Riapertura Forlanini, la polemica va avanti da alcuni giorni ma il tema è troppo serio per indulgere in attacchi tra il fronte pro apertura e quello contro. Per questo abbiamo voluto ascoltare dalla viva voce di chi questa battaglia sta portando avanti, quali siano le proposte in campo.
Massimo Martelli, primario chirurgo toracico per venticinque anni nell’ospedale specializzato in tali patologie, sostenuto da centomila cittadini che hanno firmato in pochi giorni una petizione online, ci spiega come si potrebbe fronteggiare l’emergenza creata dalla epidemia di Covid-19. «Si può ripristinare una parte per dare una risposta tempestiva all’emergenza Covid-19 creando cinquanta posti di terapia intensiva a supporto dello sforzo che sta facendo la Regione Lazio. La parte monumentale del Forlanini, pur essendo stata abbandonata da cinque anni, non presenta caratteristiche strutturali così critiche da impedirne un restyling celere. Ci sono squadre di ingegneri e operai disposti ad aiutarci gratis in questa opera, non capisco perciò la chiusura della Regione Lazio».
Gli facciamo notare che, secondo l’assessore alla Sanità della Pisana, l’idea di voler riaprire sarebbe “strampalata e irrealizzabile” e Martelli ribatte: «E’ importante pensare al futuro: emergenze di questo genere si potranno verificare un domani e ricreare un polo d’eccellenza per la cura delle malattie polmonari sarebbe una scelta saggia in modo da poter concentrare gli sforzi delle equipe mediche e di ricerca per combattere con più armi le future sfide». Obiettiamo che le condizioni generali dell’ex sanatorio, inaugurato nel 1934 e chiuso nel 2015, sono piuttosto critiche ma lui ribatte che «il parere finale non spetta a me ma a un comitato tecnico di architetti e ingegneri di inconfutabile professionalità che verifichi la fattibilità tecnica, per capire se la struttura regge, le tempistiche per il ripristino e i costi, valutando se ci siano tutte le coperture, ad esempio verificando la disponibilità di fondi europei».
Purtroppo dalla Regione Lazio arrivano voci secondo cui l’ospedale sarebbe stato abbandonato dal 1990. «Quando si afferma una cosa tanto infondata, vorremmo capire come sia stato possibile che il solo reparto di chirurgia toracica dal 1990 al 2013 abbia effettuato più di 25mila interventi. Voglio aggiungere a chi sostiene che il Forlanini non è a norma perché è un residuato del secolo scorso: bene, allora chiudiamo subito anche lo Spallanzani (1936), il San Camillo (1927), il Fate Bene Fratelli isola Tiberina (1656), il Santo Spirito (secolo XIII). E ancora il Palazzaccio (1889), la Farnesina (1937), la Fao (1938). E mi fermo qui. La verità è che il Forlanini è stato lasciato morire lentamente dalle ultime tre amministrazioni regionali di destra e sinistra come ho sempre ripetuto».
La Regione però non crede che la struttura sia un asset strategico per la sanità. Si è preferito puntare sui vicini Spallanzani – divenuto istituto di ricerca nel 1996 – e San Camillo, ospedale polispecialistico con grave penuria di letti. Dai 1.460 del 2004 si è passati ai 900 del 2018. Sempre negli stessi anni, le prestazioni sono state tagliate del 40% arrivando ai 40mila ricoveri rispetto ai 72mila del 2004. Il tutto, accompagnato da milionarie ristrutturazioni di padiglioni, pessimo esempio di grandi investimenti e poca produttività. «L’importante chiosa Martelli – sarebbe spiegare ai cittadini cosa si intende fare del bene pubblico Forlanini. Senza considerare lo stato di abbandono negli anni, di cui qualcuno prima o poi dovrà rispondere. Siamo passati dalle varie cittadelle (delle start-up, dell’amministrazione, della regione) ai ritrovi rave, a mercatini e festini vari, che suona anche oltraggioso in un luogo che ha visto tanta sofferenza, fino ad arrivare alla destinazione a organizzazioni internazionali affiliate all’Onu. Un sogno faraonico che sembra soltanto una vetrina per coprire la mancanza di idee». Michel Emi Maritato