Linda Edelhoff è una scultrice italotedesca, nata a Iserlhon nel 1975. Si è laureata in scultura all’Accademia di Belle Arti è attualmente insegnate di discipline plastiche.
Realizza sculture in cui sovrappone e assembla altri materiali quali: tessuti, resine, metallo e cemento. In ogni sua scultura, il lato emotivo del fruitore viene immediatamente coinvolto con forza. Le Figure in terra cotta bianca partono da una sorta di iperrealismo che sfocia nell’ immaginario fantasy. Le sculture di L.E. Colpiscono per una particolarità: rospi che si poggiano pigri e morbidi sul capo, sulle spalle, sulle labbra di corpi femminili e a volte maschili.
L’ uomo vive in questo territorio chiamato mondo, dove poche anime conoscono il vero significato dell’ amore, un mondo dove anche i mali del secolo affliggono e decidono la sorte della nostra esistenza. Il rospo estrapolato dalla fiaba del principe ranocchio rappresenta la metafora dell’amore, che è poi la chiave di lettura di ogni sua scultura. L’anfibio è il narratore che racconta grandi storie d’amore, poggiato al petto metaforicamente si sostituisce al battito del cuore, in cui il ritmo incessante pulsa dentro al petto, generando forza e coraggio di vivere la vita come il dono più prezioso. L.E. realizza sculture che descrivono l’ universo femminile. Donne passionali, fragili e forti, che si svestono di abiti velati paragonati simbolicamente a rimorsi di vita, donne che comunque restano dignitosamente fedeli a se stesse. Donne e uomini calvi perché sono intesi come guerrieri di vita; anime fragili che perdono vanità, volti sognanti di un mondo più essenziale. Il sogno come tema, figure dormienti e desiderose d’amore, figure che gioiscono, che vivono di passione mordendosi un labro o che baciano per assaporare la vita.
Il rospo è una figura simbolica che denuncia il bisogno della comprensione, della condivisione, della speranza. E’ il pensiero continuo dell’uomo che cerca l’amore.
Le sculture di L.E. presentano superfici a tratti lisce e ruvide ed è grazie a queste variazioni materiche che le sue opere sembrano molto fedeli alla realtà anatomica e fisica.
Dalle mani la tensione artistica ed emotiva si trasporta con accurata precisione all’argilla, creando figure armoniose di carattere esprimendo così espressionisticamente ogni stato umorale ed esistenziale possibile.
“Le bambine giocavano con le bambole, io giocavo con la terra”.
E’ una sua affermazione, sin da bambina la terra come primo “giocattolo” la materia principale utilizzata per creare più o meno consapevolmente i suoi primi bozzetti.
“Oggi nel mio laboratorio è il mio diario, la mia valvola di sfogo, è la materia malleabile in cui si assorbono i miei pensieri più personali. Le mie sculture sono attori e attrici che recitano ciò che io desidero raccontare, sono figure che osano dire ciò che rimane in silenzio. Sono storie di amanti e di amori dello stesso o di diverso sesso, sono storie di vita vissuta, dove posso raccontare molto o poco o lasciare che sia lo spettatore a sentirsi protagonista di queste storie”.
Anna Rita Santoro