Noi vogliamo la sicurezza dei nostri figli e solo lei ministro ce la può ridà».
Se Salvini da Twitter promette che “le bestie assassine marceranno in galera” lanciando l’ennesima invettiva contro i “quattro idioti dei centri sociali”, il Capo della Polizia Franco Gabrielli respinge al mittente le critiche ricevute negli ultimi giorni riguardo alla mancanza di controllo nella città: «Noi il nostro lo facciamo. Ma la sicurezza è un concetto complesso che prevede la partecipazione di più soggetti». Viviamo in un paese» – dice – «dove si è pensato che le forze dell’ordine fossero troppe, così è stato bloccato il turn over e tagliati gli stipendi».
Francesca Del Bello, Presidente del II municipio, ha posto un altro tema all’ordine del giorno: «c’è un problema sociale alla base, le ruspe e la violenza non servono». Intervistata a inBlu Radio la Del Bello ha lanciato un affondo – seppur velato – proprio contro Salvini: «Ci sono dei toni da parte della politica che sono inaccettabili. Chi governa ha l’obbligo di far capire che il problema sicurezza e illegalità è a prescindere del colore della pelle».
Un minuto: per un minuto l’assemblea capitolina ha ricordato la giovane sedicenne in silenzio, sotto richiesta del consiglio del M5S, Pietro Calabrese. A Via dei Lucani invece, tra preghiere e i cortei, la sfida più grande è fare in modo che il silenzio dell’indifferenza non cali di nuovo.