Si è svolto sabato 16 novembre il convegno con l’INPEF, l’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare, che mette in correlazione gli omicidi familiari con gli studi forensi, ossia la branca della giurisprudenza che sta prendendo sempre più piede e che sta accrescendo la validità dei risultati ottenuti da numerosi settori scientifici. Le moderne scienze forensi possono, di fatto, dare al risultato la precisione scientifica che aiuta nella risoluzione di omicidi e di casi giudiziari ancora irrisolti.
Il convegno ha quindi avuto lo scopo di formare i presenti sull’utilità di tali studi in merito ai delitti che si consumano nell’ambiente familiare; non è un caso, infatti, che oggi molte testate titolino “La famiglia uccide più della mafia”. L’affermazione trae, infatti, le proprie fondamenta da statistiche tragicamente vere. Nel 2016 ogni due giorni è stata uccisa una donna per mano del proprio uomo ed in quello stesso anno oltre l’82% dei delitti commessi contro le donne rientrava nella categoria dei femminicidi. Donne diverse, ma accomunate da un triste destino; donne che nella propria casa, quel luogo che nell’immaginario comune è sinonimo di amore e sicurezza, hanno trovato paura, sofferenza e persino morte.
Ma le donne non sono certo le uniche a non poter trovare riparo e accoglienza all’interno del nucleo familiare: anche i bambini, purtroppo, soffrono per violenze e delitti che si annidano tra le maglie di un tessuto sociale che è quello della famiglia, un guscio che dovrebbe proteggere dal male esterno e che spesso invece cela un male ancora più dilaniante al suo interno.
La dottoressa Vincenza Palmieri, fondatrice e presidente INPEF, non ritiene sia accostabile il concetto di mafia a quello di famiglia: «Per quanto evocativo non abbinerei mai la mafia alla famiglia, perché la mafia è flagello della nostra società, la famiglia è ciò su cui il nostro Stato si fonda. La famiglia deve essere sostenuta e appoggiata».
«La scienza ci offre delle possibilità analitiche eccellenti. Ma ancora oggi non abbiamo maturato la cultura della catena di custodia, la cura delle tracce e dei reperti da cui traiamo le risposte fondamentali» ha asserito il generale Luciano Garofalo, già biologo forense. «Si apre una nuova parentesi per l’entomologia forense, nota come la disciplina che stima i tempi dei decessi. In questa particolare circostanza, invece» ha dichiarato l’entomologo forense Stefano Vannin «verrà utilizzata come elemento di prova per dimostrare se una persona è stata abbandonata e se nessuno si è preso cura di lei. In questo caso gli insetti riescono a far capire se i tempi di cura della vittima sono stati davvero rispettati da chi circondava quest’ultima».
«La pedagogia familiare è utile soprattutto nella fase di vicinanza e assistenza alle vittime. E’ fondamentale capire che per affrontare il caso di un episodio criminale, soprattutto se questo accade in famiglia, bisogna conoscere le dinamiche tra i suoi componenti e le abitudini di vita» ha poi concluso Stefania Petrera, pedagogista familiare e giudice onorario.
Anna Catalano