Dopo l’approvazione a febbraio da parte del Senato, sbarca alla Camera la proposta di legge costituzionale che mira alla riduzione del numero dei parlamentari.
Il testo di legge prevede – nello specifico – la riduzione dei deputati da 600 a 400 e dei senatori da 315 a 200. Con un copione identico alla prima Camera, anche oggi il PD è tornato ad opporsi alla proposta del governo spalleggiata da FI e Forza Italia giudicandola un vero e proprio “pasticcio” legislativo ( queste le parole del capogruppo Delrio).
D’altro avviso Riccardo Fraccaro, il Ministro per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta, che ha avviato lo scorso 12 luglio 2018 la discussione in Commissione affari costituzionali per la riduzione dei membri delle due camere, poi inserita tra le linee di intervento presenti nel DEF 2019.
“L’Italia è il Paese con il più alto numero di rappresentanti direttamente eletti in Europa, un record negativo” – commenta da Facebook il ministro Fraccaro, tornando a far leva sui 500 milioni che gravano a ogni legislatura sulle casse dello stato e al malfunzionamento frequente del Parlamento.
Non per tutti però, il taglio di 230 deputati e 115 senatori consentirà alle istituzioni di rispondere meglio alle istanze dei cittadini. Il deputato PD Graziano Delrio ha parlato di “rischio di scollamento tra i territori e i parlamentari eletti in collegi molto più grandi di ora”. Il PD – da parte sua – non si oppone alla riduzione ma alle modalità con cui il Movimento 5 stelle vuole metterla in pratica.
L’unica alternativa valida per il PD resta quella contenuta nella riforma Boschi-Renzi, bocciata dal referendum costituzionale del novembre 2016: una sola camera, con garanzia di rappresentanza degli enti locali e regionali. Un progetto che porterebbe al taglio di 155 posti in più di quelli contenuti nella riforma pentastellata.
In ciascuna delle due ipotesi, come riportano i documenti della Camera , il diverso numero di deputati e senatori si rifletterà su diversi profili che vanno dal numero dei componenti delle Commissioni parlamentari ai Gruppi parlamentare passando per il procedimento di voto del Presidente della Repubblica.
L’altra misura al vaglio della riforma prevede di stabilire a 5 il numero massimo di senatori a vita. La modifica è finalizzata a sciogliere il nodo interpretativo dell’ articolo 59 della Costituzione: se il numero di cinque senatori di nomina presidenziale sia un “numero chiuso” o se ciascun Presidente della Repubblica possa nominarne cinque.
Questa seconda possibile interpretazione è stata seguita peraltro solo da due Presidenti della Repubblica (Pertini e Cossiga).
Nel frattempo Gennaro Migliore (PD) ha denuncia il fatto che la maggioranza abbia dichiarato inammissibili le richieste di modifica del Pd e promette insieme con Stefano Ceccanti di ricorrere alla Corte costituzionale se la presidenza li casserà come già avvenuto in Commissione.