L’Uroboro ,dal greco οὐροβόρος, dove οὐρά, urà, sta per “coda” e βορός, boròs, sta per “mordace”, aggettivo riferito al serpente) è l’immagine di un serpente che si morde la coda e la inghiotte. Questa diffusissima figura simbolica rappresenta, sotto forma animalesca, l’immagine del cerchio personificante l’ eterno ritorno.
È un simbolo molto antico associato all’alchimia, all’ermetismo e allo gnosticismo, rappresenta la teoria dell’eterno ritorno, la natura ciclica di tutte le cose. È associabile a tutto ciò che può essere rappresentato attraverso un ciclo che, dopo aver raggiunto la propria fine, ricomincia dall’inizio ancora una volta, all’infinito.
Esso sta ad indicare l’esistenza di un nuovo inizio che avviene tempestivamente dopo ogni fine. In simbologia, infatti, il cerchio è anche associato all’immagine del serpente che da sempre cambia pelle e quindi, in un certo senso, ringiovanisce. L’Uroboro rappresenta il circolo, la metafora espressiva di una riproduzione ciclica, come la morte e la rinascita, la fine del mondo e la creazione.
Può essere associato anche al simbolo dello Yin e Yang, che illustra la natura dualistica di tutte le cose e soprattutto gli opposti che si completano a vicenda.
Il serpente, uno dei più vecchi e più diffusi simboli mitologici,le sue caratteristiche hanno molto spesso spinto l’uomo alla sua associazione a temi sovrannaturali e ultraterreni. Per esempio il suo veleno è associato, come le piante e i funghi, al potere di guarire, avvelenare, o donare una coscienza espansa (addirittura l’elisir di lunga vita o d’immortalità): il cambiar pelle lo rende inoltre un simbolo di rinnovamento e rinascita che può condurre all’immortalità.
È stato un simbolo fondamentale presso le popolazioni precolombiane, mediorientali, presso gli egizi, i celti e tante altre, ma forse è meno noto ai più il fatto che fosse un animale sacro anche presso le popolazioni del Nord e Centro America: in questo caso raffigurava e simboleggiava la rinascita. Il serpente perde la propria pelle quando è giunto il momento propizio ed è passionale fino alla morte.
È anche mutevole in base alla situazione, talvolta tranquillo per ipnotizzare l’avversario, altre volte rapido e letale con il suo morso velenoso. Passionalità e voglia di uccidere quindi.
Rappresentato in moltissime culture e nelle più disparate situazioni: per esempio il serpente che avvolge con le sue spire un bastone o un albero indica il potere (bastone) che si afferma attraverso l’evoluzione (serpente) fino a permeare l’intero pianeta.
Nella simbologia alchemica l’Uroburo è l’immagine allegorica di un processo, in sé concluso, che si svolge ripetutamente e che avviene attraverso l’aumento della temperatura, l’evaporazione, il raffreddamento e la condensazione di un liquido, ciclo che serve alla raffinazione delle sostanze. Per questo motivo il serpente, che va a costituire un cerchio, è spesso raffigurato con due creature che collegano la bocca alla coda. La creatura superiore, segno della volatilità, è rappresentata come un drago alato, quella inferiore, senza ali, come espressione del fisso.
L’incesto filosofale (coniunctio oppositorum) dell’Alchimista che realizza il filius philosophorum, l’immortale Androgino, che si identifica nella Pietra Filosofale, la sua nascita associata ai pianeti. Infatti il Rebis non è che il prodotto delle nozze alchemiche tra il Mercurio, la donna, il principio lunare, e lo Zolfo, l’uomo, il principio solare.
“La Materia Prima si estrae da te, tu sei la sua miniera, la si può trovare presso di te e trarla da te, e dopo che ne avrai fatto esperienza aumenterà in te l’amore per essa” (Testamentum o Liber de compositione alchimiae di Morieno, trad. latina del 1144)
Il simbolo del serpente così diffamato, non ha nulla di malvagio, né di Satanico e tanto meno di diabolico, perché è il veicolo portatore di vita all’intero creato ed è “penetratore” in quanto è lui il “Christi Serpentis” che si perpetua in eterno senza principio né fine, attraverso le generazioni e in tutti gli Universi.