Intervista a Gilberto Di Benedetto, 59 anni, psicologo e psicoterapeuta.
Cosa produce nelle persone l’attuale situazione di distanziamento sociale dovuta alla presenza del coronavirus?
«Nel momento in cui togliamo alla persona la possibilità del contatto fisico con gli altri creiamo una forma di castrazione sociale. Fin dalla nascita abbiamo un cervello composto da due emisferi uno destro e uno sinistro, che riceve delle informazioni attraverso i cinque sensi. Una volta chiusi in casa, tendiamo a stare di fronte a un televisore o a un computer, l’unico senso che viene realmente stimolato è la vista attraverso cui riceviamo un tale messaggio continuo di morte che, una volta finita la pandemia, molte persone avranno sviluppato una fobia da coronavirus. Inoltre la condizione di difficoltà finanziaria contribuisce ad uno stato di ansia, frustrazione e inadeguatezza che a livello psiconeuroendocrino potrebbe predisporre a malattie non solo psicosomatiche ma anche organiche quali ictus e tumori.»
Se il coronavirus persistesse trasformando l’attuale situazione di pandemia in endemia, ovvero in una presenza costante del rischio di contagio nel territorio cosa avverrebbe?
«Sarebbero compromessi per sempre i rapporti sociali, se volessimo dare retta alla logica complottista sarebbe il colpo di stato perfetto, ma io sinceramente non lo penso. Le persone maturerebbero delle resistenze interne inconsce agli slanci emotivi, ad esempio la stretta di mano non sarebbe mai più genuina e la stessa mascherina diventerebbe un tappo in bocca che ridurrebbe le possibilità di comunicazione. In tale ipotesi l’impossibilità di comunicare in una maniera franca con amici e anche la difficoltà di fare nuove conoscenze reali e non virtuali comporterebbe una compressione della psiche umana, con un potenziale aumento di nevrosi e psicosi.»
Paolo Miki D’Agostini
Aderisco alla campagna #dubitoergosum a difesa della libertà di stampa e d’opinione contro la censura