PaeseRoma vi propone oggi l’intervista esclusiva a Lorenzo Patruno, l’autore della toccante opera prima “Roma-Malaga, andata e ritorno”. Nel suo romanzo d’esordio Lorenzo affronta la delicata tematica della malattia: «Ho deciso di raccontare questa storia – ha dichiarato l’autore – con il fine di far capire al mondo che cosa significhi amare una persona e desiderarla anche nella sofferenza».
Lorenzo come nasce l’idea di scrivere questo romanzo?
«Devo ammettere che l’idea iniziale era di voler scrivere un diario che servisse a mantenere vivo il ricordo di un dramma che mi aveva segnato molto. Mi riferisco alla perdita della mia ragazza. Per affrontare il dolore ho iniziato a scrivere e non avrei mai pensato che il diario si trasformasse poi in un libro. Sono convinto che sia importante vivere la propria vita al massimo nonostante gli ostacoli e le difficoltà che si possono incontrare. E se a volte pensiamo che l’amore non esiste spero che questo libro possa farvi cambiare idea».
Tu ti occupi di marketing e management. Come ti sei avvicinato alla scrittura?
«Fin da bambino mi dilettavo a scrivere canzoni tanto che avevo messo su un gruppo musicale. Penso che quello sia stato il mio primo approccio con la scrittura. Era un modo per scaricare la rabbia quando capitava di litigare con un amico o di essere lasciato dalla ragazza di turno. Insomma, la scrittura mi ha aiutato a esprimere quello che avevo dentro».
“Roma-Malaga andata e ritorno” è un libro sull’amore, sul senso alla vita, sulla famiglia. Può l’amore resistere, insistere e riuscire in un’impresa tanto difficile quanto vivere accanto ad una persona malata?
«L’amore ti dà la forza per andare avanti, ti fa sognare, ti fa sperare che l’incubo passi più in fretta possibile. Se si ama veramente non si ha paura di affrontare nessun ostacolo, malattia compresa».
Quanto è importante secondo te, per chi vive sulla propria pelle grandi difficoltà che a volte non lasciano scampo, attingere da storie di forza e di coraggio, attraverso un romanzo, una canzone, un film, che incitino a non arrendersi mai?
«Le storie vere di forza e coraggio ti insegnano a non sentirti solo. Leggendo capisci che quello che vivi non lo stai vivendo solo tu perché altri lo hanno vissuto prima di te. Anche se è difficile che possano offrirti una soluzione sono storie che ti confortano perché ti incoraggiano ad affrontare il problema in maniera differente».
Come presenteresti Francesco e Valentina a un lettore che non li conoscesse ancora?
«Francesco è il classico latin lover, molto superficiale inizialmente, o almeno così è come vuole apparire. In realtà dietro quella maschera da duro si cela un cuore enorme pronto ad affrontare qualsiasi sfida. Valentina invece è di una dolcezza e bellezza unica. Nonostante si mostri fredda in alcune circostanze, anche lei come Francesco, nasconde in sé delle fragilità che diventano all’occorrenza un punto di forza. E’ una vera guerriera».
Che rapporto hai con il dolore e la malattia?
«Sono un tipo ipocondriaco quindi puoi solo immaginare come ho affrontato questa malattia. Il dolore mi ha fatto crescere, mi ha fortificato, mi ha segnato ma al contempo mi ha anche insegnato a vedere le cose da un punto di vista differente. Bisogna vivere la vita senza mai perdere un istante perché non sai mai cosa si nasconde dietro l’angolo».
Visto il grande successo della prima edizione il romanzo è già alla seconda ristampa. Ti aspettavi un riscontro cosi positivo?
«No Patrizia onestamente non me lo aspettavo, devo confessare però che ci ho sperato perché ho lavorato molto per ottenere questo risultato».
Perché secondo te il lettore ha un bisogno di confrontarsi e scontrarsi con queste realtà?
«Le persone hanno bisogno di conoscere queste realtà perché non sono sempre gli altri ad avere problemi. Francesco e Valentina sono due ragazzi comuni e molte persone mi hanno scritto di essersi identificate in loro».
La fede può essere un valido aiuto?
«Può essere un aiuto per chi crede. E’ pur sempre un’ancora di salvezza che ti permette di rimanere a galla quando sembra che attorno a te il resto affondi».
Hai deciso di devolvere i diritti d’autore sulle vendite all’Associazione Peter Pan Onlus di Roma. Come ti sei avvicinato alla realtà dei bambini oncologici del Bambin Gesù?
«Sono venuto a conoscenza di questo progetto grazie ad Annalisa Minetti, mia zia. Lei mi ha presentato l’associazione e io sono andato a visitare la casa di Peter Pan. Posso dire che quello che fanno lì è qualcosa di speciale e che quei bambini e le loro famiglie meritano il nostro sostegno ed aiuto. Proprio in considerazione del tema che viene affrontato nel romanzo, ho deciso di donare i diritti d’autore a questa associazione che si occupa dell’accoglienza e dell’aiuto dei bambini malati oncologici e delle loro famiglie. Ho conosciuto un giorno il Presidente Onorario, la Dott.ssa Fasanelli, e tra di noi è nata subito una bellissima amicizia. So benissimo cosa vuol dire restare accanto ad una persona malata e se posso essere d’aiuto a qualcuno con questa mia iniziativa non potrò che esserne felice».
In un momento così difficile per il mondo intero qual è il messaggio che vuoi lanciare ai nostri lettori?
«Non bisogna mollare. E’ difficile ma uniti possiamo sconfiggere questo virus. Siamo chiamati tutti a fare dei sacrifici e come popolo stiamo dando esempio di grande responsabilità, siamo gente meravigliosa. Chi può deve condividere con l’altro perché ogni aiuto può essere prezioso. Sono sicuro che ce la faremo ad uscire da questo tunnel che sembra interminabile».
Quando avrai la possibilità di ritornare alla normalità quali saranno i progetti sui quali lavorerai?
«Ho diversi progetti in cantiere. In primis ho scritto insieme a Fabio Massenzi e Giorgia Terranova la sceneggiatura del film. Ci siamo dedicati anche alla sceneggiatura teatrale e a tal proposito abbiamo contattato diversi artisti. Finora la risposta è stata positiva. Abbiamo rallentato il tutto a causa di questa emergenza. Incrocio le dita per il futuro».
Patrizia Faiello